Sono da sempre una casalinga e non ho mai avuto ambizioni. Indosso il grembiule, le pantofole, metto la cuffietta e inizio a pulire; spesso stiro, a volte ordino la casa, ma soprattutto cucino.
Questa è la mia vita, o per meglio dire è la vita che hanno scelto per me.
Tanti anni fa, quando ero sempre giovane, conobbi un uomo di bell'aspetto che ostentava una modesta ricchezza. Mi portava spesso a cena fuori e mi dedicava tante attenzioni, donandole in modo talmente ossessivo che ne divenni quasi succube. Ogni mattina mi svegliavo pensando a lui, ogni notte prima di addormentarmi immaginavo il suo sorriso, ogni giorno lo portavo con me; ma non ero sicura che lui facesse lo stesso. La nostra vita ruotava attorno ai ristoranti e alla spiaggia, mentre le famiglie preparavano i corredi per l'imminente matrimonio da sogno che desideravo da quando ero bambina.
Il vestito, i regali, la cerimonia... Fu bellissimo condividere tutto assieme a lui, ma non riuscii a cogliere i segnali che involontariamente mi stava inviando:
«Meglio se non lavori, ci penso io», mi disse. E accettai subito, convinta che non poter lavorare fosse un vantaggio.
«Hai tempo per occuparti dei figli e della casa, quindi devi far brillare il pavimento ed educare i bambini», niente di troppo complicato. Ero brava a pulire e sapevo cosa fare con i più piccoli, avendo lavorato come babysitter per anni.
«Devi farmi trovare il cibo in tavola quando torno da lavoro, è l'unica cosa che ti chiedo e che devi fare». Non era l'unica, ma essendo libera da ogni impegno lavorativo potevo farlo tranquillamente.
«È meglio che non esci: devi essere concentrata sulla casa e i figli». Come sarebbe a dire? Non posso uscire? Inizialmente pensai che mentre lui lavorava io me ne stavo a casa, ma nonostante adempissi ai miei doveri lui poteva svagarsi e io no.
«È necessario che tu smetta di studiare, ti porta via troppo tempo e non ne hai bisogno. Io dovrò partire per sei mesi, devi essere sempre a casa, vigile e libera da impegni». E smisi pure di studiare. Non che facessi un'università, ma stavo recuperando gli anni di liceo persi tramite i corsi serali.Arrivai a non avere niente; né un diploma, né un curriculum, tanto meno esperienza in qualcosa. In tutti gli anni che avevo passato a casa assieme ai figli non avevo evoluto me stessa, rimanendo una casalinga perfetta.
«È ora di fare un terzo figlio». Non era una proposta ma un ordine, e dipendendo completamente da lui e dai suoi soldi, dovetti accettare. Inutile affermare che se glielo avessi negato avrebbe distrutto la nostra famiglia: può una madre permettere ai propri figli di soffrire?
Improvvisamente arrivò Clarissa, dopo Marco e Gilberto. Finalmente una femmina. Ma gli occhi di mio marito andarono a guardarla come fissava me e prima che potesse rendersi conto di essere nata, lui decise il suo futuro: «Qualcuno dovrà mantenerla, meglio che si trovi un ragazzo ricco e di buona famiglia, così potrà pensare alla casa e ai figli».
E se invece Clarissa avesse voluto studiare? O viaggiare per il mondo? Chi glielo avrebbe impedito? Sicuramente lui, quell'uomo che stava considerando ogni presenza femminile della nostra famiglia come un soprammobile della cucina. I suoi genitori gli avevano impartito questa educazione e lui era cresciuto con la medesima mentalità.
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Donne: quello che hanno dentro...
Short StoryCosa affrontano le donne oggi? La società è cambiata a tal punto da lasciare loro spazio per realizzarsi? O tutto è come sempre stato dagli albori dei tempi? Hanno sopportato i soprusi degli uomini per millenni, e in questi ultimi decenni sono riusc...