Capitolo 25 - Sguardo d'intesa, sguardo d'offesa

8 2 0
                                    

Scusate il ritardo. Il banner non voleva caricarsi. 

«Immagina che ci siano delle piattaforme su cui saltare!» gridò Karen sopra di me per farsi sentire. 

«Ma come faccio a darmi la spinta?» ribattei, guardandomi intorno. 

«L'incanto per levitare non serve solo a tenerti sospeso in aria. Si può usare anche per ingaggiare combattimenti aerei e devi saperti muovere» spiegò. 

Sembrava una frase da Ra. La differenza principale era che almeno lei sorrideva un po' nel dirlo. 

«Prova a saltare!» mi incoraggiò nuovamente.

Arricciai il naso, poco convinto. Piegai comunque le gambe e spiccai un balzo, ma mi spostai solo di qualche centimetro più in su. Non capivo dove sbagliavo e ci stavo provando da almeno un quarto d'ora. L'incanto sarebbe durato ancora quindici minuti e non avevamo ancora fatto niente. Karen scese alla mia altezza.

«Se non credi in quello che fai, puoi star certo che non andrai da nessuna parte» commentò, incrociando le braccia davanti al petto. 

«Lo so» borbottai, senza guardarla negli occhi. 

Ultimamente avevo scoperto di avere poca fiducia in quello che facevo. Dov'era finita la mia sicurezza? La mia determinazione? Quando avevo iniziato ad arrendermi così facilmente? Strinsi una mano a pugno. Detestavo sentirmi così impotente e non potevo permettermelo. Quella che per me era una promessa di parole, per i popoli delle nostre Terre era il simbolo della speranza. La Terra di Ra aveva riacquistato la sua luce appena avevo fatto tornare il dio e credevano tutti in me. Ma se io non credevo in me stesso, non sarei stato di aiuto a nessuno. 

«Ehi, faraone.» Alzai lo sguardo verso Karen, che fece un mezzo sorriso. «Posso assicurarti che ci sono cose molto più difficili di questo, ma ormai dovresti aver capito: se sei mai stato solo, ora non lo sei più.» 

Le sue ultime parole erano le stesse che una volta aveva pronunciato Ra. Quasi a darmi una prova di quello che aveva detto, Karen intonò una nota dolce e il fumo intorno a noi si trasformò. Osservai degli ammassi cinerei trasformarsi in quadrati sottili intorno a noi. La custode si preoccupò di mettermene uno anche sotto i piedi. 

«E poi ognuno di noi ha il suo modo di imparare. Non sei d'accordo?» concluse. 

Le sue parole mi colpirono. Aveva ragione e la ringraziai. 

«Bene, adesso prova a raggiungermi.» 

Furono le sue ultime parole prima di spiccare un grande balzo verso l'alto. Si muoveva così bene che sembrava nata nell'aria e non sulla terra. Un quadrato di fumo coprì la sua figura e tanti altri si sparpagliarono a diversi livelli. Dovevo solo saltare. Presi un bel respiro e scelsi il quadrato da raggiungere. Era abbastanza in alto. Perfetto. Piegai le gambe e mi sforzai di immaginare che il fumo sotto di me fosse un trampolino.

Per proteggere Katàn dovevo imparare. Saltai, muovendomi solo di qualche passo. Per imparare dovevo credere. Fissai il quadrato sopra di me e piegai le gambe per saltare di nuovo. Per credere dovevo avere fiducia. Spiccai un lungo balzo e atterrai sul quadrato prescelto. Sorrisi e individuai quello successivo. 

Saltai, saltai e saltai ancora. Appena arrivai in cima, però, Karen era scomparsa. Mi guardai intorno circospetto. Karen era una ragazza piuttosto imprevedibile. Non avevo idea di cosa le passasse per la testa. All'improvviso il fumo intorno a me prese a muoversi e assunse le sembianze di diversi animali. Ero circondato e pronto. Le prime a muoversi furono due aquile. Si fiondarono nella mia direzione con un grido muto. Le osservai attentamente e aspettai che si avvicinassero. Quando furono a pochi passi da me, saltai. Le due predatrici si scontrarono e sfumarono sotto di me. Sorrisi. 

Il Segreto del FaraoneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora