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«Ehi, Arietta. Dobbiamo uscire: sono le otto», le sussurro a un orecchio.
Dormiva così bene che al momento di alzarmi dalla sedia per andare a ripristinare il contatore, me la sono tenuta sulla spalla. Alla fine ha ronfato per un’ora di fila, tempo in cui anche io sono riuscita a rilassarmi. Incredibile...
Dopo un tale risultato, vorrà dire che aspetterò con ansia il prossimo disastro naturale per godere di tutti i vantaggi!
«Ma bentornata». Sembra di nuovo al mondo. Quando cerco di liberarla dalla coperta che l’avvolge, mi lava la faccia di leccatine. «Sei fortunata che non mi maschero di trucco come la zia Emy», ridacchio. O in un attimo si ritroverebbe con la lingua felpata al gusto illuminante, ma con un grado di copertura eccellente!
Le infilo il cappottino in tweed rosa, sempre regalo di mia sorella, indosso il piumino e usciamo di casa per saltare nel furgone parcheggiato davanti all’ingresso.
È un piccolo e vecchio van rosso ciliegia comprato un paio di anni fa per lavorare in modo più ordinato, si può dire. Prima, tra le cassette di materiale per i corsi, le sculture accatastate e le lenzuola, tutto incasinato nella minuscola utilitaria che un tempo era stata di mia nonna, mi fermavano a ogni posto di blocco. Probabilmente sembravo una trafficante di armi, non lo so. Fatto sta che ero arrivata a non saltarne uno, tanto che a forza di dai e dai i vigili mi salutavano da lontano con la paletta, quando si accorgevano che ero ancora io, la sfigata.
Allacciamo le cinture – sì perché anche Aria ne ha una che le tiene il didietro incollato alla seduta accanto alla mia – giro la chiave, porto il furgone fuori dal cortile e, con la radio già accesa, percorriamo il lungo viale illuminato che ci condurrà sulla strada principale, infine in pizzeria. Non è esattamente quella che si potrebbe definire una strada asfaltata, ma per questa sera non mi lamenterò. Voglio provarci. E poi non vedo l’ora di portare a casa la mia audace, anche se so che un certo cane potrebbe darmi un gran da fare.
Ogni volta che compro la pizza, mi siedo a tavola o sul divano per mangiarla in santa pace, lei si mette seduta buona-buona diciamo... per un minuto netto? Poi la sua vera natura tentatrice ha la meglio sull’autocontrollo e, senza rendersene conto, le fa emettere strani guaiti che somigliano a miagolii, finché non prende anche a sbavare. Povera tatina... Ma il vero problema è incrociare per sbaglio il suo sguardo mentre col pensiero sta già attentando alla tua pizza... È davvero uno strazio!
Alla fine mi faccio prendere dai sensi di colpa e un pezzetto di cornicione strofinato col salame glielo allungo sempre. Così non se lo sogna di notte.
«Ma tu guarda che vento carogna!», dico a me stessa cercando di agganciare una stazione radio senza sentirmi in friggitoria. E poi non ho mica capito perché certi lampioni sembrano in preda a continui shock. Voglio dire, non è mica scesa dal cielo una grandinata o una cascata di fulmini. Non ancora, almeno.
«Tranquilla, Aria: ancora un paio di minuti e ci siamo», affermo con un sorriso rassicurante. Solo un paio di curve e questo furgone profumerà di paradiso.

PATRICK-DESTINAZIONE PARADISOWhere stories live. Discover now