Capitolo 2

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Harry non amava molto i viaggi in aereo, ma aveva dovuto adattarsi. Da quando era un pilota professionista aveva cominciato a viaggiare molto di più, e quindi si era anche abituato all'ansia del decollo e dell'atterraggio.

Quel giorno, però, dopo aver ottenuto il terzo posto al Gran Premio del Bahrein, nulla avrebbe potuto renderlo nervoso e irascibile, neanche un lungo viaggio.

Era devastato dai festeggiamenti della sera prima perché Pierre e Liam avevano preteso di andare a bere qualcosa fuori in suo onore. Non era certo che sarebbe stata una buona idea, avendo una serie di appuntamenti e interviste da rilasciare nei giorni seguenti e, soprattutto, un lungo viaggio da affrontare, ma per una volta se n'era fregato delle conseguenze e si era goduto il momento.

Pensò che Louis Tomlinson non l'avrebbe mai fatto. Non si sarebbe mai concesso una notte brava in periodo di allenamento. O forse sì, ma lui non lo conosceva abbastanza per dirlo. Per quanto algido si mostrasse agli altri, Harry aveva sentito dire che sapeva anche come divertirsi, ma questo probabilmente non l'avrebbe mai scoperto per via del fatto che Louis lo odiasse in un modo per lui inspiegabile. E, a dirla tutta, quell'odio era abbastanza reciproco.

E comunque doveva smetterla di continuare a pensare a lui in quel modo. Certo, i suoi non erano pensieri belli e piacevoli, ma il solo fatto che Louis gli venisse in mente di continuo era assolutamente inaccettabile! Quel ragazzo gli aveva fottuto il cervello. Era stato forse il modo subdolo con cui si era insinuato nei suoi pensieri a renderlo così instabile, o il fatto – che non avrebbe ammesso mai, che fosse chiaro – di ammirarlo così tanto come pilota da temere il suo giudizio.

Chiuse gli occhi cercando di dimenticare la sensazione di vuoto alla bocca dello stomaco dovuta al volo e sperò di addormentarsi. Non fece neanche in tempo a partorire quel pensiero che sentì qualcuno schiarirsi la voce.

"Ti disturbo?"

Alzò il volto e si ritrovò faccia a faccia con due occhi dal nero intenso e un sorriso mozzafiato. Alessandro Mancini, ex pilota Red Bull che ora gareggiava in Mercedes.

"No, affatto.", gli disse sorridendogli a sua volta.

Alessandro era una delle poche persone che gli avevano sempre ispirato simpatia in quel mondo, pur non conoscendolo affatto. Gli sembrava così autentico e sincero che non aveva mai avuto modo di credere che si fosse montato la testa. In realtà, pur essendo un bravo pilota, non aveva mai raggiunto le vette a cui lui stesso aspirava, e non aveva mai battuto nessun record. Non aveva alzato l'asticella, per così dire, pur avendo sempre dedicato tanto impegno al lavoro.

"Ti dispiacerebbe se mi sedessi accanto a te? Ho visto che il posto è libero e il mio vicino di volo sta russando in modo indecente."

"Siediti pure.", gli concesse Harry.

Alessandro non se lo fece ripetere due volte, accomodandosi con cautela accanto a lui. "Spero non sia un problema per te. Non voglio disturbare."

"Nessun disturbo, tranquillo.", lo rassicurò Harry. "Mi fa piacere un po' di compagnia. Volare mi agita."

Alessandro rise sommessamente. "Davvero?"

"Ehi! Non c'è nulla di divertente!", lo redarguì Harry fingendosi risentito. "Non è carino prendersi gioco delle debolezze altrui."

Alessandro sfoderò il suo sorriso più smagliante. "Scusa, è che... praticamente viaggiamo di continuo."

"Non mi sono mai abituato veramente.", sospirò Harry con tono fin troppo drammatico. "Non mi piace non avere i piedi ben piantati a terra."

"Eppure non si direbbe, dato che con l'auto quasi non tocchi l'asfalto per quanto sei veloce."

Harry abbassò il volto imbarazzato. "Beh, se era un complimento ti ringrazio."

Il punto di cordaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora