Chapter thirtytwo: red (part one)

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"Siamo alla resa dei conti..." Jimin estrasse la sua pistola M12, guardando i suoi compagni. Jungkook lo guardava in ammirazione, era così fiero del suo ragazzo, quella mattina.
"Ascoltate, qualsiasi cosa succeda, vi ho voluto davvero bene." Mormorò Taehyung, che se prima di arrivare a Busan odiava il doversi allenare e conoscere persone nuove, ora sapeva che gli sarebbero mancati tutti.
"Beh, cosa dovrei dire? Spero di rivedervi, alla fine della missione. Vinceremo noi, non siamo soli, presto arriveranno altre unità. Ma non abbiamo tempo da perdere in chiacchiere, okay?" Yoongi era estremamente serio, e fece per buttarsi sul campo di battaglia.
"Aspetta." Hoseok lo tirò per la divisa. "Dammi almeno un bacio..."
Fatto questo, i due si divisero, Hoseok dal lato Est e Yoongi dal lato ovest.
"Ragazzi, io vado a coprire la zona Nord. Ci rivediamo, okay?" Seokjin salutò tutti con un bacio a Taehyung e con un dolce sorriso da vera eomma. Fucile alla mano, si avviò per la sua strada e sparì poco dopo.
"Taehyung, con me." Namjoon prese con sè il detective. "Jimin, Jungkook, state attenti. Possa la vittoria sorridere a tutti noi." Il detective e l'hacker, assieme alle rispettive munizioni, si diressero dall'ultimo lato rimasto scoperto.

"Noi che facciamo?" Domandò piano Jungkook, che non aveva smesso un solo secondo di tremare per la paura.
"Ascolta, Kookie, tu sei il nostro pezzo da novanta. Tu devi vivere, hai capito? Quindi, io ti proteggerò."
"Ma hyung..." il castano si avvicinò a lui, sfiorandogli una guancia con fare protettivo.
"Non aver paura." Jimin gli lasciò un bacio sulle labbra. "Andrà tutto bene. Il piano lo conosci, vero?"
L'altro annuì, agitato.
Entrambi indossarono le loro mascherine e gli elmetti protettivi-almeno, così aveva detto loro chi aveva fornito le attrezzature-e si preparano psicologicamente alla missione.

Passarono dal lato coperto del tetto, evitando accuratamente i punti visibili, utilizzando comignoli e zone con antenne installate per proteggersi.
Se fossero riusciti ad arrivare dove tenevano gli ostaggi, avrebbero potuto portare via tutti coloro che forse erano stati dichiarati morti. Quelli che... beh, erano riusciti a sopravvivere in quegli anni. Jimin, come tutti loro, aveva un dispositivo per segnalare al resto delle truppe che erano in viaggio verso Busan la posizione degli ostaggi, dovevano solo arrivarci.
Jungkook stringeva a sè il suo fucile, abbastanza spaventato. Sotto i vestiti, aveva una piastra protettiva che prendeva parte del petto, anche se non conoscevano con precisione millimetrica la potenza delle armi dell'avversario, non avevano avuto altro tempo da perdere per migliorare le analisi. Namjoon aveva fatto tutto il possibile, ma ovviamente anche gli hacker avevano un certo limite di scannerizzazione e analisi dei dati, non si trattava certo di un film fantascientifico.
Davanti a lui, Jimin sembrava determinato ad avanzare, aveva visto come si era impegnato in allenamento... si era riempito di lividi, aveva le mani rosse quando tornava a casa da quanto si impegnava, eppure era sempre stato d'ispirazione per lui. Negli occhi, vedeva la luce di chi non vuole arrendersi facilmente. Sapeva che Jimin sospettava del coinvolgimento della mafia nell'incidente che aveva ucciso suo padre e fatto rischiare la vita al resto della famiglia, ma non combatteva per vendetta. Non combatteva per gloria, nè per essere un eroe, Jimin lottava per aiutare tutti coloro che erano stati distrutti o feriti dall'organizzazione criminale, stata facendo tutto ciò perchè voleva scegliere una vita onesta e libera dalle catene che intrappolavano gli umani senza scelta, come era stato Jungkook.

Jimin voleva un mondo libero, un mondo dove era permesso scegliere, voleva essere qualcuno che nel suo piccolo poteva aiutare gli altri.
I lividi, le ferite e le lacrime lo dimostravano, i giorni in cui si arrendeva e urlava al cielo il suo dolore erano passati, e ormai quel ragazzo era un uomo, pronto a lottare con le unghie ed i denti per riprendere ciò che a tanti era stato tolto.
Quel giovane era stato colui che oltre ad avergli insegnato a leggere, scrivere e far di conto, gli aveva trasmesso tanti valori, meglio di qualunque genitore o insegnante. Gli aveva mostrato la libertà, anche solo portandolo in una stazione di polizia o facendogli vedere un tramonto sul mare.
"Sei pronto? Dobbiamo passare per il cuore della zona rossa." Jimin gli prese la mano, facendogli percepire la sicurezza di cui aveva bisogno.
"Vivremo?"
"È ovvio. Devi crederci, Jungkook." Si baciarono ancora una volta, un bacio pieno di sentimenti e anche un po' di paura.
"Ci credo, hyung."
I due saltarono giù dal supporto del comignolo, inserendosi nella parte più scoperta di quel grande tetto.
Era ora di mettere in mostra al mondo quello che aveva imparato, di far vedere che lui non era un mafioso, ma stava dalla parte del bene. Si era svestito del suo mantello nero per mostrarsi alla luce del sole in tutta la sua purezza d'essere umano che aveva avuto finalmente una scelta.
"Vivi." Mormorò Jimin, prima di correre verso la loro meta: il campo di battaglia principale.

Sapeva che gli altri sarebbero stati là a loro volta, pian piano avrebbero attaccato tutti insieme fino al cuore del clan mafioso.
Forse erano meno di loro, ma avevano alti valori da difendere... potevano farcela.
Corse il più veloce possibile, le sue gambe non si stancavano di correre, mentre il suo cuore si focalizzava su pensieri positivi per cancellare la paura.
Jimin che lo salvava, gli sorrideva, i ragazzi della stazione di polizia. I pranzi con gli hyung, con Yug e Bamie, gli allenamenti, le lezioni di scrittura e lettura. I baci e le attenzioni del giovane poliziotto, i suoi abbracci, il loro fidanzamento. La loro prima notte insieme, le risate e le passeggiate. I viaggi in auto, il karaoke, tutto.
E le sue gambe correvano, guidate da un istinto primitivo di protezione, cosciente di poter perdere tutto in poche ore.

Qualche colpo già arrivava dalla distanza, ma era capace di schivarlo grazie agli allenamenti, facendo conficcare i proiettili dietro di sè. Nelle sue orecchie gli spari che provenivano più avanti, mentre con lo sguardo terrorizzato cercava Jimin, cercava gli altri, il suo cuore stava esplodendo, ma le sue gambe non volevano fermarsi.
Sentiva il respiro corto, quello non era un videogioco, quella in palio era la sua vita.
Oltrepassò l'ultimo ostacolo, prima di arrivare al vero e proprio campo di battaglia, completamente illeso. Non aveva ucciso nessuno, solo messo fuori gioco quei pochi che l'avevano bersagliato.
"Posso farcela." Si ripetè, e da dietro un accumulo di grosse pietre, lì per qualche strano motivo osservò la situazione: c'erano una ventina di uomini che lottavano con armi da fuoco e altri, molti di più a corpo libero. Probabilmente, quelle armate erano le persone più importanti dell'organizzazione eccetto il boss.
Taehyung, Jimin, e Hoseok erano già lì, e vide Yoongi nascosto dal lato opposto rispetto al suo, ma decise di non fare o dire nulla per la sicurezza di entrambi. Il maggiore Min stava rifornendo la sua pistola di munizioni, ed ebbe paura che qualcuno potesse attaccarli da dietro, chiedendosi nel frattempo dove fossero Namjoon e Seokjin.

Probabilmente, Jin si era trovato più vicino di tutti al luogo dove erano stati chiusi i prigionieri e assieme a Namjoon li stava portando in sicurezza lontano da lì.
Doveva pensare assolutamente positivo.
"Devo andare ad aiutare gli altri." Si disse, e lo fece nello stesso momento in cui lo fece anche Yoongi-hyung: un'ottima occasione per attaccare da entrambi i lati.
Come un fulmine, passò tutta l'ala est della grande piazzola, posizionandosi al lato destro. Si buttò nella mischia, stando attento a non sparare per errore a nessuno dei suoi colleghi. Schivò due dei lottatori disarmati con un paio di mosse di Taekwondo, sentendosi davvero felice per tutto l'allenamento che stava dando i suoi frutti. Un uomo armato lo attaccò da dietro, ma per fortuna ebbe il riflesso di attaccare a sua volta e metterlo fuori gioco prima colpendo alla gamba, per poi togliergli di mano l'arma, caduta poco lontano.
Ora aveva una doppia arma, ma la lanciò a Taehyung, che aveva perso la sua nella foga di mettere fuori gioco tre uomini in una volta.
Il compagno gli mostrò il pollice all'insù, e Jungkook tornò a dedicarsi al suo compito di combattente.

Spazio autrice
Ciao a tutti!
Ebbene sì, siamo alla resa dei conti ^^

𝐍𝐮𝐦𝐛𝐞𝐫 112-𝐉𝐢𝐤𝐨𝐨𝐤 ✔Onde histórias criam vida. Descubra agora