per chiamarti libertà

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E in virtù di una parola
Ricomincio la mia vita
Sono nato per conoscerti
Per chiamarti
Libertà

Il vagone di un treno, completamente deserto, nessuna persona occupa i sedili attorno a lui. Sangio cammina lungo il corridoio centrale, attratto da una forza sconosciuta ad attraversare il mezzo fino alla sua testa.
Sul percorso i suoi occhi seguono per un momento il paesaggio fuori dai finestrini. Il nulla, una distesa bianca e fumosa, sembra circondare i dintorni dei binari.
Torna con lo sguardo sul corridoio e s'imbatte in una figura familiare. Rudy lo nota e lo saluta con un sorriso smagliante.
“Ciao, Sangio!”, gli dice, facendogli strada verso il pannello di controllo che ha sede nell'ultimo segmento del treno, “Preparati a salire.”, lo avverte, un attimo prima che la pendenza del terreno sotto di loro si faccia infinitamente maggiore, costringendo il mezzo ad inclinarsi fino a risultare verticale.
Sangio si tiene ai sedili adiacenti, temendo di ribaltare, soprattutto quando il treno assume una velocità fuori dal normale, scalando quella sorta di colle che stanno sormontando ad un ritmo incalzante. L'attrito contro le rotaie scatena un suono stridulo, che chiunque troverebbe fastidioso, mentre Rudy continua a guardarlo con un'espressione calma, fin troppo gioiosa per trovarsi in una locomotiva che pare dirigersi sulle nuvole.
“Ci siamo.”, gli dice con tono deciso, e il treno si ferma di colpo, raggiungendo la sommità della collina e tornando orizzontale. Le porte si aprono tutte all'improvviso, lasciando entrare quella condensa chiara che fino a poco prima lambiva i finestrini, e Rudy gli indica l'esterno, suggerendo a Sangio di sporgersi. Cosa che lui fa, ritrovandosi ai piedi di una rupe.
“Tranquillo.”, gli fa sapere Rudy, “Sembra irraggiungibile, ma ormai sei abbastanza allenato per scalarla.”, lo rassicura, lasciando che Sangio metta piede a terra prima di svanire nel nulla insieme al treno.
La stessa forza senza nome di poco prima lo convince a spingersi lungo il versante della collina per raggiungere la cima del dirupo, e durante quella breve impresa viene affiancato da un altro volto a lui noto. Nueve lo avvicina silenziosamente, stando al passo finché insieme non raggiungono il punto più estremo dello sperone di roccia, lasciando che lo sguardo cada oltre il suo limite.
Laggiù, chissà quanti metri più in basso rispetto a dove si trovano loro due, si agita un oceano costituito da migliaia di persone con le braccia sollevate verso l'alto. Danno origine ad un vociare corale che ricorda vagamente una melodia, e Sangio cerca con gli occhi Nueve, interrogandolo silenziosamente sul da farsi.
“Buttati, bello.”, gli dice lui, semplicemente, indicando col capo la folla là sotto, “Non ti devi preoccupare, ti prendono.”, aggiunge, persuadendo Sangio a sporgersi un altro po' oltre il dirupo. Abbastanza perché il suo equilibrio vada perso, e il suo corpo cada per tutti quei metri verso il basso e l'ignoto, facendolo gridare mentre teme il peggio.
L'atterraggio invece si rivela tutt'altro che spiacevole. La gente che poteva scorgere dalla cima è scomparsa, lasciando il posto ad un meraviglioso letto di fiori, una distesa di campi che pare infinita, sovrastata da un cielo terso che Sangio osserva, sdraiato di schiena sulla porzione di prato in cui è piombato.
Il suo campo visivo viene ben presto occupato da una testolina a lui tanto cara, che sbuca al suo fianco, regalandogli un sorriso tutto gengive e spronandolo a mettersi seduto per prendere la sua nipotina tra le braccia. La osserva per un momento borbottare qualcosa in quel suo linguaggio ancora incomprensibile, finché alle loro spalle non spunta sua sorella. Pare vagamente trafelata, e un'espressione sollevata prende il sopravvento sul suo viso quando incontra gli occhi della bambina.
“Eccola.”, sospira, raggiungendoli per portarsela al petto, prima di passare una mano tra i capelli di Sangio, “Grazie, Gio.”, gli dice, dissolvendosi nell'aria insieme alla piccola.
Rimasto di nuovo solo, Sangio torna a poggiare la schiena sul prato, distendendo gambe e braccia e godendosi quella tranquillità, gli insetti che gli ronzano attorno e i ciuffi d'erba che gli solleticano il collo. Ad un tratto, una risata lontana. O meglio, è apparentemente distante, ma Sangio la percepisce così vicina, nitida come se venisse da accanto a sé. Si solleva di nuovo, poggiandosi sui gomiti, e proprio in quel momento un'ape decide di deviare la sua traiettoria e passare sotto al suo naso, stuzzicandolo appena e costringendolo ad arricciarlo.
Sangio apre lentamente le palpebre, infastidito da qualcosa che gli solletica le narici.
Si tratta di un dito, e non di uno qualunque, bensì dell'indice di Giulia, a cui sta dando le spalle e il cui corpo aderisce completamente alla sua schiena.
“Giu.”, trova la forza di lamentarsi, “Perché devi svegliarmi così?”, si domanda, prendendo la mano di lei nella sua per allontanarla dal suo viso.
“Ho provato con tutti i metodi carini ma non funzionavano.”, gli risponde lei con estrema schiettezza, ritraendo la sua mano per posarla sul fianco di lui.
“Quindi hai deciso di mettermi un dito nel naso?”, le chiede, trattenendo la prima risata di oggi unicamente perché non è ancora troppo lucido.
“Seh.”, gli mormora lei contro una spalla.
Ha un tono ben più vivace del suo, come se a differenza sua non si fosse appena svegliata, e questa cosa a Sangio non torna.
“Che ore sono?”, si informa, affondando meglio la testa nel cuscino e sovrapponendo il suo braccio a quello che Giulia tiene attorno alla sua vita per stringerla a sé.
“Quando ho controllato un attimo fa erano le 6.”, mormora nei pressi del suo orecchio, facendogli immediatamente strabuzzare gli occhi, “Se mi lasci controllo di nuovo, però.”
Le 6?”, borbotta frastornato, lasciando trapelare una punta di afflizione per quel risveglio così anticipato rispetto al normale.
Era convinto, fino ad un attimo fa, che le uniche ragioni per cui sarebbe mai uscito dal letto così presto sarebbero state sempre legate alla sfera lavorativa, di sicuro non si aspettava che Giulia fosse tanto premurosa da svegliarlo prima dell'alba nell'unica settimana di vera vacanza che gli è concessa quest'estate.
L'alba. Ecco cosa si sta scordando.
Se ne rende conto nello stesso momento in cui Giulia ci tiene a ricordargli dei loro piani di questa mattina.
“Eh, certo.”, gli mormora tra i capelli con una certa ovvietà, “A che ora pensavi di vederla, l'alba?”, ride appena, convincendolo a districarsi dalle sue braccia per voltarsi e ritrovare gli occhi di lei ad un palmo dal viso.
Osservandola per un solo istante ha la certezza che lei non abbia chiuso occhio questa notte.
I suoi capelli, a differenza delle mattine in cui è costretto a sgattaiolare fuori dal letto prima di lei concedendosi un momento per guardarla, sono ordinati, raccolti in una coda bassa, un paio di ciocche le ricadono sul viso. Gli occhi, vispissimi, lo scrutano divertiti, come se l'espressione che lui ha in volto in questo momento potesse scatenare infinita ilarità.
C'è un qualcosa di incredibilmente quotidiano e al contempo straordinario nell'avere a che fare con Giulia a quest'ora del mattino, nella foschia in cui sono calati, vicinissimi al sorgere del sole ma ancora così lontani da quel tipo di luce che rende i lineamenti del suo viso definiti e luminosi come piace a lui.
Eppure non disdegna nemmeno questo, i loro respiri leggeri l'uno di fronte all'altro, il silenzio tipico di quest'ora interrotto unicamente dai piedi di lei che scorrono lungo i suoi stinchi facendo frusciare appena le lenzuola.
“Come mai non hai dormito?”, le chiede sottovoce, portandole una mano attorno a un fianco e tornando a socchiudere gli occhi.
La sente ridere, seppure in modo contenuto, come se non volesse spezzare l'atmosfera placida che li circonda.
“Avevamo detto che non ci saremmo addormentati.”, gli ricorda, “Così non avremmo fatto fatica a svegliarci per quest'ora.”, sospira, spostandosi lievemente verso di lui per giocare con un ciuffo di capelli che gli cade sulla fronte, “Ma tu ad un certo punto sei crollato.”, ride, stavolta faticando a trattenersi, “Ti stavo facendo vedere un video per tenerci svegli, mi sono girata verso di te e dormivi.”
Sangio si sforza di ricordare, ed effettivamente ripensando alla notte precedente ha quest'immagine di lui accoccolato contro una spalla di Giulia, intenta a seguire con la solita attenzione qualche coreografia sullo schermo del suo telefono.
“E come mai non mi hai svegliato?”, borbotta, strisciando un po' di più sotto le coperte per nascondere il viso contro il petto di Giulia.
La fa sorridere, lo sente grazie alle vibrazioni che le attraversano lo sterno, e di rimando non può che fare lo stesso, mentre il suo naso struscia appena lungo il cotone della maglietta di lei.
“Dormivi così bene.”, gli spiega, “Con la bocca aperta e tutto quanto.”, gli regala una risata, “Ti ho lasciato dormire un paio d'ore.”
“Poi hai pensato bene di mettermi un dito nel naso.”, scherza, facendola ridere sul serio questa volta.
“Ti ho detto che prima ho provato tutto il resto.”, ribadisce, portandogli le braccia attorno al collo e stringendolo ancor di più contro il suo petto.
A Sangio non dispiace, anzi, se potesse infilarsi direttamente sotto la sua maglietta lo farebbe, ma sente che la piena capacità di movimento dei suoi arti non è ancora tornata operativa, quindi si limita a sollevare leggermente il capo per lasciarle qualche bacio sbadato sul collo.
“Cos'è tutto il resto?”, mormora, allontanandosi per un secondo dal suo collo prima che le sue labbra cerchino di nuovo la pelle di lei.
Giulia gli affonda una mano nei capelli, incitandolo silenziosamente a continuare con quel percorso un po' alla cieca appena sopra il collo della maglietta.
“Questo.”, borbotta lei in risposta, facendo scorrere le dita tra i ricci scompigliati con cui si è svegliato questa mattina, “E poi qualche bacio sulle spalle.”, continua, prima di scoppiare a ridere quando Sangio la mordicchia per gioco.
“Belli quelli.”, ci tiene a commentare lui, mentre il suo naso continua la sua strada verso l'orecchio di Giulia.
“Belli, si.”, concorda con lui, “Però non ti hanno svegliato.”
Sangio si fa sfuggire un ghigno, prima di lasciare un ultimo bacio appena sotto il lobo, rimettendosi sdraiato di fronte a Giulia con un'espressione furba in viso.
“Puoi sempre riprovarci ora che sono sveglio.”, la butta lì, sbattendo un paio di volte gli occhi con fare innocente.
Giulia scuote la testa, riservandogli uno sguardo divertito, e per un momento Sangio crede che se ne uscirà con qualcosa di totalmente scollegato da certi pensieri che stanno pullulando nella sua mente, invece giusto un attimo dopo la ritrova stesa su di sé, con gli occhi fissi nei suoi e le mani che poggiano sul suo petto.
Tasta il terreno, prendendosi il suo tempo per osservarlo per bene, cosa che Sangio ha scoperto piacerle parecchio, prima di affondare il viso contro la sua clavicola, cospargendolo di una serie di baci che effettivamente ricordano molto quelli che si preoccupa sempre di lasciargli sulla pelle quando si svegliano nello stesso letto.
Sono lenti, ordinati, per certi versi calcolati nel modo in cui le labbra di lei premono sulla sua pelle e si fermano lì per qualche secondo prima di spostarsi appena e dare attenzione ad un'altra area, e Sangio non può che allungare le braccia per avvolgerla attorno ai fianchi e stringerla ancor di più contro di sé, incitando la dedizione con cui Giulia lo tempesta di quelle effusioni.
La lascia fare, chiudendo gli occhi per godersi appieno quel momento, accompagnato dalla solita oscurità e dal suo battito che come spesso capita accelera senza che lui ci possa fare nulla, totalmente in balia delle sue percezioni e di tutto quello che Giulia gli provoca ogni qualvolta se la ritrovi vicina in questo modo.
C'è anche una certa curiosità, nell'ultimo periodo, legata forse a determinate cose che sono successe un po' per caso ma che li hanno immancabilmente portati a finire in questa posizione più spesso di quanto non fosse abitudine, e forse il ritmo incalzante del suo cuore ha a che vedere soprattutto con quello, il fremere al solo pensiero di dove questa cosa li potrebbe spingere.
Giulia, come il più delle volte, risale con i baci fino al suo viso, escludendo volutamente le labbra di lui dal percorso delle sue per dedicarsi invece alle sue guance, costellandole entrambe di schiocchi appena percettibili che gli strappano un sorriso beato.
E quando meno se lo aspetta, conclude quella dolce mappatura del suo viso con una pernacchia all'altezza del suo orecchio, cogliendolo alla sprovvista e facendolo sussultare.
Lei, giustamente, se la ride senza trattenersi, incredibilmente divertita di fronte all'espressione sorpresa di lui, e Sangio ricompensa quel prendersi gioco di lui con una sonora pacca sul suo fondoschiena, che se possibile la fa ridere ancor di più.
“Cosa ridi?”, si lamenta, subito tradito da una risata spontanea che lo attraversa alla vista del sorriso di Giulia, prima di sollevarla per i fianchi e ribaltarla sull'altro lato del letto, raggiungendola in men che non si dica per sovrastarla, “Ridi, ridi.”, mormora, abbassando un po' il tono, lasciando che la mano di Giulia che preme contro la sua spalla lo spinga sempre più sotto le lenzuola, al livello del suo ventre.
Sangio solleva leggermente lo sguardo per cercare i suoi occhi, scrutandoli per trovarci un cenno, quel qualcosa che riconosce essere il loro via libera in questi contesti.
Lo trova nel modo in cui Giulia storce timidamente il naso, allungando un braccio nella sua direzione per scostargli certi ciuffi dal viso, e risponde immediatamente e con grande piacere a quella richiesta silenziosa.
Si spinge col viso fino alla base della maglietta di lei, sollevandola appena aiutandosi con il dorso del naso, e liberando alla sua vista quella striscia di pelle che tanto apprezza.
Lascia cadere le lenzuola del letto oltre le sue spalle, sentendosi vagamente intrappolato, poi prende a scorrere la punta del naso lungo il ventre di lei, solleticandola e facendola sospirare divertita, almeno finché non sostituisce a quel solletico dei baci languidi che l'accarezzano appena, da destra a sinistra e poi di nuovo, serpeggiando lungo la sua pelle con un'intensità tale da trasformare quei sospiri in tutt'altro.
“Ci piace questo, eh?”, cerca conferma, includendosi in quella domanda senza esitazione, consapevole di quanto effettivamente il suo corpo reagisca positivamente a quello che le sta facendo.
Giulia si limita ad annuire, vagamente trafelata nonostante l'assoluta castità di quel momento, e Sangio pensa bene di farla imbarazzare per la prima volta oggi mettendola al corrente di certi suoi pensieri.
“Sai cosa immagino, ogni tanto?”, la richiama a sé, fermando per un momento i suoi movimenti e poggiando una guancia sull'addome di lei, che subito lo cerca con lo sguardo, vigile e curiosa di ciò che sta per dirle, “Immagino di continuare questa cosa.”, mormora, lasciandole l'ennesimo bacio sulla pancia, “E di scendere sempre più giù.”, continua, sentendo le gambe di lei stringerlo leggermente attorno alle spalle.
“E come te lo immagini?”, gli domanda sussurrandolo, col tono di chi non vuol far sapere di essere troppo interessato quando invece lo è.
Sangio si fa sfuggire un sorrisetto, lasciando che le sue palpebre sbattano e le sue ciglia sfiorino la pelle di Giulia.
“Caldo.”, le dice subito, facendola ridere spudoratamente nonostante la punta di timidezza che le colora il viso.
“Quello sempre.”, gli fa notare, portandolo ad annuire.
“Dubito potrebbe mai essere freddo con te.”, borbotta, tracciando la curva del fianco di lei con un dito.
“Non penso possa essere freddo con nessuno, no?”, ragiona lei ad alta voce, facendogli sollevare lo sguardo nella direzione dei suoi occhi.
“Non so.”, riflette, tornando ad adagiare la guancia sul suo addome, “Mi spiace per chi lo vive freddamente.”, mormora, “Io non sono mai stato capace.”, le fa sapere, “Con te temo lo sarei ancora meno.”
Giulia sembra pensarci su per un po', e la stanza piomba nel silenzio per qualche secondo, finché non la sente muoversi sotto di lui e sistemarsi sui gomiti.
“Un giorno dobbiamo scoprirlo.”, gli comunica, con una sicurezza nel modo in cui pronuncia quelle parole che un po' lo spiazza.
Sangio solleva leggermente il capo, affondando il mento nella sua pancia per guardarla meglio.
“Un giorno?”, ripete, vagamente meravigliato da quella presa di posizione.
Giulia annuisce senza indugio, liberandolo dalla morsa delle sue gambe attorno al collo per permettergli di muoversi.
“Un giorno che però non è oggi, perché ora andiamo a vedere l'alba, bello.”, gli ricorda, prima di allungare un braccio verso il comodino per controllare l'orario sullo schermo del telefono, “Abbiamo ancora dieci minuti per scendere in spiaggia.”, calcola, “Poi sorge il sole e noi ce lo perdiamo.”, ribadisce, con uno sguardo di vago rimprovero proprio nella sua direzione.
Sangio sbuffa, scivolando col viso fino all'apice della sua coscia e fermandosi lì, accoccolato tra le sue gambe e per nulla intenzionato a muoversi.
“Sicura di non voler fare altro?”, tenta, “Tipo dormire?”, riflette, ascoltando il richiamo delle sue palpebre pesanti dopo la notte pressoché insonne, “Abbiamo il traghetto tra qualche ora.”, le ricorda.
“Non lo dire.”, lo prega lei, borbottandolo controvoglia.
“Ma è la verità.”
“E io non ci voglio pensare finché non siamo sulla nave.”, ribadisce lei.
“Di cosa hai paura?”, le domanda, strusciando impercettibilmente col viso lungo i pantaloncini che Giulia indossa, “Che se andiamo via di qua succeda qualcosa?”
“Non ho paura.”, gli spiega Giulia, “Solo non ci voglio pensare adesso.”, mormora, “Ora, per piacere, puoi alzarti così andiamo alla nostra spiaggetta?”, lo prega, accompagnandosi con una risata estenuata.
“Ah.”, esclama lui, “E' diventata addirittura di nostra proprietà?”, la punzecchia, facendola ridere.
“Certo.”, ribatte lei, stringendolo di nuovo con le gambe attorno al collo quando lo sente ricominciare con i baci lungo il suo addome, “La smetti di cambiare argomento e distrarmi?”, lo rimprovera, “Concentrati sull'obbiettivo, Sanjuan.”
“Mi sto concentrando sull'obbiettivo.”, mormora, trattenendo a stento le risate quando le lascia qualcosa di molto simile a un morso su un fianco, facendola sussultare.
“Non quell'obbiettivo, cretino!”, si ribella lei, piazzandogli un piede in piena faccia in segno di protesta.
“Ora pure i piedi in faccia.”, si lamenta per gioco lui, prendendolo tra le mani per farle il solletico e vederla fuggire verso la testiera del letto, “Ti sei svegliata carica oggi, Giulietta.”
“Non mi sono proprio addormentata, io.”, gli ricorda, scendendo dal letto per mettersi in piedi e scrutare fuori dalla finestra della stanza, “Se usciamo adesso ce la facciamo ancora.”, mormora, soddisfatta della foschia in cui è tutt'ora calato il cortile, prima di voltarsi di nuovo verso di lui per osservarlo intensamente, “Come faccio a convincerti a muoverti?”, riflette mentre i suoi occhi scorrono lungo il suo corpo, facendo sospettare a Sangio che stia escogitando qualche tortura particolare per sottrarlo alla sua letargia.
In tutta risposta si rotola sulla schiena, sfidandola chiudendo gli occhi e accennando un sorrisetto furbo, non meravigliandosi più di tanto quando percepisce il corpo di Giulia pesarsi al suo fianco sul materasso.
Sente le labbra di lei incontrare le sue in una serie molto breve di baci ben ponderati, che lo lasciano con la necessità di averne di più, esattamente come il piano astuto di Giulia prevedeva.
“Lo sai vero, che per un po' di giorni non ne avrai più?”, gli rammenta, tornando sulle sue gambe e incamminandosi a passo lento verso la porta della stanza, “Io dico che dovresti approfittare di oggi, e di adesso soprattutto.”, mormora, già con le dita sulla maniglia.
Gli basta questo per separarsi dalle lenzuola e scattare in piedi, prendendosi un momento giusto per rintracciare le sue ciabatte sul pavimento accanto al letto, prima di inseguirla fuori dalla porta, lasciando che si richiuda alle sue spalle con un tonfo piuttosto rumoroso.
E' convintissimo che Giulia rallenterà il passo incalzante con cui si sta dirigendo verso le scale, e che si concederà almeno il tempo per rimproverarlo del caos che ha provocato quando tutta la sua famiglia sta dormendo al di là delle porte davanti alle quali stanno passando, invece rimane sorpreso da come lei si limiti a voltarsi per un attimo e guardarlo con uno sguardo di disapprovazione che lo fa sorridere.
Decide di velocizzare un po' la sua andatura, abbastanza per raggiungerla e sorprenderla con un agguato alle spalle, strappandole un urletto intimorito che ben presto si trasforma in una risata.
“Che fai?”, gli domanda, ancora sorridendo, quando lo sente portare le mani sui suoi fianchi e adeguarsi al ritmo dei suoi passi, spingendola a rallentare un po'.
“Stai correndo.”, le fa notare, mentre cominciano a scendere la rampa di scale che porta al piano terra.
“Il sole non aspetta mica noi.”, ribatte lei, riservandogli un sorrisetto, prima di posare la mano su una di quelle di lui per prenderla nella sua, convincendolo a spostarsi alla sua destra.
“Vero.”, concorda Sangio, “Però tu potresti aspettare me.”, scherza, portandosi un dito sul petto per indicare il suo torso nudo, “Guarda, mi hai messo talmente fretta che non ho nemmeno preso una maglietta.”, le dice, ridendo sotto i baffi.
Giulia rallenta ulteriormente il passo, scendendo gli ultimi gradini con una certa disattenzione, i suoi occhi intenti a scorrere lungo il suo torso nella penombra dell'anticamera del villino, come se non avesse già avuto abbondantemente modo di apprezzarlo giusto qualche minuto prima.
“Va bene così.”, conclude, facendolo sogghignare, mentre spalanca il portoncino che da sul cortile, “Tanto fa caldo.”, denota appena mettono piede fuori, “Non rischi di prendere freddo.”
“Oggi danno pioggia.”, le fa sapere lui, lasciandosi trascinare verso la conca dove è situata la piscina, di nuovo in balia della camminata rapida di Giulia, che ha ripreso a macinare metri senza fermarsi davanti a nulla, come se la leggera brezza di questa mattina l'avesse caricata della spinta necessaria per raggiungere la spiaggia alla velocità della luce.
“Ah si?”, gli chiede conferma, evidentemente stupita da quell'informazione.
“Si.”, le assicura Sangio mentre circumnavigano la piscina, “In mattinata, mi sembra di ricordare.”, aggiunge, cercando di ricomporre nella sua mente le parole di sua madre della sera precedente, quando dopo avere consultato il meteo gli aveva dato quella notizia.
Giulia distoglie per un momento gli occhi dal percorso, lasciandoli scivolare lungo la superficie scarsamente illuminata della piscina per scrutarne il riflesso. Poi li solleva verso il cielo, adocchiando certi nuvoloni di dimensioni ragguardevoli in procinto di fluttuare proprio nella loro direzione.
“Sei mai stato al mare con la pioggia?”, gli domanda, imboccando l'ormai familiare selciato in mezzo agli oleandri, tenendo ben stretta la mano di lui nella sua.
Sangio ci pensa su per un momento, rivangando nei suoi ricordi estivi, e mentre si destreggia per schivare le frasche che ormai ha capito essere sue nemiche, un giorno di tanto tempo fa riaffiora nitidamente nei suoi pensieri.
“Mi viene in mente una volta in particolare.”, comincia a raccontarle, vedendola voltarsi verso di lui per seguire meglio le sue parole, “Ero piccolo, forse non andavo ancora a scuola.”, cerca di ricordare meglio, “Ed eravamo tutti insieme nel solito posto dove siamo sempre andati in vacanza.”, continua, “Nel pieno del pomeriggio si è scatenato il diluvio, e io ero su questa scogliera enorme insieme ad Abe.”, sorride appena, interrotto da un'occhiata vagamente attonita che per certi versi si aspettava.
“Tu eri così piccolo e Abe ti portava in mezzo agli scogli?”
Sangio annuisce, sollevando appena lo sguardo quando nota le primissime luci dell'alba farsi spazio nel cielo.
Aumenta il passo, scorgendo gli ultimi metri fitti di piante, mentre l'inizio del letto di sabbia si lascia calpestare dalle loro ciabatte.
“Abe era parecchio scapestrato alla nostra età.”, le fa presente, “Molto più di ora, ti assicuro.”, specifica, facendola ridere, “Quando siamo tornati da mia madre c'erano le onde alte così.”, ricorda, sollevando un braccio più in alto possibile, avvicinandosi alla sommità degli oleandri, “Si è incazzata tantissimo con lui.”
“Però non vi era successo niente, no?”, si premura di sapere lei nel momento in cui finalmente sbucano sulla spiaggia.
“Proprio nulla.”, le dice, osservando l'orizzonte e notando i primi fasci di luce arancione riflettersi sull'acqua, “Guarda, Giu.”, le indica il chiarore in quella direzione.
“Vedi che ho fatto bene a trascinarti fuori dal letto?”, gli rinfaccia, facendogli alzare gli occhi al cielo, “Sono stata brava, oh.”, brontola, immusonendosi appena e intenerendolo immediatamente.
“Sei stata brava, si.”, concorda con lei, traendola a sé per lasciargli un bacio sulla fronte che è certo essere ben accetto, prima di tornare a scrutare il cielo in lontananza, “Sai cosa potremmo fare per vedere meglio il sole?”, riflette a bassa voce, facendola scostare dal suo petto con fare interrogativo.
“Cosa?”, gli domanda, mentre Sangio scorre gli occhi lungo la spiaggia, incrociando esattamente ciò che si ricordava di aver notato l'ultima volta che sono stati qui.
“Metterci là sopra.”, le risponde, indicando il piccolo scoglio che funge da limite tra la striscia di sabbia della spiaggia, il mare e l'ennesima foresta di arbusti.
“Sullo scoglio?”, si chiede Giulia, poco convinta di quella proposta, “Lidia non sarebbe tanto d'accordo.”, le viene spontaneo dirgli con un sorrisino complice.
“Però il mare è calmo.”, le fa notare, stendendo un braccio nella direzione dell'acqua, “E tu per fortuna non sei Abe.”, aggiunge, facendola scoppiare a ridere e seguendola per forza di cose, “Quindi secondo me anche mia madre approverebbe lo scoglio.”, riflette, “Tu approvi lo scoglio, Giulietta?”, la stuzzica un po', lasciando la sua mano per camminare a ritroso verso la roccia.
“Va bene, va bene.”, gli dice, raggiungendolo con una corsetta veloce, “Però stai attento, per favore.”, lo prega, mentre lui le da le spalle per cominciare a scalare la parete.
Cerca con le mani degli appigli abbastanza solidi a cui aggrapparsi, spuntoni di roccia più sporgenti o sottili cavità che possano fungere da gradino, e pian piano si arrampica fin sulla cima, capitanato dalla voce a tratti apprensiva di Giulia che gli indica punti utili per agevolargli la scalata.
Arrivato sulla sommità sfrega le mani l'una contro l'altra, eliminando i residui di sabbia con cui ha necessariamente avuto a che fare, e abbassa lo sguardo per cercare il viso di lei.
“Vieni.”, le dice, voltandosi per un attimo verso l'orizzonte, dove il sole sta cominciando a fare capolino, per ora un sottile spicchio luminescente, “Attenta a quella, che è scivolosa.”, le fa notare, indicandole una porzione di roccia leggermente lambita dalle onde sulla quale Giulia stava per piazzare un piede.
La osserva concentrarsi sui passi da scegliere, esattamente come ha fatto lui poco prima, e quando il suo viso supera la sommità dello scoglio, le tende una mano, subito afferrata senza indugio.
“Credi così poco nelle mie capacità di deambulazione.”, scherza, aiutandola a sollevarsi finché Giulia non si sistema al suo fianco, “Però poi ti fidi abbastanza da aggrapparti al mio braccio per salire quassù.”
Giulia storce un po' il naso, pulendosi le mani su un braccio di lui e facendolo sospirare.
“Mi fido perché so che non mi faresti mai cadere.”, gli spiega, alzando un po' le spalle.
“E invece farei cadere me stesso, secondo te?”, le domanda divertito.
Giulia alza gli occhi verso il mare, facendoli scorrere lungo la superficie dell'acqua, che poco a poco sta venendo illuminata da un bagliore sulle tinte del giallo, che sottolinea marcatamente il delicato andirivieni delle onde.
“Più probabile.”, mormora, con un tono che gli lascia sospettare che anche lei stia risentendo della notte insonne, avvolgendolo con entrambe le braccia attorno alla vita e poggiando la testa contro la sua spalla, “Sembra proprio che stia uscendo dall'acqua.”, commenta, accompagnando gli occhi di Sangio che risalgono dal mare fino a quel semicerchio che il sole sta timidamente mostrando loro.
“Una sfera incandescente.”, borbotta, passandole una mano attorno al collo per giocherellare con i capelli della sua coda, “E' pazzesco, eh?”, le dice, sentendola annuire contro la sua spalla, “Pensa che ora sale sempre più verso l'alto e finisce in mezzo a queste mega nuvole che lo stanno aspettando.”, dice, sollevando il capo per ritrovare i nuvoloni di poco prima, sempre più densi sopra le loro teste.
Giulia segue quel movimento, ritrovandosi per un attimo col naso all'insù sotto gli occhi vigili di Sangio, prima di scoppiare a ridere.
“Ti assomigliano, sai?”, mormora, fin troppo divertita perché Sangio non capisca a cosa si stia riferendo, “Qui la situazione è la stessa.”, gli dice, alzando un braccio dalla sua vita per infilargli una mano tra i capelli e passare le dita tra i suoi ricci, “Sei solo un po' meno grigio di loro.”, ride, convincendolo a guardare di nuovo verso il cielo per cogliere quel paragone.
Le nuvole, certo. Le pensa davvero, ma davvero tutte.
“Se io sono le nuvole allora tu sei quella cosetta là.”, le mormora contro una tempia.
“Che cosetta?”, gli domanda lei, interdetta, mentre con gli occhi cerca di scorgere qualcosa di molto ma molto evidente.
“Quella per cui ci siamo svegliati.”, ride lui, “Anzi, quella per cui io mi sono svegliato e tu non hai dormito.”, si corregge, volutamente puntiglioso.
Giulia fissa l'orizzonte per un momento, permettendo all'immagine di quel semicerchio sempre più ampio di imprimersi nei suoi occhi.
“Sai che quella cosetta è tipo un sacco di volte più grande della Terra?”, gli fa notare, ridendo quando lo vede scuotere la testa.
“Si, ma da qui sembra così piccolo, non pensi?”, le dice, “Guarda.”, continua, portando una mano davanti al viso di Giulia e allineando indice e pollice in modo che grazie alla prospettiva sembrino sorreggere il sole, “Lo tengo tra due dita.”
Giulia osserva attraverso la fessura creata dalle dita di lui, poi prende la mano di Sangio nella sua, disegnando nell'aria una linea che sale nel cielo fin sopra le loro teste.
“Ora è così perché sta nascendo.”, riflette ad alta voce, “Poi sale.”, continua, indicando con le loro mani unite un punto indefinito tra le nuvole, “Se gli dai il tempo di crescere poi diventa tanto luminoso da non riuscire più a guardarlo.”
“Vedi perché sei tu?”, mormora Sangio, lasciando cadere le loro mani su una gamba di lei e ricevendo un sorrisetto quasi timido.
“Tu non puoi essere solo le nuvole, però.”, gli dice lei, aggrottando le sopracciglia.
“Perché no?”, le chiede, pronto a difendere i diritti dei suoi alter ego celesti, “Guarda che sono una figata le nuvole.”, ci tiene a ribadire, lasciandosi scappare un'espressione furbesca, “Lo hai detto anche tu prima, che il sole sale in alto, no?”, le domanda, riconoscendo nei suoi occhi scuri il realizzarsi progressivo di ciò che le sta dicendo, “E secondo te da chi va?”
Giulia ride velatamente, non volendo interrompere quel vagheggiare così ambizioso e calzante.
“Va a farsi mangiare dalle nuvole.”, conclude, annuendo tra sé e sé e scatenando l'ilarità di lei, “Un po' come volevo fare io prima in camera.”, borbotta, ricevendo la manata di routine su una spalla, più per abitudine che per reale intenzione di rimproverarlo.
“E quando non ci sono, le nuvole?”, gli domanda Giulia, evidentemente curiosa di sapere quanto in là si può spingere con questo parallelismo, “Come me lo spieghi?”
“Non lo so.”, borbotta lui, ragionandoci per un attimo e sorridendo appena quando una risposta gli balena in mente, “Saranno a fare dei concerti.”, ride, vedendo gli occhi di Giulia farsi stretti stretti, “Tour della pioggia in giro un po' per tutto il mondo.”, sospira divertito, tornando a cercare il sole lungo la linea dell'orizzonte, “Eccolo.”, mormora, “Sfera completa.”
Giulia segue la traiettoria del suo sguardo, finendo per rimanere incantata dal bagliore arancione che illumina l'incresparsi delle onde, dalla linea che divide cielo e mare fino a quelle più vicine a loro che sbattono contro la facciata dello scoglio che si immerge nell'acqua.
“Vieni un po' più avanti.”, lo sprona, trascinandosi fino al bordo dello scoglio e lasciando che le gambe pendano nel vuoto sotto di loro.
Sangio la segue, sistemandosi al suo fianco e osservando per un momento le sue gambe più lunghe ciondolare al fianco di quelle di Giulia, che nel frattempo è stata distratta da un movimento appena percettibile che sta risalendo la parete di roccia, lasciandosi scivolare di tanto in tanto in qualcuna delle fessure che ne costellano la superficie.
“E lui chi è?”, si domanda divertita, ritraendosi per puro istinto di sopravvivenza quando le tante zampette del granchio passeggiano nei pressi della sua coscia.
Sangio accompagna quei movimenti a scatti che la stanno facendo irrigidire cantando spontaneamente “Lui chi è”, facendola ridere semplicemente perché ora come ora è troppo impegnata a fuggire dal piccolo crostaceo per insultarlo.
“E' un granchietto.”, mormora lui, con quel tono tra l'affettuoso e il giocoso che assume quando incontrano qualche cane nelle loro scorribande, “Non ti fa nulla, Giu. E' un granchietto da scoglio.”
Giulia non pare troppo convinta, quindi si limita ad incrociare le gambe per proteggersi e a sfidarlo.
“Se non fa nulla allora prendilo in mano.”, lo invita.
Sangio sospira, ritrovandosi in meno che non si dica con le ginocchia conficcate nella roccia, mentre con una mano segue le traiettorie irregolari del granchio, finché non riesce a fermarlo sotto il suo palmo.
“Se mi pizzica poi son cazzi.”, riflette, facendola scoppiare a ridere.
“Non avevi detto che non fa nulla?”, si concede di prenderlo in giro Giulia, prima di dare priorità al suo lato coscienzioso, “Lascialo andare, dai.”, lo prega, osservando la mano di Sangio ritrarsi e il granchietto compiere un salto pressoché mortale per ributtarsi in acqua.
“Ma nuotano?”, si domanda, sporgendosi oltre il limite dello scoglio nel vano tentativo di ritrovare il loro amico dalle bianche chele.
“Non lo so, credo di si.”, riflette Sangio, “Ma scusa.”, ride, “Prima hai paura di lui e poi ti preoccupi se sa nuotare o no?”
Giulia ignora quella provocazione, tornando a scrutare il mare, a questo punto illuminato nella sua totalità, prima di buttare un occhio anche alla spiaggetta.
E' la prima volta che la vedono alla luce del sole, e anche Sangio si prende un momento per rendersi conto delle sue effettive dimensioni, difficili da percepire nella penombra notturna.
“E' proprio piccina, eh.”, mormora, vedendo subito Giulia annuire al suo fianco.
“Sai cosa?”, lo sorprende, distendendo di nuovo le gambe sullo scoglio e cominciando a sollevare la maglietta sopra la testa, “Mi è venuta voglia di fare un bel bagno.”, gli fa sapere, passando a slacciare il bottone dei pantaloncini.
Sangio la osserva stupito, non si era minimamente reso conto che indossasse il costume ne saprebbe dire quando ha trovato il tempo di metterselo, ma il suo primo pensiero è quello di sporgersi oltre il bordo frastagliato dello scoglio per assicurarsi che Giulia non finisca per fare un tuffo su qualche roccia acuminata.
“Se stai sulla sinistra puoi entrare anche da qui.”, le fa sapere, voltandosi di nuovo verso di lei e ritrovandola impegnata nel sistemare i suoi vestiti in una pila ordinata, prima di sciogliere i capelli dall'elastico che infila al polso.
“Tu non vieni?”, gli domanda, scrutando il pelo dell'acqua e guardando male l'agglomerato di rocce basse che sbucano dall'acqua alla destra dello scoglio.
Sangio si limita ad aprire le braccia per indicare i pantaloncini che indossa, i soliti con cui dorme.
“Non ho nemmeno pensato a mettermi il costume.”, le dice, vagamente rammaricato per l'occasione sprecata, “Tu quando l'hai fatto?”, le domanda, genuinamente curioso.
“Mentre tu dormivi.”, ride lei, facendolo annuire.
“Ah, ecco.”, borbotta, “Mi perdo sempre i momenti migliori.”, aggiunge sottovoce, subito raggiunto da una risata fragorosa.
“Sei proprio monello oggi, oh.”, lo ammonisce, scuotendo una mano nella sua direzione, prima di tornare a fissare l'acqua, “Allora io vado, eh?”, gli fa sapere, sedendosi di nuovo sul bordo, pronta per lasciarsi cadere in acqua.
“Vai, vai.”, annuisce lui, “Se arriva qualche squalo te lo faccio sapere.”, ci tiene a dirle un attimo prima che Giulia sprofondi nell'acqua, sparendo sotto la superficie del mare con una risata delle sue.
Quando riemerge, un attimo dopo, Sangio si prende la serie di insulti che stava giustamente aspettando.
“Non lo potevi dire un po' dopo?”, si lamenta lei tra un colpo di tosse e un risata, “Mi hai fatto bere un litro di acqua!”, continua, convincendolo a sdraiarsi sulla pancia e a sorreggere il viso con le mani per guardarla meglio, mentre sbatte le gambe per tenersi a galla e si sistema i capelli dietro le orecchie.
“Com'era? Gustosa?”, le domanda con un sorrisetto famelico, che gli fa guadagnare uno schizzo d'acqua in pieno viso.
“Era salata.”
“Beh, uno se lo aspetta quando beve acqua di mare, no?”
“Cretino!”
Sangio se la ride, rotolandosi fino a potersi sdraiare di schiena sul limite dello scoglio, così da poter socchiudere gli occhi sempre mantenendo un orecchio teso verso di lei.
Il sole sarà anche sorto, ma il cielo continua a mostrarsi cupo sopra di lui, ospitando i famosi nuvoloni suoi colleghi senza degnare i dintorni della tipica luce agostana.
A Sangio tutto questo non dispiace, anzi, si gode la rara possibilità di stare steso al sole senza rischiare un'ustione, mentre i movimenti leggeri di Giulia nell'acqua accompagnano quel momento di contemplazione.
“Che fai, dormi?”, lo apostrofa lei, regalandogli una risata che gli fa tornare in mente certe immagini non troppo chiare ne collegate tra loro.
Un sogno, qualcosa di veramente poco palpabile ma ancora limpido nella sua mente.
“Giu?”, la richiama, lasciando che quel principio di sole riscaldi le sue palpebre chiuse.
“Cosa?”, le sente dire, mentre il suo sguazzare si avvicina di nuovo alla parete dello scoglio.
“Stavo facendo un sogno assurdo prima che tu mi svegliassi.”, le fa sapere.
“Assurdo quanto?”
“Assurdo tanto.”, ride, mettendosi su un fianco con la testa poggiata su una mano, riaprendo gli occhi per incrociare quelli di Giulia ai piedi dello scoglio, curiosi e più brillanti di un attimo fa, come risvegliati da quel tuffo in mare, “C'era Rudy che guidava un treno.”, ride, cercando di ricordarsi quelle scene apparentemente sconnesse tra loro, “E poi mia sorella e la Virgi in un campo di fiori.”, continua, vedendo Giulia sbattere gli occhi un paio di volte, “Mi sa che c'eri anche tu, ma non ti ho vista, sentivo solo la tua voce.”
“Come quando ci chiamiamo al telefono?”
“Si.”, annuisce, “Forse se avessi sognato ancora un po' saresti proprio apparsa.”, riflette, “Però sei apparsa comunque dal vivo.”, ride appena, facendola sorride, “Ed è molto meglio così.”
“Però fino a qui non è tanto assurdo.”, riflette Giulia, spostando con la mano un'alga che le si sta avvicinando più del dovuto.
“Rudy capotreno non è assurdo?”, le domanda, strabuzzando leggermente gli occhi.
“Un po' si.”, gli concede lei, “Però quando tu dici assurdo di solito è proprio assurdo assurdo.”, ribadisce, aprendo le braccia alla loro massima estensione.
“Hai ragione.”, conviene con lei, passandosi una mano sugli occhi, “C'era qualcos'altro, ma non me lo ricordo bene.”, borbotta, frustrato da quelle informazioni mancanti, decidendo di chiudere gli occhi ancora per un momento, nella speranza che certe immagini che sembrano essergli sfuggite tornino ad essere chiare.
“Ma quindi tu eri sul treno guidato da Rudy?”, gli domanda Giulia, risalendo in superficie dopo una rapida immersione.
Sangio riapre gli occhi, annuendo nella sua direzione.
“E dove ti ha portato?”, gli chiede curiosa.
“Su una montagna, tipo.”, le risponde sbadatamente, continuando a rimuginare su quel tassello mancante.
“E Andrea e la Virgi erano in montagna?”
“No, Giu.”, la corregge, “Loro erano nel prato ai piedi della montagna.”, le spiega, “Io mi sono buttato dalla montagna e sono finito sul prato.”
Giulia ride, evidentemente stranita di fronte a quella narrazione.
“E come mai ti sei buttato da una montagna?”, cerca di capire, inclinando un po' la testa di lato.
E' esattamente la domanda che serve a Sangio per ricollegare quei frammenti, che sparsi sembrano non avere un senso.
“Ero sulla montagna insieme a Fabio.”, prova a ricordare, cercando gli occhi di Giulia come supporto per stabilizzare i suoi pensieri, “E sotto la montagna c'era tutta questa gente, e lui mi diceva di buttarmi, che loro mi avrebbero preso.”
“E ti sei buttato.”, collega lei, riprendendo la parte di sogno di cui è già al corrente.
“Esatto.”, conferma lui, “Mi sa che avevo paura però, perché gridavo tantissimo mentre cadevo.”
“Non ti hanno preso?”
“Non mi hanno preso perché quando sono caduto giù sono spariti tutti nel nulla.”, le spiega, sollevando per un momento gli occhi verso l'orizzonte e perdendosi nella distesa blu del mare.
Giulia rispetta quel suo momento di riflessione per un po', almeno finché la mente di lei non è attraversata da una domanda che pare improrogabile.
“Però ti ha preso qualcun altro, no?”, si premura di sapere, “C'era tua sorella, mi hai detto.”
Sangio scuote un dito nell'aria.
“Lei è arrivata dopo, prima c'eravamo solo io e la Virgi.”, specifica, “Quando sono caduto sul prato c'era solo lei, e mi si è messa qua.”, le dice, colpendosi con una mano al livello del torace e facendo sorride appena Giulia.
“Quindi ti ha preso al volo lei?”, gli offre come plausibile scenario.
“Si.”, mormora Sangio, seguendo con gli occhi le dita di Giulia che scorrono sul pelo dell'acqua, “Qualcosa del genere.”
“Vedi?”, gli dice, lasciandosi cadere sulla schiena per galleggiare sull'acqua, “C'è sempre qualcuno pronto a prenderti.”
Sangio la osserva spostarsi impercettibilmente sulla superficie del mare.
Tiene gli occhi chiusi, braccia e gambe distese e rilassate, e ha un'espressione tranquilla per cui nulla in questo momento potrebbe turbarla, nemmeno l'ipotetico squalo di poco fa.
Giulia esiste in questo angolo di spiaggia, lontano da tutto e da tutti, come se la porzione di mare ai piedi dello scoglio, il sole appena sorto e le nubi che lentamente lo stanno andando a circondare stessero aspettando solo lei per mettersi in moto, adempiere alle loro funzioni e avviare questa nuova giornata.
Mentiva, lei, quando gli ha detto “Il sole non aspetta mica noi.”, o forse semplicemente non sapeva, non sa, non si rende conto di come un dubbio, un pensiero senza sbocco o anche un sogno da interpretare possano trovare soluzione nel modo in cui lei lo osserva, concedendogli forse l'attenzione più sincera che qualcuno gli abbia mai riservato.
Sangio non lo sa, se ci sarà davvero sempre qualcuno pronto a prenderlo. Ci spera, certo, come chiunque. Forse però grazie a lei ha capito che oltre a sperare di potersi fidare di qualcuno, bisogna anche permettersi di abbandonarsi a quel qualcuno, concedersi, abbassare le difese, dimostrarsi vulnerabile al punto che l'altro riconosca in te la necessità di essere raccolto, abbracciato, portato al sicuro.
Giulia non ha avuto nemmeno bisogno di quello, per capirlo davvero. Ci è arrivata progressivamente, si, ma ben prima che i suoi muri cedessero, anzi, forse sono crollati proprio a causa sua, grazie a quel tono curioso, le mani sempre attente, gli occhi incredibilmente capaci di vedere oltre.
Chissà se ha visto oltre anche in quel sogno, in quella leggera paura celata dietro immagini fittizie prodotte dalla sua mente.
Osservandola ora, quieta, mentre placidamente si lascia trasportare dalle onde, si direbbe che per lei la questione si sia risolta con la sua ultima affermazione.
E' più sicura di lui del fatto che ci sarà sempre qualcuno disposto a stargli al passo, al pari con i suoi ritmi, le sue ansie, quella paura di precipitare volontariamente verso il suolo, esponendosi al mondo, senza che poi ci sia qualcuno là sotto che lo aspetta.
Forse un po' rivede sé stessa, in quella persona là sotto, con lo sguardo sollevato verso l'alto e gli occhi che si schiudono, come ora, cercando i suoi e vedendolo davvero.
“Che guardi?”, gli domanda alzando un po' la voce, regalandogli una risata cristallina.
“Sei davvero una cosa assurda.”, gli viene spontaneo dirle, provocandole un'avaria improvvisa e facendola tornare verticale.
“Più assurda di Rudy capotreno?”, lo punzecchia, furbissima nel modo in cui gli da le spalle per un momento, portandolo a sporgersi pericolosamente oltre i limiti dello scoglio.
Molto più di Rudy capotreno.”, se la ride, adocchiando per un attimo l'acqua qualche metro sotto di lui, “Mi stai facendo venire una voglia di tuffarmi che dubito Rudy mi provocherebbe.”
Giulia scoppia a ridere, tornando a guardarlo negli occhi e graziandolo di un sorrisone che nemmeno il cielo sempre più plumbeo può oscurare.
“Non puoi.”, ribadisce lei, sollevando un braccio per indicare l'evidente mancanza di un costume, “A meno che tu non ti voglia buttare nudo.”, scoppia a ridere di nuovo, trovando quell'opzione assolutamente improbabile.
Sangio no, lui lo reputa un ottimo compromesso, e la cosa dev'essere abbastanza evidente nei suoi occhi perché quelli di Giulia, dopo averlo scrutato per un momento, si fanno enormi e sgomenti.
“No!”, lo ferma preventivamente, mentre gli occhi di lui scendono verso l'elastico dei suoi pantaloncini, “Sei impazzito?”, lo ammonisce, cercando di parlare sottovoce ma finendo comunque per urlare.
“Ma non c'è nessuno.”, le fa notare, guardandosi per un momento intorno e sentendosi più che sicuro in quell'anfratto così riparato.
“E se invece ti vede qualcuno?”, gli fa presente lei, già meno apprensiva dopo aver fatto scorrere gli occhi lungo la distesa deserta della spiaggia.
“Giu, sono le 7 del mattino.”, ragiona lui, “E siamo nel nulla più totale.”, aggiunge, “Chi mi deve vedere, il granchio di prima?”
La cosa la fa piuttosto ridere, ma finisce comunque per mettersi entrambe le mani sul viso, vagamente disperata di fronte all'improvvisa esuberanza di quello che fino a qualche minuto prima si stava addormentando sullo scoglio.
“Io non guardo.”, gli fa sapere, coprendosi gli occhi per bene e facendolo sghignazzare mentre lascia cadere i pantaloncini lungo le gambe.
“Tanto hai già visto tutto.”, le ricorda, spostandosi verso il bordo dello scoglio per controllare l'acqua al di sotto.
“Non guardo mica per non vedere te, cretino.”, borbotta lei, “Non voglio vedere nel caso ti veda qualcuno, sennò sai che ridere?”, gli dice, facendogli soffocare una risata mentre si allunga con un piede verso il mare per testare la temperatura dell'acqua.
“Mamma mia, ma quanto ci metti, oh?”, si lamenta lei, facendogli sollevare lo sguardo nella sua direzione per trovarla mentre sbircia attraverso le dita.
“Guarda che ti vedo, eh.”, le fa notare, calandosi lentamente nella direzione dell'acqua.
“Eh, ci stai mettendo una vita.”
“Mi sembrava stessi sopravvivendo anche senza di me fino ad un attimo fa, no?”, la punzecchia, sentendola subito sbuffare.
“Si, ma adesso che stai scendendo qua potresti anche sbrigarti.”, borbotta, convincendolo a lasciare l'appiglio dello scoglio a cui si stava reggendo con una mano per tuffarsi nella sua direzione.
E' un salto molto breve, che non prevede alcun livello di coraggio fuori dal normale, eppure a Sangio sembra che il tempo di caduta dalla parete dello scoglio alla raggiunta dell'acqua sia interminabile.
Percepisce nitidamente l'impatto con l'acqua, venendo subito avvolto da una temperatura fredda ma non sgradevole e, per quanto cerchi sempre di non farlo, si convince ad aprire per un momento gli occhi, sentendoli subito bruciare ma venendo ricompensato dalla vista del fondale e della parte immersa dello scoglio che gli ha fatto da pontile finora.
Quando riemerge in superficie ha lo stesso respiro irregolare che gli viene durante una sofferta partita a padel, e ritrova Giulia a meno di un metro da sé, con un sorrisino accennato sulle labbra.
“Com'è?”, fa giusto in tempo a chiedergli, prima che una goccia d'acqua caschi dal cielo esattamente nella porzione di mare compresa tra i loro corpi.
Buca la superficie, generando una serie di cerchi sull'acqua che si allontanano progressivamente dal punto di caduta fino a sparire, e solo a quel punto Sangio solleva il capo verso il cielo, venendo colpito sul naso da una seconda goccia di pioggia.
“Hai visto, Santiago?”, lo richiama Giulia con tono scherzoso, “Entri tu e comincia a piovere.”, scoppia a ridere, scrutando a sua volta i nuvoloni alti nel cielo.
“Che roba.”, borbotta lui, mentre la scrollata di pioggia comincia a farsi più intensa, provocando uno scroscio piuttosto rumoroso quando collide con il mare, “Dici che dobbiamo uscire?”, le domanda, tornando a cercarla con lo sguardo.
“No, perché?”, nega lei immediatamente, rattristata dalla sola possibilità di doverlo fare, “Tanto per essere bagnati siamo bagnati.”, ride, “L'acqua qui e l'acqua lassù alla fine sono la stessa cosa, no?”, ragiona, “Senti che bel suono che fanno quando si incontrano.”, gli fa notare, avvicinandosi pian piano a lui e chiudendo gli occhi per godersi quel concerto improvviso.
Sangio prova a fare lo stesso, ma viene irrimediabilmente distratto dal viso di Giulia a qualche palmo dal suo, così concentrato, attraversato ogni tanto dallo storcersi del suo naso, colpito da qualche goccia più violenta.
La avvicina cautamente, passandole un polpastrello lungo il dorso del naso per farle aprire gli occhi.
“Sai cos'altro fa un bel suono quando si incontra?”, la sfida, vedendola parecchio confusa quando le sue ciglia sbattono un paio di volte, “Questo.”, mormora, prima di chinarsi sul suo viso per far incontrare le loro labbra.
La sente sorridere nel bacio, mentre una mano di lei agguanta la sua nuca, aiutandolo a piegarsi meglio nella sua direzione.
Sangio si impegna per far schioccare le loro labbra più sonoramente possibile, come a voler sfidare lo scrosciare sempre più martellante della pioggia attorno a loro, e in qualche modo Giulia recepisce quella competitività, lasciando che i loro baci si inseguano con una lentezza tale da poterli sentire limpidamente anche sotto il diluvio.
La cosa arriva per forza ad una conclusione quando l'acqua che cade dal cielo si fa talmente fitta da non riuscire più a scorgere l'orizzonte, facendo allontanare i loro visi l'uno dall'altro per provare a proteggersi con le loro stesse braccia.
“Porca troia.”, borbotta Sangio, portandosi un braccio sopra la testa e facendo lo stesso con quella di Giulia, che nel mentre sta sfruttando la stazza vagamente più imponente di lui per nascondercisi contro.
“Mamma mia.”, la sente sospirare, faticando quasi a cogliere le sue parole nel caos naturale che si è scatenato attorno a loro.
Giulia lo fissa, sollevando appena gli occhi per scrutare i suoi oltre la coltre di pioggia che piomba anche in mezzo a loro, e Sangio le sorride appena.
“Mamma mia?”, ripete, vedendola subito annuire, “Ma mamma mia cosa?”, cerca chiarimenti, percependola fin troppo esterrefatta.
“Mamma mia il bacio.”, gli risponde, come se fosse ovvio che tutta la sua attenzione sia stata riposta in quello, e non nel diluvio universale che li sta colpendo.
“Siamo sotto la pioggia più violenta che io abbia mai vissuto però mamma mia il bacio?”, scherza, beccandosi un'occhiataccia.
“Piove tipo tutti i mesi, invece un bacio così non me l'hai mai dato.”, si difende lei, immusonendosi quanto basta perché se la stringa contro il petto.
“Vedi?”, comincia lui, “Mi hai detto 'Approfittane che domani siamo lontani', e io ne ho approfittato.”, le dice, rendendosi conto di poter abbassare un po' la voce perché la scrollata si sta spostando alla loro sinistra, insieme alle nuvole sue fautrici.
“Allora ogni tanto mi ascolti.”, borbotta contro il suo collo, facendolo sogghignare.
“Ma io ti ascolto sempre, oh.”
“Ieri notte ti ho detto di non addormentarti e indovina?”, gli ricorda, scostandosi dal suo corpo per sistemare i capelli che le si sono incollati sul viso.
“Quello è fisiologico, però.”, si difende lui, “Non vale.”
Giulia lo guarda poco convinta, facendogli spuntare un sorrisino divertito.
“E i baci non sono fisiologici?”, lo sfida, fingendosi impegnata con un rametto che galleggia attorno a loro, probabilmente trasportato dalla pioggia improvvisa che ormai si è ridotta a poche gocce.
“Quelli mi vengono naturali solo quando si tratta di te.”, le riserva un'occhiata sorniona, “Pensa che fortuna.”, scherza, guadagnandosi una carezza leggera tra i capelli mentre Giulia gli fa il verso.
“Sei un ruffiano.”, gli fa sapere, venendo torturata per un momento dalle mani di lui che le stringono le guance.
“No.”, scuote la testa seguendo il percorso di una goccia che scivola lungo la fronte di Giulia, “Sono solo felice, credo.”
Giulia lo guarda con un'espressione curiosa, non sorpresa ma lieta.
“E come mai sei felice?”, gli domanda.
Sangio pondera la sua risposta per un po', scostando i capelli di Giulia dietro le sue orecchie e servendosi dei suoi occhi scuri per trovare le parole più giuste per una domanda così poco consona.
In diciott'anni di vita gli hanno chiesto molto più spesso perché fosse infelice, arrabbiato e tendenzialmente restio a dirsi appagato senza una valida motivazione, invece ora si ritrova qui, di fronte allo sguardo della persona che più genuinamente corrisponde alla sua idea di felicità, al trovare del positivo in tutto, al sorridere per la più piccola cosa perché effettivamente ne vale la pena, e per la prima volta dopo tanto tempo non si sente in difficoltà nel pensare che le cose stiano andando bene. E basta. Senza se, senza ma, senza rimugini ne parole di troppo.
In questo momento, in questo angoletto abbastanza remoto racchiuso da una coltre di oleandri, sente di essere felice.
Poi oltre questi arbusti in fiore le cose potrebbero cambiare, al di fuori dei confini di quest'isola tutto potrebbe tornare a farsi sentire come un carico insostenibile di accuse sulla sua schiena, ma in questo momento, assonnato ma sveglissimo, nudo e zuppo d'acqua dalla testa ai piedi, sente di poter dire di essere felice.
“Non c'è ragione perché io non lo sia.”, le dice semplicemente, sollevando appena le spalle e aprendosi in un sorrisetto quasi imbarazzato, che ritrova subito specchiato sul viso di Giulia.
“Ti vergogni di essere felice?”, gli domanda, portandogli le braccia attorno al collo, “Sei tutto nudo in mezzo al mare e non te ne frega niente, però ti vergogni di essere felice?”, gli dice, soffocando una risata.
“Non è vergogna.”, prova a farle capire, mentre cerca di spiegarlo anche a sé stesso, “E' più il fatto che me ne rendo conto all'improvviso.”, mormora contro la sua fronte, “E di solito non lo dico mai, quando lo sento. Invece stavolta mi è venuto spontaneo farlo.”
Sente Giulia nascondere meglio il viso contro il suo collo e stringerlo più forte attorno alle spalle.
“Che bello che me l'hai detto.”, gli sussurra, “Così sono più felice anch'io.”
Sangio sorride tra sé e sé, affondando la punta del naso tra i capelli bagnati di Giulia e lasciando che le sue mani cerchino la schiena di lei.
“Tu perché sei felice, Giu?”, le rigira la domanda di poco prima, “Togliendo il fatto che lo sono anch'io.”, specifica, sentendola sorridere.
“Ma per tante ragioni, in realtà.”, mormora contro il suo collo, “Stiamo bene, ci siamo riposati.”, comincia ad elencare, “Abbiamo fatto la nostra vacanzina.”, ride, ponendo parecchia enfasi su quell'ultima parola.
“Hai visto?”, le dice, interrompendola giusto per un attimo, “Alla fine è arrivato anche il suo momento.”, scherza.
“Pensa te, si.”, esclama lei, ancora stupita dalla riuscita di quella settimana tanto agognata, “Siamo pure andati in canoa, oh.”, riflette, prima di scoppiare a ridere coinvolgendo anche lui.
“E siamo tornati entrambi vivi.”, aggiunge lui.
“Pazzesco.”, lo spalleggia Giulia con tono giocoso, mentre lui si guarda attorno, notando che il moto ondoso leggermente alterato dalla pioggia li ha trasportati lontani dal loro scoglio, di fronte alla parte sabbiosa della spiaggia.
Non è male, in fondo, almeno qui può concedersi di chiudere per un momento gli occhi, senza dover stare costantemente sull'attenti onde evitare di finire su uno spuntone di roccia.
“E poi?”, la sprona a continuare, percependola rilassata contro il suo corpo.
“Poi mamma e papà stanno a Barcellona, quindi saranno contenti pure loro.”, riprende lei, con una vocetta improvvisamente assonnata che lo addolcisce non poco, “Tornano per venire a vedermi a Cervia, però.”, aggiunge un attimo dopo, bisbigliandolo con un misto di fierezza e qualcos'altro che Sangio non riesce bene a decifrare.
“Sei preoccupata per lo spettacolo?”, le domanda, abbassando un po' la voce a sua volta, mentre con un braccio sposta l'acqua attorno a loro in modo da mantenersi a una certa distanza dalla riva, dove possano restare immersi fino alle spalle, al riparo dal freddo che Sangio percepisce appena il suo corpo sbuca in superficie per qualche secondo.
“Ho l'ansia quella buona.”, gli spiega Giulia, “E' uno spettacolo importante.”, mormora, “Ci tengo un sacco che vada bene.”
Sangio le passa una mano tra i capelli, spostandoli su una spalla per lasciare libera la guancia contro cui poggia la sua.
“Lo so.”, le dice sottovoce, pensando per un momento a come può aiutarla con il leggero timore che l'accompagna sempre quando deve portare a termine qualcosa a cui tiene particolarmente, “Simone cosa dice?”, le domanda, puntando tutto sulla stima che Giulia nutre per il ballerino.
“Di cosa? Del passo a due?”
“Si.”, annuisce, “Con l'assolo so che non hai problemi.”, sorride contro la sua guancia, “E' il tuo.”
“Si, su quello ci sono.”, gli da conferma, “Ma pure sul passo a due in realtà.”, riflette ad alta voce, “E' tanto bello da ballare.”, gli dice, come ha già fatto altro volte, “Ci sono un po' di prese, te l'ho fatto vedere nel video delle prove.”, continua, facendolo annuire.
“E ti spaventano quelle?”
“Sai che in realtà no?”, gli fa sapere, stupendolo ma nemmeno troppo, “Con lui sto tranquilla, non ho paura o cose così.”, ragiona, “L'unica cosa è che le prese le devi provare per forza in due, non posso mettermi da sola in camera a ripetere i passi mentre tu dormi.”, ride, convincendolo a sollevare la testa dalla sua per guardarla negli occhi.
“Proviamo le prese.”, le dice, senza porla come una domanda ma più come una proposta davvero molto allettante, in risposta alla quale Giulia esplode in una risata fragorosa, portandolo immancabilmente a sorridere.
“Con te?”, lo guarda strabuzzando gli occhi, slacciando le braccia da dietro il collo di lui per portarsi una mano davanti al viso mentre non riesce a smettere di ridere.
“Non sono così terribile, dai.”, cerca di convincerla, finendo per peggiorare ulteriormente la situazione, “Così mi offendo, però.”, scherza, vedendola trattenere le risate.
“No, non offenderti.”, lo ferma, ritrovando compostezza, “Proviamo.”
“E cosa proviamo?”, le domanda, poco preparato sull'argomento.
“Le prese?”, gli risponde lei come se fosse un'ovvietà, visto che quella era la sua proposta in partenza.
“Si.”, le dice lui, “Però io non so come funzionano, me le devi spiegare.”, le ricorda.
Giulia sembra ponderare la cosa per un momento, squadrandolo come a cercare un riscontro a certi suoi dilemmi tecnici, finché non giunge a una conclusione.
“Sono un po' difficili per te quelle che faccio con Simo.”, gli fa sapere con una punta di rammarico molto comprensiva, “Però possiamo provare qualcosa di più facile.”, gli propone, facendo subito scattare nei ricordi di lui un serie di immagini di possibili scenari che potrebbero rivisitare.
“Sai quale?”, esclama, richiamando l'attenzione di Giulia, “Quella cosa con te che mi sali in piedi sulle spalle.”, le dice, “E poi ti lascio le mani e resti in equilibrio qua sopra.”, si spiega meglio, poggiandosi le mani ai lati del collo.
“Non è proprio una presa quella, però.”, gli fa notare Giulia con un sorrisino sulle labbra.
“Però è figo.”, ragiona lui, “Semplice ma d'impatto.”, scherza, facendola ridere.
“D'impatto per chi, se ci siamo solo noi?”, gli domanda divertita.
“Per noi, no?”, alza un po' le spalle, prima di calarsi sempre più sott'acqua fino ad emergere solo col viso, “In più siamo in acqua, quindi se per caso mi cadi non devo averti sulla coscienza.”, aggiunge con un sorriso furbo, mentre Giulia gli fa il giro attorno, piazzandogli subito le mani sulla schiena.
“La cosa migliore è che posso usarti come trampolino.”, gli dice, cominciando a mettergli un piede su una spalla.
“Approfittatrice.”, borbotta giocosamente lui, abbassandosi ancora per permetterle di salire anche con l'altro piede, mentre tende le mani sopra la sua testa.
“Oh, se vuoi poi facciamo cambio.”, lo sfida, afferrando le sue mani per provare a sollevarsi, riuscendoci senza troppa fatica.
“Si, certo.”, scoppia a ridere Sangio, permettendosi di alzare leggermente lo sguardo per darle un'occhiata.
Non la sente pesare su di sé perché il punto d'incontro dei loro corpi, le sue spalle, sono ancora immerse in acqua, ma dubita che una volta in superficie Giulia possa pesare infinitamente di più, quindi lascia andare le sue mani con discrezione per avvolgere invece le sue caviglie, sentendola sussultare appena, senza che però abbia da ridire a riguardo.
“Pensi che io non sia abbastanza forte per tirarti su?”, la sente invece sindacare da là sopra, cosa che gli strappa un sorriso, “Guarda che qui il problema non è che pesi troppo, ma che Lidia ti ha fatto troppo lungo.”, scoppia a ridere, portandolo a tenerla più saldamente attorno alle caviglie.
“Però non ti lamenti di quello quando ti faccio da trampolino umano, eh?”, si ribella, distendendo le gambe finché non è effettivamente in piedi, con i talloni che affondano nel fondale.
Giulia se la ride, cercando di contenersi almeno un po' pur di non cadere prima del tempo nel vuoto, e Sangio la sente cercare una stabilità precaria mettendogli una mano tra i capelli.
“Com'è la situazione là sopra?”, le domanda, quando Giulia si rimette in piedi con una certa fermezza.
“Vedo casa.”, gli fa sapere, facendogli alzare lo sguardo verso la foresta di oleandri che si estende oltre la sabbia.
“Vedi qualcuno sveglio?”
“Non mi sembra.”, ci riflette un po' lei, “No, non si muove nessuno.”, conclude dopo un attimo.
“E dall'altro lato, invece?”, le chiede, “Squali ce ne sono?”
“No.”, gli risponde subito, accompagnandosi con una risata, “Solo io e il mio trampolino.”
Sangio ride tra sé e sé, concedendosi di alzare appena gli occhi verso il cielo.
Il sole si è preso la sua rivincita sui nembi scuri di poco prima, diventando unico inquilino del cielo sopra di loro, e comincia a percepire il suo calore tiepido sulla pelle.
La sonnolenza che lo pervadeva quella mattina appena sveglio sembra essersi dissolta almeno per ora. Sa che tornerà, ma non è ancora arrivato quel momento, soprattutto quando sente Giulia ridere sopra la sua testa.
“Perché ridi?”, le chiede, confuso.
“Non lo so.”, gli dice lei con tono sarcastico, “Vogliamo stare così tutto il giorno o mi lanci?”, lo punzecchia, facendolo sospirare divertito.
“Con che trampolini hai avuto a che fare tu, che fanno tutto loro, oh?”, si lamenta, ribellandosi solleticandole il dorso dei piedi.
“No!”, prova a fermarlo mentre cerca di mantenersi in equilibrio.
E' troppo tardi, però, e il solletico ha scatenato il tuffo tanto atteso, facendola cascare sott'acqua all'improvviso.
Quando il suo visino imbronciato riemerge, allontanando con le mani certe ciocche che le finiscono sugli occhi, Sangio non può che ridere, compensando mandandole un bacio volante.
“Stai attento, Santiago.”, lo minaccia velatamente, “Ricordati che sei tutto nudo.”
“E allora?”, ride lui, indietreggiando leggermente, “Che vuoi fare, vendicarti?”, la prende in giro.
La vede storcere il naso e lasciarsi cadere nell'acqua al suo fianco.
“Pensa se ora esco da qui, torno sullo scoglio e mi rubo anche i tuoi vestiti.”, immagina ad alta voce, “E poi me ne vado e ti lascio qua.”, ride, facendo sghignazzare anche lui.
“Non lo faresti mai.”, borbotta, lasciandole un bacio su una spalla che Giulia pare appezzare particolarmente.
La sente annuire al suo fianco, mentre le dita di lei gli spostano i capelli dietro ad un orecchio.
“Mi fai fare un altro tuffo?”, gli sussurra, facendolo voltare verso il suo viso e trovandoci i soliti due occhioni che conosce bene.
“Se ti dico di no scappi con i vestiti?”, le domanda con fare scherzoso.
“Eh, certo.”, se la ride lei.
“Dai.”, le dice con un sorriso, dandole la schiena, “Sali.”

finché tu sei quaWhere stories live. Discover now