compagna dei giorni miei

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A te che mi hai trovato all'angolo coi pugni chiusi
Con le mie spalle contro il muro pronto a difendermi
Con gli occhi bassi stavo in fila con i disillusi
Tu mi hai raccolto come un gatto e mi hai portato con te

A te che io ti ho visto piangere nella mia mano
Fragile che potevo ucciderti stringendoti un po'
E poi ti ho visto con la forza di un aeroplano
Prendere in mano la tua vita e trascinarla in salvo

A te che mi hai insegnato i sogni e l'arte dell'avventura
A te che credi nel coraggio e anche nella paura
A te che sei la miglior cosa che mi sia successa
A te che cambi tutti i giorni e resti sempre la stessa

Quella è impazzita, completamente fuori di testa.
Dieci gradi scarsi e sta arrivando da lui in pantaloncini.
Quattro ore di treno così, nel pieno di novembre. E si diverte pure a documentare la cosa inviandogli video su video delle sue gambe nude mentre se ne va su e giù per le carrozze, incapace di starsene ferma al suo posto.
Poi uno come fa ad arrabbiarsi? Non si può, è semplicemente impossibile.
E pensare che lui sta facendo fatica anche solo a tenere il telefono tra le mani, in questo momento. Sente le dita gelare, la pelle delle nocche creparsi a vista d'occhio, vittima dell'aria pungente di questa sera.
Le invia un ultimo messaggio in cui le indica il punto dove la sta aspettando, ormai il treno dovrebbe trovarsi a qualche minuto da qui, poi ripone il telefono nella tasca dei pantaloni, prima di sollevare la cerniera della giacca chiudendola per bene fino al collo.
Piega appena la testa per scrutare lungo il binario, seguendo il tratto delle rotaie fino a vederle sparire in lontananza, poi infila frettolosamente le mani nelle tasche della giacca e prende a camminare lungo la banchina, sperando di riscaldarsi quel che basta per resistere giusto un altro po'.
Per un attimo i pensieri di Sangio vanno al suo ragù, sperando che stia riposando indisturbato nella pentola in cui l'ha lasciato una ventina di minuti fa, a fuoco lento sul fornello. E' venuto particolarmente buono e ne è piuttosto fiero, soprattutto perché sa che qualcuno non ha avuto modo di cenare e le sue tagliatelle saranno la prima cosa consistente che metterà sotto i denti dopo ore.
Gli piace assicurarsi che ci sia qualcosa di buono che l'aspetti, dopo che non ha nemmeno fatto una capatina veloce a casa ma si è fiondata dagli studi in stazione appena ha finito con il lavoro. Rimane un mistero come non sembri mai stanca nonostante si svegli ben prima di lui e stacchi quando il cielo è buio già da un po', e da un certo punto di vista lo fa sorridere, la consapevolezza di essere la ragione dietro quel correre senza sosta, almeno finché non se lo ritrova lì davanti.
C'è qualcosa di inspiegabile, anche dopo tutti questi mesi, nel momento in cui si rivedono, anche dopo solo qualche giorno. Non smettono mai di esserci l'uno per l'altra, quando sono distanti, eppure la sensazione di aver messo la loro vita in comune in stand-by rimane nonostante si sentano praticamente a tutte le ore del giorno, e quel qualcosa si sblocca solo quando Giulia ricomincia a prenderlo in giro con quella vocetta squillante a qualche centimetro da lui, a ridere proprio sotto i suoi occhi per qualche cazzata che le dice.
Riprendono da dove hanno lasciato il weekend precedente, e ora come ora ci sono poche cose nella sua vita che Sangio sente naturali quanto andare a prendere Giulia in stazione con la certezza di avere un paio di giorni per strapazzarla un po'.
A passo lento raggiunge, come pattuito, il lampione accanto al cartello blu, e fermatosi lì si prende un momento per abbassare appena il cappellino che ha in testa, fin sopra gli occhi.
Fa veramente un freddo assurdo, è certo che lo sentirà addosso almeno finché non sarà raggomitolato a letto con la giusta compagnia a scaldarlo, ed è grato quando quella percezione polare è messa immediatamente da parte nel momento in cui la pavimentazione sotto i suoi piedi viene attraversata da quel tremore che ha imparato a conoscere bene.
Di colpo l'oscurità in cui è immerso il binario, se non per qualche lampione non particolarmente luminoso, viene spezzata dal rosso intenso dei fanali del treno, che in un attimo invade le rotaie proprio di fronte al suo sguardo, fermandosi con uno stridio leggero.
Sangio non può fare a meno di gettare un'occhiata ai finestrini dei vagoni, sperando di riconoscere oltre quelle vetrate la figura che sta aspettando, accompagnata come sempre da quello zaino più grande di lei.
Finisce per perdersi nell'osservare i passeggeri che attraversano la carrozza, uno ad uno, dirigendosi verso le uscite, e dopo un pugno di minuti trascorsi senza incappare in quella testolina familiare comincia a domandarsi dove sia finita.
Alza appena lo sguardo per controllare che il fascio di luce sotto il quale si è piazzato sia effettivamente quello di sempre, il loro punto di ritrovo, e una volta accertatosi che lo sia fa per liberare una mano dalla giacca per agguantare di nuovo il telefono e mandarle un messaggio, quando sente il suo cappellino sfilarsi di colpo e i capelli ricadergli disordinati sul viso.
Si volta con un presentimento vivido, che viene confermato quando ritrova davanti a sé due occhietti scuri e furbissimi che spuntano da sotto una mascherina rosa, calata solo una volta che, con tutta calma, Giulia sistema il cappello sulla sua testa.
“Avrei potuto spaventarmi tantissimo.”, mormora, abbassando a sua volta la mascherina per riservarle un sorriso che rivede subito specchiato sul viso di lei, “Guarda con che capelli mi hai lasciato.”, scherza, cercando invano di portarli indietro passandoci le dita, “Sono il caos oggi.”, borbotta, strappandole una risata.
“Sono carini.”, obietta lei, scompigliandoli appena con una mano prima di stringerlo in un abbraccio, che Sangio ricambia con tanta foga da farla ridere contro la sua spalla, “Come sei caldo, mamma mia.”, la sente mormorare, ricordandogli improvvisamente delle gambe di lei.
“Non sono io che sono caldo.”, ribatte, osservando il viso di lei rispuntare dal suo petto, “Sei tu che a novembre vai in giro così.”, le fa notare, indicando i pantaloncini che indossa e scuotendo appena la testa.
Giulia abbassa per un istante lo sguardo sulle sue stesse ginocchia, tornando a scrutarlo con un'espressione divertita.
“Ho dovuto correre tipo tantissimo per non perdere il treno.”, gli spiega, alzando leggermente le spalle prima di indicare il vagone ormai vuoto proprio di fronte a loro, “Poi lì sopra si stava bene pure così, eh!”, gli assicura, strappandogli un sorrisino.
“E qui sotto invece come si sta?”, le domanda con fare allusivo, mentre la osserva piegare appena la testa di lato.
“Eh, mi sa che fa un po' più freddino...”, mormora con una voce piccola che lo fa sorridere parecchio.
“Un po'?”, ripete lui, sollevando una mano di fronte al suo viso e avvicinando pollice e indice quanto basta per lasciare tra di loro uno spazietto minuscolo.
“Un po'.”, annuisce lei sicura, mentre le sue gambe prendono, senza che lei ne sia consapevole, a muoversi sul posto, “Non sono mica come te, io, che ti viene mal di pancia appena prendi un po' di freddo.”, ride, facendolo sospirare con falsa esasperazione.
“Arriva e mi fa spaventare, mi ruba il cappello e mi prende pure per il culo.”, mormora, vedendola ridere fragorosamente sotto il suo sguardo, “E soprattutto se ne sbatte di stare al caldo quando ci sono dieci gradi!”, aggiunge, prendendo il viso di lei tra le mani e affondando i polpastrelli in quelle guance definite, “Dai, andiamo a casa che non mi sento più le dita.”, la prega divertito.
“Ah! Vedi che sei tu ad avere freddo!”, lo addita, mentre Sangio lascia che una sua mano scivoli dal viso di Giulia fino a stringere le dita di lei, “Aspetta, aspetta.”, lo ferma prima che possa cominciare a muoversi lungo la banchina.
“Cosa c'è?”, le domanda confuso, scrutandola da capo a piedi come se potesse trovare su di lei la risposta a quello stop improvviso.
Giulia sfrutta la mano intrecciata a quella di lui per trascinarlo di nuovo di fronte a sé, mentre solleva quella che ha libera per passargli un dito ghiacciato lungo le labbra, che automaticamente si schiudono appena, come se quel tocco leggero bastasse per averlo alla sua mercé.
“Me lo dai un bacio?”, gli domanda, con la vocina che usa appositamente per questo tipo di domande.
Come se potesse mai dirle di no.
“Solo uno ne vuoi?”, si prende un momento per stuzzicarla, vedendola subito scuotere la testa, “Uno solo per tutto il fine settimana? Va bene, come vuoi tu.”, alza appena le spalle, fingendosi convinto, avvicinandosi giusto un po' prima che Giulia lo fermi con una mano su una guancia.
“Questo è solo il primo, oh.”, ci tiene a specificare, facendogli spuntare un sorriso sornione, “Per adesso me ne faccio bastare uno, però.”, gli dice, “Solo perché fa freddo qua.”
“Cos'è che fa?”, la punzecchia, portandola a sbuffare.
“Freddo. Si, hai ragione tu, fa freddo.”, gliela da vinta velocemente, “Sei contento adesso?”
Sangio annuisce beffardo, dandole la sua risposta facendo incontrare le loro labbra senza preavviso e strappandole un mugolio sorpreso, che si trasforma ben presto nel contraccambiare il ritmo placido con cui la sta baciando.
Giulia ne ha chiesto uno, ma chi è lui per non essere un tantino esoso dopo una settimana che non la vede? Se le loro labbra restano appicciate per qualche altro momento è solo colpa delle sue scarse conoscenze matematiche, tra uno e quindici, in fondo, non c'è tutta questa differenza. E poi lei non sembra particolarmente contrariata da questa minima reinterpretazione della sua richiesta, anzi, Sangio la percepisce piuttosto partecipe, almeno finché non sente le labbra contro le sue farsi all'insù e rompere quel bacio, il ventesimo o forse poco più.
“Cosa ridi?”, le chiede con un sorrisetto, seguendola quando comincia a camminare verso l'uscita del binario.
“Mi sa che erano un po' più di uno.”, sorride appena lei, facendo dondolare le loro mani intrecciate tra i loro corpi.
Sangio sospira divertito, passandosi una mano tra i capelli, che oggi proprio non sembrano aver intenzione di collaborare. Il cappellino salvava la situazione, ma forse vederlo sulla testa di Giulia gli da più soddisfazione. Almeno le sue orecchie staranno al caldo, cosa che non si può dire delle gambe laggiù, che per una volta gli fanno venire i brividi per motivi ben diversi dai soliti.
“Secondo te quanti ce ne siamo dati da quando ci conosciamo?”, gli domanda, facendolo concentrare di nuovo sul seguire il percorso della stazione fino a tornare al suo ingresso.
“Quanti cosa?”, cerca per un istante di recuperare il filo del discorso, prima di arrivarci da solo, “Baci?”
“Seh.”
“Non lo so, Giu.”, ride appena, “Mica li conto, sono concentrato su altro di solito.”, le dice, lanciandole un'occhiata che le fa storcere il naso, “Perché, tu li conti?”
“Ma ti pare, cretino!”, scoppia a ridere lei.
“E allora perché io dovrei saperlo, scusa?”, ribatte, strappandole un'altra risata.
“Ma mica devi essere sicuro del numero preciso.”, si ribella lei, “Era solo una domanda, oh...”
“Volevi una stima approssimativa?”, indaga divertito, sentendola sbuffare, prima di rifletterci seriamente, “Il numero non te lo so dire, secondo me però il picco è stato l'inverno scorso, quando vivevamo insieme.”
Giulia sembra pensarci su per un momento, silenziosa mentre osserva le loro scarpe attraversare il piazzale di fronte alla stazione.
“Io dico di no.”, se ne esce infine, passandosi per un istante la lingua tra le labbra, “Secondo me ultimamente siamo peggiorati.”, scoppia a ridere, trascinandolo con sé, “Perché siccome ci vediamo solo qualche giorno ogni tanto dobbiamo tipo recuperare.”
“Dici che abbondiamo per sopperire ai giorni lontani?”, abbozza lui, vedendola per un attimo confusa prima che annuisca con la testa.
“Sopperire, si.”, mormora appena tra sé e sé, “Quella cosa lì.”
Sangio la osserva per un momento divertito, scrutandola quanto basta perché Giulia sollevi lo sguardo da terra per riservargli un'occhiata curiosa.
“Che hai?”
“E' una constatazione, questa del sopperire, o è una proposta?”, le domanda furbo, facendola stringere nel bomber che indossa oggi, la bocca nascosta al livello della cerniera.
Gli dedica un ultimo sguardo prima di tornare a prestare attenzione al percorso, le guance vagamente più rosee di un attimo prima e gli occhi piccoli, stretti in due fessure.
“Guardala!”, esclama divertito, osservando il viso di lei contorcersi tutto, “Tutta imbarazzata anche dopo un anno che la bacio.”, la punzecchia, strappandole un lamento di dissenso quando si china appena per schioccarle un bacio su una guancia, “Eh, amore? Guarda queste guanciotte.”, le stringe appena una guancia tra le dita.
“La smetti?”, si ribella lei, facendolo scoppiare in una risata fragorosa, “Quanto sei cretino...”, borbotta sottovoce, aumentando il passo in una direzione che nemmeno sa essere quella giusta.
“Non è mica di là, la macchina.”, le fa notare, trattenendosi dal ridere e dirottandola nel senso opposto a quello in cui lei stava procedendo.
Resta in silenzio per un po', Giulia, lo segue quieta lungo il viale alberato che stanno percorrendo, poi Sangio la sente stringere appena la sua mano e portarsela alle labbra, lasciandoci un bacio a fior di pelle prima di farla ricadere tra di loro, ciondolante e intrecciata a quella di lei.
“Hai un sapore strano, comunque.”, gli fa sapere, lasciandolo per un attimo interdetto, “Sai di quella pianta che tagli a cubetti per fare il ragù, com'è che si chiama?”, si domanda tra sé e sé, “Sedano, si.”, conclude da sola quella sua riflessione, “Sai di sedano.”, ride, tornando a guardarlo, “Com'è successo?”
“Ho fatto il ragù.”, le dice semplicemente, mentre adocchia in lontananza l'auto di sua sorella, posteggiata nello stesso punto in cui l'ha lasciato non troppo tempo prima.
“Ma l'hai fatto o l'hai mangiato?”, scherza lei, strappandogli un sorrisetto.
“L'ho fatto e l'ho mangiato.”, le fa il verso, osservandola mentre se la ride, “Entrambe le cose, ed è pure venuto bene devo dire.”, gonfia appena il petto, dandole un ulteriore motivo per sghignazzare.
“Ma lo hai fatto per me?”, gli domanda, fissandolo con quegli occhioni che per poco non lo convincono a risponderle 'Certo, chiaro, assolutamente si'.
Peccato per lei che Sangio stia imparando a gestire quello sguardo di miele senza crollare in una frazione di secondo, e quindi si senta anche legittimato a bluffare un po', tenendola sulle spine quanto basta per non dargliela vinta troppo in fretta.
“No, l'ho fatto per tutti.”, le dice, impegnandosi in un'espressione quanto più seria mentre si approcciano pian piano all'auto.
“Strano.”, mormora Giulia con fare pensoso, “Di solito lo fai di domenica, quando lo fai.”, ragiona, voltandosi verso di lui ma trovandolo intento ad osservare di fronte a sé, “Oggi invece è sabato.”, gli fa notare, mettendolo alle strette senza però riuscire a scalfirlo.
“C'era mia sorella a cena.”, le fa sapere, una risposta assolutamente veritiera, “A lei piace il ragù.”, specifica, tornando a guardare Giulia e trovandola in piena modalità indagatoria.
“Le piace tanto?”
“Si.”
“Ma proprio il tuo, le piace?”
“Certo.”, le assicura, distogliendo lo sguardo dagli occhi di Giulia quando percepisce quella risposta forse un tantino meno veritiera sfuggirgli dalle labbra.
Sembra funzionare, però, perché la testolina al suo fianco, per quanto sia visibilmente poco convinta, lascia cadere quella questione.
“Quindi c'era Andrea?”, gli domanda con un sorriso accennato sulle labbra.
“C'è ancora.”, le fa sapere, sollevando le loro mani unite per indicare l'auto a qualche metro, “Ci porta lei a casa.”, mormora, vedendo quel sorriso farsi più ampio, “E non è sola.”, aggiunge, sentendo la mano di lei stringere la sua per qualche secondo, “Quando le ho lasciate lei dormiva, però.”, riflette, “Quindi facciamo piano.”
Giulia annuisce, mentre a passo svelto raggiungono la fiancata dell'auto, subito notati da sua sorella che li saluta con la mano da dietro il finestrino, i suoi occhi diretti al viso di Giulia che, al suo fianco, si è aperto in quell'espressione solare che ha sempre attorno a sua sorella.
Vanno d'accordo, si vogliono bene, crede se ne siano volute fin dall'inizio, quando ancora non si erano nemmeno incontrate di persona. Non che sia questa grande impresa, volere bene a Giulia, ma quei due sguardi che per lui hanno sempre avuto attenzioni amorevoli hanno un altro sapore quando si osservano con altrettanto affetto tra di loro.
Sangio apre la portiera con immensa cautela, lasciando che Giulia si tolga lo zaino e glielo passi prima di infilarsi nell'auto e mettersi comoda sui sedili posteriori.
La segue, richiudendo la portiera con altrettanta delicatezza, raggiungendola appena in tempo per partecipare a quel momento di contemplazione collettiva che la sua nipotina addormentata nel suo seggiolino provoca più o meno a chiunque.
Non si è risvegliata, mentre lui aspettava Giulia al binario, e anzi, sembra essere crollata in un sonno ancora più profondo nel suo giaciglio sul sedile accanto alla sua mamma.
“Fa le bolle pure mentre dorme, oh.”, constata Giulia, abbassando progressivamente la voce quando si rende conto di quanto alto sia il suo tono.
“Le fa sempre, lei.”, le sorride Andrea, sistemando appena la copertina chiara che copre la bambina.
“Hai visto le scarpine?”, le fa notare Sangio sottovoce, indicandole con una mano e ritrovandosi Giulia praticamente sulle gambe mentre cerca di superare l'ostacolo visivo che è la testiera del sedile, “Oggi stava quasi per camminare.”
“Esagerato.”, ride appena sua sorella, strappando una risata anche a Giulia, “Si è messa in piedi aggrappata al divano, lo fa spessissimo ultimamente.”, cerca di ridimensionare la cosa.
“Dici così solo perché non sei pronta a quando ti sgambetterà per casa distruggendo tutto.”, sghignazza Sangio, tornando ad ammirare il respiro bollicinoso di Virginia mentre Giulia se la ride al suo fianco.
“Forse non hai tutti i torti.”, riflette Andrea, allacciandosi la cintura e mettendo in moto l'auto, “Se ti assomiglia anche in quello siamo tutti fregati.”, sospira con una punta di esasperazione ad hoc che scatena l'ilarità nei sedili posteriori.
“Perché, distruggeva tutto lui?”, le domanda Giulia, mentre raccoglie le ginocchia sul sedile, rannicchiandosi contro la sua spalla in quella che Sangio recepisce come una richiesta sottile.
Una delle sue mani prende a passare leggera lungo le gambe di lei, completamente ghiacciate, convincendola ad allungarle sulle sue cosce nel tentativo di scaldarle con entrambi i palmi.
“Ti dico solo che quando ha cominciato a camminare abbiamo spostato tutte le cose importanti nei ripiani più alti.”, ride appena, mentre imboccano la strada verso casa, “Il suo peggio però lo dava con il tavolino del soggiorno.”, le racconta, mentre Sangio sente la pelle d'oca lungo le gambe di Giulia ammansuetirsi poco a poco sotto il suo tocco, “Abbiamo tolto qualsiasi cosa da lì, perché lui lanciava.”
“Lanciava?”, ripete Giulia divertita, accoccolandosi con la testa contro la sua spalla.
“Tutto quello che trovava.”, conferma Andrea, “E ti dirò di più.”, aggiunge, cercando lo sguardo di lui nello specchietto retrovisore, “Ha continuato per un bel po'.”, gli sorride.
“Adesso non lancio più nulla.”, si difende lui, sentendo Giulia soffocare una risata.
“Ogni tanto Marius lo lanci.”, gli ricorda sottovoce, strappandogli un sorriso.
“Non faccio quasi più nemmeno quello.”, mormora, facendola annuire appena contro il suo collo, “Vedete però.”, riflette, alzando appena la voce, “Se anche lei sarà una lanciatrice potrò insegnarle che è sbagliato, da bravo zio.”, sorride tra sé e sé, facendo ridere entrambe.
“Non sei mica male come zio a tempo pieno eh, questo te lo devo concedere.”, mormora Andrea da dietro il volante, mentre rallenta per fermarsi ad un semaforo rosso, “La fa giocare un sacco.”, fa sapere a Giulia, che dal canto suo non può che sghignazzare.
“Lo so, porella.”, mormora con una punta di compassione lei, strappando ad Andrea una risata che si deve impegnare a contenere per non svegliare la bambina, “E' un monello questo qua.”, borbotta, ottenendo una pacchetta su una coscia.
“Sarà anche così ma senza questo monello qua staresti congelando tu.”, le fa presente, guadagnandosi un bacino su una spalla, “Cioè, guardate che roba.”, ragiona per un momento, “Faccio il cantante, lo zio, il massaggiatore, il cuoco...”, comincia ad elencare con fare volutamente baldanzoso, prima che Giulia lo interrompa.
“Andrea, era buono il ragù?”, domanda a sua sorella, che in tutta risposta annuisce appena, attenta a prendere una svolta a destra appena il semaforo torna verde, “Ma buono buono?”, continua lei, e Sangio deve impegnarsi per non scoppiare a ridere, concentrandosi invece sullo scorrere delle sue mani lungo uno stinco.
“Era buono, si, come al solito più o meno.”, riflette Andrea, cercandoli di nuovo nello specchietto.
“Perché Sangio mi ha detto che ti piace proprio tanto...”, non demorde Giulia, guardandolo con la coda dell'occhio alla ricerca di qualsiasi segno di cedimento.
“Mah, si...”, comincia ad essere confusa sua sorella, “Proprio tanto forse no, però lo sa cucinare piuttosto bene.”, mormora con una punta di perplessità, “Come mai questi dubbi sul ragù? Hai cambiato ricetta?”, gli domanda, facendogli scuotere la testa divertito mentre percepisce Giulia trionfare interiormente.
Quando raggiungono il vialetto di casa, lasciando che Andrea posteggi per un momento appena oltre il cancello, Sangio attende pazientemente che Giulia concluda la spiegazione dettagliata di non si sa bene cosa che ha cominciato in seguito ad una domanda di sua sorella.
La cosa le ha trascinate in un botta a risposta talmente fitto da lasciarlo piuttosto confuso, portandolo a rifugiarsi nell'osservare il paesaggio fuori dal finestrino.
Il cielo è visibilmente plumbeo anche nell'oscurità di questa tarda serata, ha idea che da un momento all'altro potrebbe scatenarsi un temporale, o quantomeno una pioggerella novembrina di quelle non particolarmente irruenti.
Spera vivamente che la cosa non succeda prima che anche Andrea rincasi, o sarebbe un casino trasportare il seggiolino con la bambina addormentata sotto il diluvio.
“Sicura che non è stato un problema venirmi a prendere?”, sente Giulia domandare a suo sorella.
A quanto pare sono passate al momento dei saluti senza che lui abbia avuto modo di rendersene conto.
“Avrei comunque dovuto rimettermi in macchina per tornare a casa, stai tranquilla.”, la rassicura, mentre Sangio sente le gambe di Giulia scivolare dalle sue cosce perché lei torni a poggiare i piedi sui tappetini dell'auto, “E poi fare un giretto in macchina la sera la fa addormentare in un attimo.”, aggiunge, sfoderando un sorrisino nella direzione della piccola, che Sangio condivide immediatamente.
“Allora va bene...”, conclude Giulia con quella sua vocetta che farà sempre un po' fatica ad accettare che le vengano fatti dei favori così spontaneamente, “Grazie mille ancora.”, le ripete, facendo annuire divertita Andrea, “E dormite bene.”, aggiunge, sporgendosi oltre il sedile per gettare un'occhiata a Virginia, come Sangio sta già facendo da un po'.
Segue Giulia con i ringraziamenti, lasciando un bacio volante a sua sorella prima di uscire dalla portiera al seguito della sua fidanzata, prendendosi un momento per mandare un bacetto attraverso il finestrino anche alla piccolina.
Quando si volta verso Giulia, impegnata ad osservare silenziosamente quei saluti, la trova con un sorrisetto furbo sulle labbra che non tarda a tramutarsi in un'esclamazione gongolante.
“Mi hai fatto il ragù!”, lo approccia di nuovo, affiancandolo mentre si dirigono verso la porta di casa e avvinghiandosi ad un suo braccio per accoccolarsi contro la sua spalla.
“Non so, sai? Secondo me ti sbagli.”, le dice lui, ostentando una serietà che regge per qualche secondo, prima che la segua appena lei scoppia in una risata cristallina.
“Dai, cretino!”, brontola divertita, sollevando appena lo sguardo per lanciargli un'occhiata implorante che lo convince subito ad annuire, “Che carino che sei.”, la sente mormorare contro il suo braccio, e la cosa non può che farlo sorridere mentre cerca sbadatamente le chiavi di casa nelle tasche della giacca.
“Non ho nemmeno messo la cipolla.”, le fa sapere, mentre Giulia lo osserva curiosa nella sua ricerca, “Ho privato un'intera famiglia del soffritto più buono del Veneto solo perché a te non piace la cipolla.”, le sorride sornione, vedendola scuotere la testa divertita quando finalmente le sue mani agguantano le chiavi.
Fa per infilare la chiave del portone nella toppa, ma nota lo sguardo di Giulia farsi particolarmente attento al suo viso, e non può che domandarle “Che succede?”, al che ottiene in risposta un attacco di bacetti più o meno calcolati su una guancia.
Sono chiassosi, gelidi e lo colgono di sorpresa, forse la combinazione per i baci migliori che lui possa chiedere in una tarda serata autunnale, e quando Giulia decide che ha fatto abbastanza e torna a guardarlo con fare vittorioso, deve ammettere che un po' gli mancano, queste imboscate affettuose quando meno se lo aspetta lungo l'arco della giornata.
“Lo farò più spesso, il ragù.”, borbotta, facendola ridere mentre finalmente varcano l'ingresso di casa.
“Mamma mia, qui si che fa caldino.”, esclama subito lei appena muovono qualche passo verso il salotto, richiudendosi la porta alle spalle.
“Io mi metterei in ogni caso qualcosa di più caldo, se fossi in te.”, le dice lui, adocchiando per un istante le gambe che si è preoccupato di tenere al caldo per tutto il tragitto in auto.
Giulia annuisce vigorosamente, saltellando fino al divano con un intento di cui Sangio è già al corrente ben prima che lei glielo comunichi.
“Ora mi cambio, prima però saluto il Pier!”, esclama, facendo il giro attorno al divano per andare ad occupare il cuscino accanto al quale suo padre è spaparanzato.
Sangio sorride tra sé e sé, liberandosi della giacca per lasciarla sull'appendiabiti all'ingresso, prima di girare l'angolo e dirigersi in cucina, trovando la figura di sua madre che gli da le spalle, indaffarata di fronte ai fornelli.
I fornelli dove ha lasciato il suo ragù, riflette per un istante, affiancandola di fronte al pentolame che riposa sopra il fuoco.
“Come sta il mio ragù?”, le domanda di colpo, spuntandole alle spalle e facendola trasalire.
Lo guarda con un pizzico di esasperazione che si trasforma in un mezzo sorriso quando gli indica la pentola con il prezioso contenuto.
“Sta bene.”, lo rassicura, strappandogli un sorrisino, “Ma solo perché c'ero qui io.”, continua, e quella labbra all'insù crollano immediatamente, “Non si lascia il ragù non vigilato per tre quarti d'ora.”, gli fa presente, girando appena il cucchiaio nel condimento, “Soprattutto se lo stai solo tenendo in caldo. Basta tenerlo a fuoco lento, in quel caso.”
“Infatti l'ho tenuto a fuoco lento.”, ribatte lui, chinandosi appena per constatare che la fiamma bluastra del fornello è bassa e lambisce appena il fondo della pentola, “Guarda.”, le fa notare, indicando il fuoco.
“E' così perché l'ho abbassato io.”, sorride tra sé e sé sua madre, passandogli il cucchiaio e strofinandosi le mani divertita, “Lo avevi lasciato così.”, gli dice, girando per un istante la manopola del fornello finché la fiamma non si fa alta al punto che Sangio sente il calore sul suo viso, “Sei scappato talmente in fretta fuori dalla porta che non ti sarai nemmeno accorto.”, se la ride lei.
Sangio osserva per un momento il ribollire placido del suo ragù, poi alza appena le spalle, voltandosi di nuovo verso sua madre per lasciarle un bacio su una guancia.
“Grazie.”, mormora, guadagnandosi una carezza tra i capelli.
“Dove l'hai lasciata?”, si domanda Lidia, “Vi ho sentiti entrare ma qui vedo solo te.”, riflette, voltandosi nella direzione del salotto quando Sangio le indica il divano, rendendosi conto, solo quando i suoi occhi tornano a scrutare quei cuscini color crema, che Giulia si è volatilizzata e non si trova più lì.
“E' veloce, eh?”, mormora divertita sua madre, lasciando il suo fianco per dirigersi a sua volta verso il salotto, proprio nel momento in cui Giulia si lancia con una certa velocità giù dalle scale, finendo per incontrarla a metà strada.
“Ciao Lidia!”, la saluta, mentre Sangio dal canto suo si lascia sfuggire un sorrisino, tornando ad impegnarsi con le sue tagliatelle.
Guarda che roba, oh. Pazzesche.
“E' andata bene oggi, agli studi?”, le domanda sua madre dopo aver ricambiato quel saluto.
“Urca si, benissimo.”, ride, e Sangio scuote appena la testa, sollevando un braccio per afferrare un piatto dal mobile appena sopra il lavandino, “Stiamo preparando una cosa tanto carina per l'ultima puntata prima delle vacanze.”
“In questa casa le guardiamo solo per te, le puntate, lo sai. Sei proprio bella da vedere, eh.”
Brava mamma, brava. Così si fa.
Sangio si aspetta una risata imbarazzata, e infatti, eccola. Risuona contro il soffitto della cucina, squillante come sempre e forse persino un po' di più.
Ci crederai mai ai complimenti, Giulietta?
Lui ci spera, anzi, lui ci crede, sempre e comunque, anche ora mentre impiatta una quantità di tagliatelle che è ben consapevole Giulia non riuscirai mai a finire da sola. Per quello c'è lui, però, è qui apposta. In fondo la tratta da casa alla stazione ha accesso in lui un certo languore, cosa saranno mai due forchettate di tagliatelle anche se ha già abbondantemente cenato?
La sente ringraziare con la vocina, che questa volta non è solo quella di chi non sa accettare i complimenti, ma anche quella di chi freme per qualcosa. Per il ragù, o per lui, forse. Più probabile che sia la seconda, per sua grande gioia.
“Hai finito tanto tardi?”, continua sua madre con quel suo tono quieto.
“In realtà un pochino più tardi del solito, infatti stavo per perdere il treno.”, ride di nuovo, e Sangio se la immagina per un istante mentre, nonostante la possibilità di rimanere a piedi nel bel mezzo della stazione della Tiburtina, decide comunque di salutare chiunque agli studi, augurare loro un buon weekend, premurarsi che i saluti arrivino anche ai figli, ai nipoti, a tutti, “Avevo un po' di ansietta di finire oggi, eh. Non ce l'ho quasi mai perché comunque mi piace tanto, ma oggi a un certo punto mi sono chiesta 'Manca ancora tanto?', e cavolo si, mancava ancora tanto.”
Giulia riesce nella non troppo semplice impresa di strappare delle risate sincere anche a sua madre, nota per il proverbiale equilibrio che riesce a mantenere in ogni situazione, e questa realizzazione lo compiace non poco.
Ridono, ridono entrambe, e quando si volta per poggiare sul tavolo la sua creazione degna di qualche ristorante stellato non può che guardarle assorto per un momento.
“Dai, mangia.”, le dice sua madre con un sorriso, indicando il piatto di pasta, “Avrai fame, no?”
“Un sacco.”, le risponde Giulia, passando da una mano all'altra un involucro cilindrico che Sangio nota soltanto ora.
Dev'essere un qualche oggetto misterioso, avvolto in una carta rosa e adornato da un fiocchetto dello stesso colore. Ha il sospetto che sia per lui, ma non ha intenzione di avanzare apertamente ipotesi almeno finché non sarà lei a richiederlo.
Osserva sua madre allontanarsi, e Giulia liberare tutta l'energia che ha represso durante quel breve scambio, muovendosi nella sua direzione con una paio di saltelli che è convinto potrebbero farle raggiungere il soffitto se s'impegnasse giusto un poco di più.
La scruta con disinvoltura, senza dare peso al pacchetto nelle sue mani, ma concentrandosi su tutt'altro, nello specifico sul cambio d'abito che è avvenuto mentre lui rimpiangeva le sue scelte erronee riguardo il fuoco lento del ragù.
“Chi è il tuo stylist, oh?”, le domanda divertito, indicando i risvolti grossolani con cui Giulia ha sistemato i suoi pantaloni all'altezza delle caviglie.
“Eh, non lo so.”, fa la vaga per un momento, poggiando l'involucro sul tavolo mentre Sangio rovista in un cassetto alla ricerca di una forchetta, “Mi sa quello che dorme nella cameretta di sopra, però.”, scherza, strappandogli un sorriso, “C'ha delle spalle larghe, vedi?”, gli dice, sventolando le braccia a lati del suo corpo per dimostrargli quanto la felpa che indossa le stia enorme.
“E anche delle gambe lunghe, sembrerebbe.”, continua Sangio, adocchiando i pantaloni della tuta con cui si è svegliato quella mattina e che ora invece tengono al caldo quelle gambette temerarie che hanno sfidato il gelo.
“Secondo me è carino.”, mormora Giulia, mentre svelta si accomoda sulla sedia di fronte al piatto di tagliatelle, in un attimo raggiunto da una forchetta e da un bicchiere.
“Dici?”, le da corda lui, riempiendo una brocca d'acqua fredda al lavandino, “E cosa te lo fa pensare?”, le domanda divertito, posando la caraffa sul tavolo e prendendo posto sulla sedia accanto a quella di lei.
“Non lo so.”, finge di riflettere lei, afferrando la forchetta e cominciando ad arrotolarci attorno le tagliatelle, “Anche il mio fidanzato è alto con le spalle larghe, forse è per quello.”, conclude, prendendo un boccone di pasta e concedendogli un pollice in su. Ragù approvato.
“Io lo conosco il tipo che dorme nella stanza di sopra, sai?”, le dice con un sorrisetto, osservandola mentre passa subito ad una seconda forchettata.
“Ah si?”
“Si.”, mormora, raccogliendo le braccia a mo' di cuscino sul tavolo e poggiandocisi sopra con una guancia, “Se vuoi un giorno te lo presento, sa fare un ragù fantastico, sai?”
“Più buono di questo?”, gli chiede Giulia passandosi la lingua sulle labbra.
“Non credo.”, riflette Sangio per un istante, vedendola trattenere un sorriso, “Questo è il ragù dei ragù, difficile batterlo.”
“Allora il tipo della stanza non mi interessa.”, conclude lei, strappandogli una risata che la trascina con lui.
“Dio mio, quanto sei drastica.”
“Non è colpa mia se sono fidanzata con il re del ragù, eh.”, gli dice serissima, “Ho degli standard alti su questo.”
“Solo su quello?”, le domanda curioso, portandola ad arricciare appena il naso.
“Anche su altre cose.”, gli concede, facendolo sghignazzare, “Ma in questo momento questa è la cosa più importante.”, ci tiene a ribadire, tornando a portarsi la forchetta alle labbra, “E' proprio buono, oh. Bravo, Santiago.”, si congratula, passandogli una mano tra i capelli.
“Mi piace viziarti.”, le fa sapere con fare altezzoso, guadagnandosi una seconda carezza sulla testa, prima che quella mano delicata scivoli fino a una sua guancia.
“Che carino, oh.”, esclama Giulia, posando per un momento la forchetta sul bordo del piatto e prendendogli il viso con entrambe le mani, costringendolo a sollevarsi dal cantuccio che si è creato.
“Cosa?”, le domanda confuso.
“La luce qua sopra ti fa sembrare la barba dorata.”, ride lei, portandolo a reclinare leggermente la testa indietro.
“Domani mattina dovrò farla, mi sa.”, riflette lui quando Giulia decide che può tornare a rannicchiarsi sul tavolo, “Se la vedi così tanto vuol dire che è ora di farla.”
“Sembri più grande così.”, gli dice lei sbadatamente, impegnata in un boccone di tagliatelle, attirando la sua attenzione molto più di quanto stesse facendo un attimo prima.
“Ed è meglio?”
“Non ho detto che è meglio.”, si spiega Giulia, versandosi dell'acqua nel bicchiere, “Dico solo che sembri più grande.”
Sangio corruga appena la fronte, questa cosa del constatare senza dargli ulteriori input lo manderà sempre un po' in crisi.
“Ok...”, mormora riflessivo, “Ma ti piace o non ti piace?”
Giulia lo guarda per un istante confusa, posando il bicchiere sul tavolo prima di lasciarsi sfuggire un sorrisino.
“A me piaci sempre, cretino, che domande fai?”, ride, facendogli socchiudere appena gli occhi, divertito, “Mi piaci soprattutto quando sei così rilassato.”, mormora, “Vedi perché è meglio che stai qui?”, gli fa notare, “Ti riposi, fai lo zio, fai il ragù...”, ride di nuovo, trascinandolo con sé, “Altro che Milano.”, conclude, arrotolando un'altra porzione di tagliatelle.
Sangio le concede qualche attimo di tregua, prima di porle la domanda che sa per certo scatenare il panico.
“Quindi posso anche rasarmi a zero?”
“No!”, gli risponde subito Giulia, brandendo pericolosamente la forchetta nella sua direzione, “Quello no.”
“Perché quello no?”, le domanda divertito sotto quello sguardo fulminante.
“Perché poi non posso più fare questo.”, gli spiega nel modo più convincente possibile, mettendo nuovamente in pausa la sua cena per passargli le dita tra i capelli, dalla nuca fino a dietro le orecchie e poi ancora più su, “Sarebbe un peccato, no?”, gli fa notare, “A te non dispiacerebbe?”, gli domanda, affondando giusto un po' di più quei polpastrelli tra le sue ciocche e portando le sue spalle a rilassarsi immediatamente.
“Si.”, mormora lui, il viso nascosto tra le maniche della sua felpa, “Forse è meglio così.”, le concede, vedendola sorridere furba e ritrarre quella mano sottile, di nuova pronta ad inforcare altra pasta.
“Io non ce la faccio mica a mangiarla tutta questa, però.”, si rende conto scrutando il suo piatto, prima di tornare a guardarlo negli occhi, “Mi aiuti?”, lo prega, facendogli spuntare un sorrisetto compiaciuto.
“Ti aiuto solo se mi dici cosa è quello.”, coglie l'occasione al balzo, indicando il pacchetto rosa proprio accanto alla caraffa d'acqua.
La sua indole curiosa ha resistito fino ad ora, ma a quanto pare ignorare la presenza dell'involucro misterioso non è più un'opzione contemplabile.
Giulia getta un'occhiata al pacchetto, allungandosi appena per prenderlo tra le mani e farlo scivolare lungo il piano del tavolo fino alle braccia incrociate di Sangio.
“E' un regalo.”, gli dice semplicemente, dandogli sempre informazioni con il contagocce, “Ora prenditi una forchetta e aiutami.”, lo sprona, avendo rispettato il loro patto.
“Tutto qua?”, le domanda vagamente deluso, mentre si alza giusto un attimo per recuperare una forchetta anche per sé.
“Tu mi hai chiesto di dirti cos'è e io te l'ho detto, no?”, gli fa presente con un'espressione saccente che gli fa scuotere la testa.
“Sei furba tu.”, brontola, affondando la forchetta nel suo piatto e ruotandola per raccogliere le tagliatelle.
Se le porta alla bocca con uno sguardo indignato che evidentemente arriva forte e chiaro a Giulia, facendola scoppiare a ridere.
“E' per te.”, aggiunge, mossa da compassione.
Sangio squadra il pacchetto mentre è impegnato ad assaporare il frutto delle sue doti culinarie, e quel rimuginare lo porta ad un'altra domanda.
“E come mai?”
Come mai cosa?”
“Come mai mi hai fatto un regalo?”, si spiega meglio, vedendola lanciargli un'occhiata indecifrabile.
“Non posso farti un regalo solo perché mi va?”, gli domanda stizzita, “Tu me li fai sempre.”, gli fa notare.
Non me la racconti giusta, non fai mai le cose per caso, tu.
“Va bene, scusa.”, ride appena, alzando le mani a mezz'aria in segno di resa, prima di tornare a racimolare quanto resta della pasta con la sua forchetta.
“Lasciamene un po', di quella.”, la sente mormorare indicando il piatto, mentre si porta una ciocca di capelli dietro un orecchio.
“La carne?”
“Seh.”
“Stai mangiando solo quella ormai.”, se la ride, facendole storcere il naso.
“Si vede che qualcuno l'ha cucinata bene, che devo dirti.”, borbotta lei, gettandogli uno sguardo divertito, prima di allungare nuovamente una mano verso il pacchetto e spostarlo ancora di più verso di lui, “Lo vuoi aprire?”, lo incita, facendolo subito annuire.
“E' fragile?”, le domanda, prendendolo tra le mani senza sollevarlo dal tavolo. Pesantuccio.
“Perché, vuoi lanciarlo?”, lo prende in giro, facendolo sospirare esasperato.
“No, sono solo curioso...”, borbotta, ruotando quella misteriosa forma cilindrica tra le mani, alla ricerca di un punto in cui poter cominciare a liberare il regalo dalla carta.
“Se lo apri scopri tutto, no?”, gli fa notare Giulia, posando la forchetta nel piatto ormai vuoto, prima di versarsi un altro bicchiere ricolmo d'acqua.
Sangio si premura di disfare il pacchetto con cura, cominciando con il togliere il fiocco fucsia che Giulia ha incollato proprio sulla cima, posandolo sul tavolo prima di passare al rivestimento di carta.
“Ma l'hai impacchettato in treno?”, le domanda divertito, quando si rende conto delle strisce di nastro adesivo sistemate in modo rocambolesco per tenere i lembi di carta ben chiusi.
“No, cretino.”, si ribella lei, raccogliendo il fiocchetto e appiccicandoglielo in fronte in protesta, strappandogli così un “Ahia!” falsissimo, “L'ho fatto a casa in settimana, ma è difficile impacchettare una cosa di questa forma. Vorrei vedere te.”, lo sfida, scoppiando a ridere quando Sangio scuote appena la testa nel tentativo di liberarsi dal fiocco, fallendo miseramente, “Però del fiocchetto non ti puoi lamentare, non si scolla proprio, oh.”
“Mi dona, almeno?”, le domanda, accettando senza ulteriori proteste quella decorazione non richiesta.
“Saresti un bel regalo, si.”, scherza lei, “Dai però, aprilo che sono curiosa.”
“Ma se sai già che cos'è, tu!”
“Ma sono curiosa di vedere che faccia fai tu, cretino!”, ribatte, facendolo concentrare ancora di più sul liberarsi della carta in eccesso.
Riesce finalmente in quell'intento giusto un attimo dopo, ritrovandosi tra le mani un vasetto in vetro che non è troppo in grado di collocare in nessuna categoria di regali che Giulia gli farebbe.
“E' al contrario.”, scoppia a ridere lei di fronte alla sua espressione perplessa, “Giralo!”, lo sprona, convincendolo a girare quel vaso così particolare tra le mani, ritrovando davanti a sé una candela dalla cera color panna.
“Una candela.”, mormora, scrutandola più da vicino e sollevando la sommità dello stoppino in modo che stia ben dritto.
“Non è una candela normale.”, gli fa sapere Giulia, “Prova ad annusarla.”, lo invita, e Sangio solleva il vasetto all'altezza del viso, avvicinando la punta del naso a quella cera chiara, “Di cosa sa?”, lo mette alla prova lei, incrociando il suo sguardo quando Sangio le getta un'occhiata riflessiva.
Si è fatto un'idea, in questa manciata di secondi, ma è impossibile, dai. Non ha mai sentito parlare di una cosa del genere. Eppure, anche impegnandosi un po' di più, l'unica risposta che gli viene in mente è quella.
“Di te?”, tenta, ponendo la sua risposta come un quesito e facendola scoppiare in una risata fragorosa.
Nonostante quell'ilarità le guance di lei si colorano di una tinta rosea che non passa inosservata, e una parte di lui è ben felice di riuscire a farla imbarazzare per così poco.
“Quasi.”, gli dice quando riesce a riprendersi, facendolo annuire tra sé e sé e tornare col naso contro la cera.
Giulia deve ringraziare che non è ancora stagione di raffreddori, almeno per lui, o potrebbero benissimo stare qui fino a sabato prossimo senza trovare una risposta che la soddisfi.
Quasi, ha detto, ma che significa quasi?
Sangio chiude gli occhi, concentrando tutto sé stesso nel cercare di ricordare dove ha già sentito quella fragranza. C'entra Giulia, questo è poco ma sicuro, ma no, non è il suo odore. E' il profumo di qualcosa che la riguarda.
Dietro le sue palpebre chiuse appare un'immagine di Giulia in punta di piedi mentre rovista nell'armadio della sua cameretta, poi un'altra di lei accoccolata sulle lenzuola dai colori vivaci del suo letto, mentre gli racconta qualcosa con lo sguardo perso verso il soffitto, poi ancora lei seduta alla sua scrivania, intenta a disegnare chissà cosa su uno dei suoi tanti quaderni per poi mostrarglielo.
Lei c'è sempre, ma il profumo non è il suo. E' il profumo della sua stanza, realizza Sangio, tornando ad aprire gli occhi per guardarla trionfante.
“E' camera tua.”, mormora, vedendola subito annuire compiaciuta, “Com'è possibile?”, si domanda, strappandole una risata.
Com'è possibile cosa?”
“Che una candela profumi come camera tua.”, si spiega meglio, facendola sorridere divertita.
“Forse è possibile perché è camera mia che profuma come la candela?”, gli offre come possibile soluzione, “Ce l'ho uguale anch'io, non ti sei mai accorto?”
Sangio prova a rifletterci per qualche istante, poi scuote la testa risoluto.
“Ci sono cose più interessanti su cui concentrarmi, quando vengo da te.”, le dice con un sorrisetto sornione dei suoi, vedendolo riflettersi anche sul viso di lei, “Tipo Gaston.”, aggiunge all'ultimo momento, facendola scoppiare a ridere dall'esasperazione, “Su, dillo.”, ride anche lui, “Sto aspettando il 'cretino!', so che sta per arrivare.”
“Non serve che ti dica che sei cretino, amo'.”, se la ride lei, “Hai un fiocco appiccicato in fronte, direi che basta, no?”, lo prende in giro, finendo per farlo annuire rassegnato, mentre i suoi occhi tornano a scrutare l'oggetto che ha tra le mani.
“Quindi mi hai regalato una candela che ha il profumo della tua stanza...”, riflette, sollevando lo sguardo per vederla annuire appena.
“L'altro giorno stavo pensando che rubo tutti i tuoi vestiti.”, ride, poggiando i gomiti sul tavolo per sorreggere il viso sui palmi delle mani, “Ne ho proprio tanti a casa, sai?”, gli fa sapere divertita.
“Eh, mi sono accorto.”, la interrompe per un istante, strappandole una risata.
“E mentre ero in cameretta e stavo piegando un po' delle tue cose, pensavo che mi aiutano tanto perché sanno di te.”, continua lei, “E' proprio un profumo che mi fa stare bene appena lo sento.”, mormora, abbassando appena lo sguardo, “Quindi ho pensato che magari una cosa così sarebbe potuta piacere anche a te.”, torna a cercare i suoi occhi, “E mi sono ricordata che ogni tanto mi dici che nella mia cameretta c'è un profumo tanto dolce, allora ho pensato subito a questa candela qua.”, conclude con un sorrisetto quasi timido che Sangio non può che specchiare.
I suoi occhi tornano per un momento sulla cera chiara della candela. Con questa piccola spiegazione ha assunto un significato che per certi versi gli fa bruciare la gola, mentre per altri lo spinge ad allungare le braccia quanto basta per acchiapparla e stringerla in un abbraccio nel quale Giulia affonda senza indugio, passandogli le mani lungo la schiena in quel modo tutto suo, a piccole tappe finché non raggiunge le sue scapole.
“Grazie.”, le sussurra, sentendola sospirare contro la sua spalla, “E' proprio una bella idea.”, ci tiene a farle sapere, prima di lasciarle un bacio tra i capelli.
Giulia ride appena in quell'abbraccio, poi il viso di lei rispunta di fronte al suo con un sorrisetto assorto sulle labbra, e Sangio trova impossibile non prendere quelle guance tra le mani per lasciarle un paio di baci proprio lì, chiassosi quanto basta per farle stringere gli occhi mentre le sfugge una risata.
“Dai!”, si lamenta, allontanandolo dal suo viso con una smorfia divertita, prima di tornare a guardarlo con la stessa espressione di un attimo fa, “Ti piace quindi?”, gli domanda, facendogli scuotere la testa di fronte a quella domanda la cui risposta è più che ovvia.
“Certo che mi piace, Giu.”, le dice, tornando a prendere la candela tra le mani per portarsela appena sotto il viso, “Come potrebbe non piacermi se questo profumo qua...”, ispira appena, mentre nella sua mente si rincorrono immagini su immagini di Giulia tra quelle quattro pareti rosa, “...mi ricorda tantissimo questo qua?”, conclude, chinandosi per poggiare la testa su una spalla di lei, scorrendo con la punta del naso lungo il suo collo.
La fa ridere, di nuovo, sente quella risata leggermente imbarazzata scatenarsi in una serie di vibrazione che partono dal collo di lei fino a sfuggire alle sue labbra, mentre le solite dita sottili prendono a passare tra i suoi capelli, tenendoselo stretto per un altro po'.
“Andiamo a letto?”, gli domanda Giulia dopo un momento, facendogli riaprire gli occhi che si era concesso di chiudere per qualche attimo.
“Beh, se me lo chiedi così...”, scherza, riemergendo dalla spalla di lei giusto in tempo per beccarsi un'occhiataccia non troppo elaborata, visto che lo sguardo di Giulia si sposta rapidamente sul tavolo a cui sono ancora seduti.
“Però aspetta.”, lo ferma prima che possa rimettersi in piedi, “Prima dobbiamo lavare.”, gli fa notare, facendolo sbuffare immediatamente.
“Non lo possiamo fare domani mattina?”, le propone speranzoso, “Sono due cose.”, sottolinea, indicando il piatto e il bicchiere che giacciono soli sulla tavola.
“Proprio perché sono solo due cose io dico che possiamo farlo adesso.”, ribatte lei incalzante, alzandosi dalla sua sedia per rassettare le stoviglie in un attimo e portarle fino al lavandino.
Sangio la raggiunge in un secondo, ben consapevole che non l'avrà mai vinta, ma voglioso di giocare giusto un po'.
“Non sei troppo stanca dopo una settimana di lavoro?”, le domanda, sistemandosi al suo fianco e strappandole un sorrisino.
“Troppo stanca per cosa?”, gli chiede lei, aprendo il rubinetto.
“Per lavare i piatti.”, le risponde banalmente, “Mi hai appena chiesto di andare a letto, avrai sonno, no?”, la osserva con un'espressione quanto più ingenua.
“Non ti ho chiesto di andare a letto perché ho sonno.”, mormora lei sottovoce, “E lo sai.”, lo stana immediatamente, strappandogli un sorrisino, “E poi i piatti li lavi tu, io asciugo, bello!”, ride, facendogli spazio di fronte al lavandino mentre agguanta l'asciugamani ben piegato sul ripiano della cucina.
“Guarda te, oh...”, borbotta lui, certo di scatenare una risata che, prontamente, arriva, mentre senza ulteriori divagazioni afferra la spugnetta, imbevendola di sapone e passandola rapidamente sulle stoviglie, “Va bene così?”, le domanda con tono canzonatorio, facendola annuire compiaciuta, prima che gli occhi di lei salgano fino alla sua fronte, cosa che evidentemente Giulia trova parecchio ilare.
“Cosa ridi, oh?”, si lamenta, incapace di non lasciarsi sfuggire un sorriso quando la vede contorcersi sotto il suo sguardo.
“Non l'avevo mai visto uno che lava i piatti con un fiocco in fronte.”, ride di nuovo, facendolo sospirare allibito, “Sembri davvero uno scemo.”, ci tiene a fargli sapere, facendo per sollevare una mano con l'intenzione di liberarlo da quell'ornamento, fermata però dalle dita insaponate di lui che la bloccano.
“Eh no, ora me lo tengo.”, si oppone lui, vedendola schiudere le labbra di fronte a quell'affronto, “Sarai destinata ad avere per sempre un fidanzato scemo col fiocco in testa.”, le dice risoluto, mentre la osserva con la coda dell'occhio accettare quell'opzione senza proteste.
“Se è per sempre a me va bene.”, gli dice semplicemente, prima di scoppiare in una delle sue risate quando lo vede scuotere la testa.
“Dai, asciuga.”, la sprona divertito, posando una alla volta le stoviglie appena lavate accanto al lavandino, “Mi è rimasto un freddo addosso, non vedo l'ora di mettermi al caldo.”, sospira, togliendosi finalmente il fiocchetto dalla fronte e approfittando di Giulia che gli da le spalle per appiccicarlo spontaneamente sul suo fondoschiena.
“Porca miseria, quanto sei cretino.”, prova a sbottare lei, finendo inesorabilmente per ridere quando lo sente sghignazzare mentre fugge dall'altro lato della cucina, lontano dall'imminente vendetta che lo aspetta.
Giulia non tarda a recuperare il fiocchetto per tirarglielo contro, ma i riflessi di lui sono abbastanza pronti per prenderlo al volo, posandolo sul tavolo in un silenzioso atto di tregua.
“Oh, Giulietta!”, la richiama, lo sguardo di lei minaccioso assolutamente per finta, “Non avevamo detto che avremmo smesso di lanciare?”, le ricorda divertito, tornando al suo fianco mentre lei posa l'asciugamani al suo posto, le stoviglie finalmente asciutte sul ripiano della cucina.
Tu hai smesso di lanciare.”, gli fa presente, “Io forse ho appena cominciato.”, ride appena, storcendo il naso quando Sangio le fa il verso.
“Andiamo su?”, la prega lui questa volta, sperando di essere tanto convincente quanto lo è stata lei qualche minuto prima.
Cerca sbadatamente la sua mano, ottenendo una stretta immediata che però si allenta appena quando la vede voltarsi di nuovo verso il lavandino.
“E non li mettiamo via?”, gli domanda dubbiosa, indicando le stoviglie alle sue spalle.
“L'importante è che siano puliti.”
“Ma già che li abbiamo lavati potremmo pure metterli via, no?”
“Lo facciamo domani.”, le assicura, intrappolandola in un abbraccio ciondolante che li porta entrambi lontani dal lavandino, mentre fanno il giro attorno al tavolo della cucina.
Giulia ride esasperata, almeno finché lui non sprofonda di nuovo col viso contro il collo di lei. A quel punto quelle risate prendono un'altra direzione, soprattutto quando le labbra di Sangio cercano un punto appena sotto il suo orecchio che sa benissimo essere molto molto funzionale al convincimento.
“Domani, eh?”, ribadisce lei, facendolo annuire, “Domani mettiamo tutto a posto.”, mormora con una convinzione tale da costringerlo a trattenere le risate.
Sulla strada fuori dalla cucina Sangio si premura di allungare una mano verso il tavolo per afferrare la sua candela. Il suo posto è di sopra, su questo non ci sono dubbi, e Giulia sembra essere assolutamente d'accordo con lui quando, sciolto quell'abbraccio che li ha portati fino al confine col salotto, getta un'occhiata affettuosa verso il vasetto tra le sue mani.
“La porti su?”, gli domanda mentre imboccano i primi gradini delle scale che portano al piano superiore.
“Chiaro.”, le risponde semplicemente, guadagnandosi un sorriso che svanisce solo quando la voce di suo padre a qualche metro da loro non li richiama all'attenzione.
“Dormite?”, domanda loro con una punta di confusione, il suo viso illuminato unicamente dal chiarore della televisione di fronte al divano.
Sangio sente gli occhi di Giulia su di sé, si assicurano tacitamente che lui risponda a quella domanda a dovere, con giudizio, e la sola consapevolezza che lo stia guardando in quel modo lo porta a trattenere un sorrisetto fin troppo divertito.
“Si, dormiamo.”, si limita a dire, il tono quanto più neutro possibile, con una punta di stanchezza fittizia a coronare quella risposta.
“E' prestino per i vostri standard.”, riflette suo padre dal divano, senza particolare volontà di indagare, piuttosto per pura constatazione, anche se Sangio lo conosce abbastanza bene da percepire quel pizzico di scherzo nel suo tono.
“Eh, Giulia è stanca.”, continua lui, sfoderando la motivazione più plausibile dell'universo e guadagnandosi da parte di lei un aggrottarsi di sopracciglia, prima che le sue labbra si schiudano per ribattere, prontamente precedute dal tono comprensivo di Pierluigi.
“Lavora tanto lei.”, riflette ad alta voce, “Allora buonanotte, eh?”, mormora, gettando un'ultima occhiata nella loro direzione, “Dormite bene.”, si premura di dire loro.
I due gli augurano a loro volta un buon riposo, prima di sparire su per le scale, macinando gradini in totale silenzio finché non raggiungono il corridoio e, solo a quel punto, Sangio si becca un colpetto su una spalla.
Giulia è stanca.”, lo imita lei, impegnandosi in una voce esageratamente profonda che Sangio è abbastanza certo non c'entrare troppo con la sua, “Ma lo vedi che se cretino?”
“Se gli avessi detto che io sono stanco non ci avrebbe creduto mai!”, le fa presente, vedendola annuire dopo un momento di riflessione, “Anche se secondo me non ci ha creduto più di tanto in ogni caso.”, ride appena, osservandola mentre si nasconde dietro le sue stesse mani.
“Mamma mia.”, mormora Giulia sottovoce, strappandogli una risata talmente sguaiata da fargli guadagnare un'occhiata fulminante, “Fai piano che c'è Lidia che dorme!”, lo ammonisce, facendogli strada lungo il corridoio.
“La salvatrice del mio ragù.”, ride lui, seguendola fino ad infilarsi appena dopo di lei nella sua stanza.
“La salvatrice?”, gli chiede spiegazioni, mentre Sangio la osserva chinarsi a terra accanto al suo zaino e cominciare a rovistare al suo interno.
“Ha salvato la tua cena.”, le spiega divertito, spostandosi verso la finestra della stanza per controllare la situazione del cielo, “Pensavo di aver abbassato il fuoco prima di venire da te, invece non l'avevo fatto.”
Il buio là fuori non aiuta più di tanto a capacitarsi di quanto la pioggia sia imminente, così Sangio decide di sfidare il freddo con l'intento di constatare sulla sua pelle quanto l'aria sia umida, posando per un momento la sua candela sulla scrivania e aprendo la finestra per tendere una mano verso l'oscurità.
“Stavi bruciando il tuo ragù per venirmi a prendere in stazione?”, la sente ridere, prima che evidentemente noti il suo affaccendarsi con la finestra, “Mi sa che stanotte verrà la pioggia.”, mormora, “E' meglio se chiudi le imposte, così non si bagnano i vetri.”
Sangio sorride tra sé e sé, facendo come gli ha detto e richiudendo la finestra, prima di tirare anche le tende. Dubita ci sarà un sole splendente che vorrà a tutti costi svegliarli, domani mattina, ma non si sa mai.
“Anche tua madre ti dice sempre la cosa dei vetri che si bagnano, vero?”, le domanda consapevole, vedendola subito annuire con la testa, “Non avevo dubbi.”, sorride, lasciandosi cadere di schiena sulle lenzuola del letto mentre osserva le spalle di lei, tuttora ricurva sulla tasca centrale dello zaino.
“Quindi?”, le domanda, sperando di persuaderla a dargli attenzioni, “Che si fa?”, continua, vedendola voltarsi per un istante con un sorrisetto che non riesce a decifrare più di tanto.
“Io ora vado in bagno.”, gli dice, sollevandosi da terra per avvicinarsi al bordo del letto, “Tu leggiti questa.”, mormora vagamente intimidita, posando sul suo petto un foglio piegato più volte.
“Che cos'è?”, le chiede, colto di sorpresa, mentre le sue mani vanno istintivamente a raccogliere quella pagina a righe.
Giulia ride appena, muovendo qualche passo nella direzione della porta e concedendogli giusto un “Secondo te cos'è, cretino?”, prima di scomparire lungo il corridoio.
Sangio rimane per un istante interdetto, con gli occhi sulla porta, poi le sue mani si attivano spinte dalla curiosità, aprendo rapidamente quel foglio fino a ritrovarsi davanti una cascata di parole in inchiostro scuro.
Gli basta leggere la prima riga per essere certo che no, non ha intenzione di continuare. Vuole che Giulia gli legga questa lettera a voce, con quelle pause imbarazzate e i sospiri per prendere coraggio quando si rende conto di avere scritto qualcosa di particolarmente senza filtri e un po' se ne pente, un po' se ne compiace.
Lo vuole a tutti i costi, e così ripiega quella pagina su sé stessa, posandola sul cuscino, prima di guardarsi intorno per un momento alla ricerca di qualsiasi cosa da fare nell'attesa che lei torni qui.
I suoi occhi cadono sulla candela, poggiata dove l'ha lasciata poco prima sul ripiano della scrivania, e in men che non dica la sua mente sa già cosa fare.
Si rimette in piedi, raggiungendo in un paio di falcate il vasetto ricolmo di cera per prenderlo tra le mani, prima di incamminarsi rapidamente fuori dalla stanza, lungo il corridoio e ripercorrere le scale in discesa, girando con un certo slancio l'angolo che porta alla cucina.
Si porta di fronte al bancone, posando lì sopra la candela mentre apre alla rinfusa un paio di cassetti, trovando solo al secondo tentativo l'accendino che sta cercando e, sistemato nuovamente lo stoppino in modo che stia ben dritto, gli avvicina quella fiammella, dandogli fuoco.
Raccoglie ancora una volta la candela tra le mani, tornando nella direzione delle scale con più calma, attento ad osservare con un certo incanto l'ondeggiare luminoso della fiamma che ha tra le mani.
Comincia già a sentirlo, quel profumo delicato, e a questo punto è certo che l'effetto che otterrà quando riporrà la candela in un angolo della sua stanza sarà assolutamente devastante.
“Già di ritorno?”, gli domanda divertito suo padre quando passa di nuovo dietro al divano per imboccare le scale, “E quella?”, indica curioso la candela.
“Me l'ha portata Giulia.”, gli fa sapere, fermandosi per un momento sul primo gradino, “Lo senti come profuma?”, gli chiede, vedendolo ispezionare l'aria per qualche secondo.
“Molto dolce.”, annuisce suo padre, prima di lasciarlo con un sorriso buono e tornare ad affondare la schiena tra i cuscini del divano.
Ha ragione, pensa Sangio mentre scala ancora una volta gradino per gradino, è proprio dolce. Chissà di preciso di che fragranza si tratta. Forse, pensandoci bene, non lo vuole sapere, forse preferisce vivere con la dolcissima illusione che si tratti di un profumo che appartiene solo a lei, e di rimando ora anche un po' a lui.
Tornato nella sua stanza Sangio si premura di spegnere il lampadario che l'ha rischiarata fino ad ora, preferendo di gran lunga che sia la candela che ha tra le mani ad illuminare il loro nido di questa notte.
La poggia sul comodino, indietreggiando di qualche passo per osservare il modo in cui il riverbero di luce della fiammella si allunga sulle pareti, oscillando lieve, un po' come se avesse vita propria.
E' proprio scrutando quel bagliore tremolante protrarsi anche lungo il legno della porta che Sangio nota delle dita che conosce molto bene fermarsi incerte sul suo stipite, prima di veder spuntare il visino di Giulia.
“L'hai letta?”, gli domanda sottovoce, facendogli spuntare un sorrisino sulle labbra, prima che anche gli occhi di lei vengano attratti dalla nuova fonte di luce della stanza, “L'hai accesa.”, nota, sorridendo a sua volta, “Senti che profumo già.”
Sangio annuisce compiaciuto, mettendosi seduto sul bordo del letto e convincendola solo con quel piccolo spostamento a varcare la soglia della stanza, richiudendosi la porta alle spalle.
“Questa me la porto pure in tour.”, le dice, osservando il viso di lei aprirsi in un sorrisone, “Pensa quanto migliorerà le notti in albergo.”, riflette, perdendosi nell'osservare la piccola danza della fiammella, “Sarà un po' come essere sempre a casa.”
Giulia gli si siede accanto, poggiandogli un braccio su una spalla e lasciando che le sue dita passino delicate tra i suoi capelli, contemplando in silenzio insieme a lui lo sciogliersi lento di quella cera chiara.
Poi, la domanda che gli ha posto e che non ha ottenuto risposta torna a balenare nella mente di lei, facendola voltare con fare interrogativo verso il suo viso.
“Ma quindi l'hai letta?”, gli chiede di nuovo, portandolo subito a scuotere la testa divertito, “Perché no, oh?”, si lamenta, mentre Sangio si divincola dal suo braccio per allungarsi fino al cuscino e recuperare la lettera.
“Perché voglio che me la leggi tu.”, le dice semplicemente, lasciandola cadere sulle gambe di lei.
“E ti pareva...”, borbotta Giulia, strappandogli una risata.
“Dai Giu, me la leggi tu?”, la prega, prendendole il viso tra le mani e strapazzando per qualche secondo quelle guance.
“Perché vuoi sempre che legga le cose?”, gli domanda, fermando le mani di lui con le sue.
“Perché mi piace sentirti dire le cose che pensi con la voce.”, le spiega per l'ennesima volta da quando la conosce, “E' diverso da leggere con i miei occhi le parole che hai scritto.”, continua, vedendola abbassare appena lo sguardo, “Poi devo farmi bastare i tuoi messaggi per tutta la settimana, almeno quando ti ho qui con me mi piace ascoltarti parlare.”
Quell'ultima frase sembra essere ciò di cui Giulia aveva bisogno per convincersi e, dopo che la sua testolina annuisce appena, Sangio la vede spostarsi a carponi fino alla testiera del letto, dove si mette comoda, sollevando il cuscino in verticale per affondarci con la schiena.
“Vieni.”, lo invita, e Sangio non se lo fa ripetere due volte, acciuffando con una mano la lettera prima di attraversare il letto fino a raggiungerla.
“Posso mettermi qui in mezzo?”, le domanda con il tono più supplichevole che conosce, indicando le gambe di lei e strappandole un sorrisino.
Le divarica appena, Giulia, facendogli posto in modo che si infili lì in mezzo, dandole le spalle prima di sdraiarsi e adagiarsi con la nuca sul suo ventre.
“Sei comodo?”, scherza lei, passandogli una mano tra i capelli, mentre le mani di lui si occupano di aprire la lettera di fronte agli sguardi di entrambi.
Sangio si passa una mano sulla fronte, lamentandosi appena quando i capelli continuano a ricadergli sugli occhi, almeno finché non sente le dita di Giulia raccoglierli in una mano e portarli tutti indietro.
“Posso farti un codino?”, gli propone, facendolo annuire immediatamente, risposta che basta a Giulia per sistemare l'ammasso incolto di oggi con uno dei tanti elastici che tiene sempre lungo gli avambracci, “Il bimbo ha altre richieste?”, lo prende velatamente in giro, strappandogli una risata.
“Adesso me la leggi?”, le chiede di nuovo, sentendola ridere alle sue spalle.
“Va bene, va bene.”, annuisce lei divertita, “Ora te la leggo.”, provvede, sistemandosi meglio dietro di lui per scrutare la pagina che Sangio ha tra le mani, “E' un po' ironica eh, non aspettarti nulla di che.”, lo avverte, facendolo sorridere.
“C'ero arrivato dalle prime righe.”, le fa sapere.
“Ah, ma allora qualcosa hai letto!”
“Solo due frasi.”, mormora, reclinando la testa per darle un'occhiata veloce, “Anche se la seconda già non mi sembrava tanto ironica.”, riflette ad alta voce.
“E' un mix.”, gli dice Giulia, “C'è la parte ironica e quella meno ironica.”, specifica, “Ora fammi leggere però, che è pure lunga.”
“Mi hai mai scritto qualcosa di breve, tu?”, la punzecchia lui, strappandole un mugolio esasperato.
“Se non stai zitto guarda che non ti leggo proprio niente, eh.”, lo minaccia, facendogli alzare le mani in segno di resa, prima che si conceda di dire giusto un'ultima cosa.
“Puoi metterci anche tutta la notte, comunque.”, mormora, affondando la testa contro la pancia di Giulia e sentendola ridere appena, “Abbiamo tutto il tempo del mondo, stanotte.”, le ricorda, percependo la mano di lei tra i suoi capelli accarezzarlo lentamente.
“Allora io leggo, eh?”
“Vai.”
Ciao cretino.
“E già cominciamo da Dio.”, scherza lui, facendola sbuffare.
“Sangio!”
“Cosa?”
“Se inizi a fermarmi ad ogni riga te la leggi da solo, eh.”, lo ammonisce, convincendolo immediatamente a tacere e a lasciarla continuare, “Ti scrivo questa lettera per passare il tempo, perché tra qualche ora tornerò da te e sto aspettando questo momento da una settimana.”, si ferma per un istante, abbassando appena la voce, “E poi qui ho aperto una parentesi.”, lo avverte, “Che poi è l'ultima volta che ti ho visto.”, sussurra, facendolo sorridere.
“Grazie per avermelo ricordato.”, scherza lui, beccandosi un buffetto su una spalla, “Dai, continua, cretina.”, la invita, soffocando una risata.
Ti scrivo anche perché oggi è passato un anno esatto dalla prima volta che sono entrata qui senza dovermene tornare a casa dopo un provino veloce, perché poi casa è diventata questa e lo è ancora, anche se a volte, come adesso, mi manca la cosa più importante, che sei tu.
Sangio stringe meglio la pagina tra le dita, sollevando appena lo sguardo per scrutare il viso di lei.
“L'hai scritta oggi agli studi?”, le domanda, vedendola subito annuire.
“Si, nella pausa. Tra qualche riga lo dico.”, conferma lei, “Il tempo non passava più, e scriverti è un po' come parlarti, quindi mi viene naturale.”, gli spiega, facendolo annuire prima che torni a scrutare le sue parole, “Continuo?”
“Continua.”
E' passato un anno anche da quando ho cominciato a pensarti tutti i giorni.”, legge, prima di scoppiare in una risata cristallina che lo fa sorridere curioso.
“Perché ridi?”
“Perché mo' avrai da lamentarti.”, ride di nuovo, “C'è un'altra parentesi.”
“Madonna, Giulia, tu e queste parentesi...”, la segue in quella risata, prima di venire zittito malamente.
“Me la fai leggere o cosa?”
“Leggila.”, la sprona divertito, impegnandosi a non ridere.
In realtà è un po' più di un anno che ti penso, ma sicuramente a pensarti proprio sempre sempre sempre ho cominciato quando era impossibile non farlo perché mi gironzolavi attorno tutto il giorno.
Io ti gironzolavo attorno!”, se la ride, sgranando gli occhi mentre reclina la testa per guardarla.
“Si, proprio tu!”, ribadisce lei, “Mi aspettavi, mi seguivi, venivi a cercarmi...”, elenca con certezza, facendogli spuntare un sorriso inebetito che Sangio ringrazia il cielo lei non possa scorgere più di tanto, “Lo sapevo io che avresti rotto le scatole per questa frase qua.”, borbotta sottovoce, facendogli scuotere la testa.
“Eh certo, se dici le bugie dovrò pur intervenire, no?”, la punzecchia, sentendola sbuffare.
“Lo sai anche tu che non è una bugia.”
“Lo so anche io che non è una bugia.”, conviene con lei, guadagnandosi una carezza appena dietro un orecchio.
Si, a volte vale la pena ammettere di essere un caso perso.
“Posso continuare o hai altro da contestare?”, lo prende in giro, facendolo annuire in assenso, “Mi manca quella cosa, mi manca averti intorno a tutte le ore, venire da te quando ne ho bisogno o quando semplicemente mi va di stare un po' con la mia persona preferita.”, legge, fermandosi per un istante per infilare una mano appena sotto il collo della sua felpa, accarezzandolo leggermente, prima di riprendere, “Però ti penso davvero sempre, e quando non ci sei non vedo l'ora di riaverti vicino.
Le dita di Giulia scorrono delicate lungo il suo petto, evidentemente grate di essere passate dallo scrivere questa lettera dai toni malinconici al poterlo coccolare senza fretta, placidamente.
Ti ho pensato anche un momento fa, ho avuto un po' di paura e quando ho paura sei sempre la prima cosa a cui penso.
“Perché hai avuto paura?”, la interrompe senza riuscire a trattenersi.
“Per la cosa che stiamo preparando, quella che ti dicevo qualche giorno fa.”
“Quella difficile?”, cerca chiarimenti.
“Seh.”, annuisce Giulia, prima di riprendere con la lettura, “Prima di conoscerti quando avevo paura mi veniva l'ansietta e basta.”, ride appena, trascinandolo con sé, “Ora invece penso a te che mi dici che le difficoltà sono una fortuna, perché sono l'occasione per migliorarsi, e l'ansietta ce l'ho comunque ma so che ne vale la pena.”, continua, portandolo ad annuire con un certo orgoglio, “Qua sono tutti tanto bravi, lo sai, ogni tanto succede che mi preoccupo un po'. Vorrei fare tutto perfettamente per essere sicura di essere all'altezza, e lì mi viene un po' di panico e spesso pensarti non basta più, vorrei qualcosa come il teletrasporto per venire da te anche un momento solo.
Sangio lascia che la lettera venga sorretta sotto i loro occhi da una sola delle sue mani, portando l'altra a scivolare fino alla gamba di lei, stringendola appena prima di cominciare a scorrere con il palmo su e giù, dalla coscia alla caviglia e poi di nuovo a ritroso.
La sente sospirare appena alle sue spalle, come se stesse prendendo fiato, o forse coraggio, per poter leggere le parole che seguono, poi continua.
Penso basterebbe una tua carezza per tornare qua e sentirmi la più brava del mondo.”, mormora, lasciandosi sfuggire una risata cristallina che lo fa sorridere parecchio, nonostante senta la gola bruciare e gli occhi con lei, “Non è mai successo che io mi sentissi davvero bravissima quando qualcuno mi diceva che lo sono, quando lo dici tu invece ci credo sempre.”, sorride, “Aperta parentesi.”, lo avverte divertita, strappandogli una risata, “Succede pure quando mi dici che sono bellissima, anche se ho imparato a crederci pure da sola, perché sentirlo dire da te fa sempre quell'effetto che tu sai.”, sussurra sottovoce, convincendolo a divincolarsi dal mezzo delle sue gambe, districandosi dalla presa che Giulia ha sul suo collo, “Dove vai?”, gli domanda sorpresa, seguendolo con lo sguardo mentre lui si accovaccia invece al suo fianco, poggiandosi con la testa contro la spalla di lei e nascondendo il viso nell'incavo del suo collo, “Siamo già arrivati a questo punto?”, lo prende bonariamente in giro, passandogli un braccio attorno alle spalle per stringerlo più vicino.
“Un po', forse...”, mormora contro la pelle di lei, sollevando una braccio per passarle la lettera, “Tienila in mano tu.”, la prega, schiarendosi appena la voce quando la sente un po' più roca del normale, prima di stringere Giulia attorno alla vita mettendosi più comodo.
“Ora arriva la parte più ironica, promesso.”, lo rassicura, facendolo annuire giusto un po'.
“Non mi devo più fidare quando dici che hai scritto una cosa ironica.”, mormora con tono effettivamente affranto, prima di scoppiare a ridere trascinandola con sé, “Mi fai sempre piangere, porca puttana.”, sospira divertito, guadagnandosi un bacino tra i capelli.
“Se mi lasci continuare ti giuro che non piangi più.”, gli assicura.
“Allora continua.”, la invita, osservandola mentre si porta la lettera davanti al viso.
“Ci vedo pure meglio così, oh!”, si rende conto, “Anche se non era male usarti come coperta.”, ride appena, prima di ricominciare a leggere, “Non so bene in che direzione stia andando questa lettera, è probabile che non abbia tanto senso.
“Dio mio...”, prende a lamentarsi lui, immediatamente interrotto da Giulia che scuote la lettera proprio sotto i suoi occhi.
“Lo sapevo!”, esclama compiaciuta, “Leggi qua, bello!”, gli indica la riga a cui è arrivata, “Ad alta voce, per piacere.”, pretende, facendolo sospirare esasperato.
Adesso di sicuro sbufferai perché ho scritto questa cosa, ti conosco troppo bene.”, legge, sentendola applaudire vittoriosa, “Hai indovinato, pensa te.”, ride, “Mi conosci davvero troppo bene.”
“Ti conosco, si.”, annuisce trionfante, accarezzandogli i capelli, “Sei un cavolo di brontolone.”, sghignazza, ritornando alla lettura, “Dicevo che la lettera forse non ha senso...
“Ancora?”, esclama esasperato.
“Mi fai continuare?”, ribatte lei, facendogli spuntare un ghigno sulle labbra, “Mi fai perdere il filo così, ora mi tocca rileggere.”, si lamenta, “Dicevo che la lettera forse non ha senso, perché la sto scrivendo un po' per caso nella pausa, seduta a terra in un angolo della sala, e c'è Simone che mi guarda e ride perché sa benissimo cosa sto facendo. Ora ride ma io so che lui fa pure peggio con il suo fidanzato.”, si ferma per un momento per sussurrargli all'orecchio “Parentesi.”, strappandogli un sorrisino, “Ezequiel è un sacco simpatico, un giorno magari te lo presento. Secondo me è un po' il Sangio di Simone, o forse Simone è il suo Sangio, non lo so. Penso che tutti dovrebbero avere un Sangio, poi però penso anche che è come dice la canzone, come te non c'è nessuno, e che l'unica fortunata che può dire di avere un Sangio sono io.
Sangio strofina appena la punta del naso lungo la colonna del collo di lei, facendole il solletico quanto basta per sentirla ridere giusto un po'.
“Vedi come sei carina nelle lettere?”, le fa notare con fare saccente, “Poi dal vivo mi insulti ogni cinque minuti.”
“Che bugiardo che sei, mamma mia.”, ride lei, scuotendo la lettera davanti ai loro visi e attirando l'attenzione degli occhi di lui verso un punto ben preciso.
“E quelli chi sono, oh?”, le domanda, indicando due esserini che a ben guardare hanno qualcosa di familiare, disegnati in fretta e furia all'angolo del foglio.
“Siamo noi, no?”, ride lei, “Lo dico proprio nella riga successiva che siamo noi.”
“E io quale sono, scusa?”
“Ma come quale sei?”, sbuffa, “Questo qua, si capisce subito.”, gli dice, indicando la figura sulla sinistra.
“Come mai ho la testa a cono?”, le chiede con un tono che sa benissimo infastidirla.
“Non è un cono, cretino, è un cappello!”, gli spiega esasperata, “Sapevo pure questo, io, comunque.”, ci tiene a dirgli, lasciandolo per un attimo confuso.
Sapevi cosa?”
“Che avresti rotto le scatole pure per questa cosa qua.”, ride, “Leggi un po' qui.”, lo invita, passandogli la lettera.
Ho un po' perso il filo del discorso...”, comincia a leggere lui, interrotto immediatamente da un “Eccallà” che per certi versi si aspettava, “...ma ho fatto un disegnino carino su cui sicuramente avrai da lamentarti, anche se tu non sai disegnare nemmeno le faccine quindi non so bene perché provi a fare il critico d'arte.”, conclude, effettivamente divertito da quel passaggio, “Avevi ragione, è ironica questa parte qua.”, si ricrede, “Però non è vero che non so fare nemmeno le faccine.”, cerca di difendersi.
“E allora vai a prendere un foglio e una penna e disegnamene una.”, lo sfida Giulia, portandolo subito a scuotere la testa e ad avvinghiarsi meglio al corpo di lei.
“No, sono troppo comodo adesso.”, le dice, prima di farle riavere la lettera, “Continua a leggere.”
“Seh, tutte storie solo perché sai anche tu che non sai disegnare.”
“Lo ammetto che non so disegnare, però le faccine le so fare, ok?”
“Io dico di no.”
“Io dico che domani ti faccio vedere, ma adesso continui a leggere?”, la prega, strappandole una risata.
“Va bene.”, lo accontenta, convincendolo a sollevare appena lo sguardo per scrutare il viso di lei, concentrato nel modo in cui stringe appena gli occhi per leggere quelle letterine anche nel buio pressoché totale in cui sono calati, “Porca miseria, è difficile leggere con la luce della candela e basta.”, riflette ad alta voce, allungando un braccio verso il comodino per trascinare il vasetto con la cera un poco più vicino, “Ma qui qualcuno vuole che io legga, quindi leggiamo.”, mormora con finta esasperazione.
“Che buon profumo che ha, la candela.”, borbotta Sangio contro la sua spalla, “E' proprio un bel regalo.”
“Ti piace quindi?”, gli chiede un'altra volta, facendolo annuire divertito.
“Tanto.”, conferma di nuovo, “La mangerei, tanto è buona.”
“Addirittura!”, scoppia a ridere Giulia, sistemandosi meglio contro la testiera del letto e portandosi davanti al viso la lettera, “Tienila per qualcos'altro la fame, oh.”, aggiunge sottovoce, facendogli subito sgranare gli occhi.
“Mamma mia, Giulia, cosa mi stai diventando?”, se la ride, facendola sghignazzare al suo fianco.
“Che ho detto, oh?”, si finge all'insaputa di qualsiasi cosa lei, “Fammi continuare che è ancora tanto lunga.”, svia prontamente, facendolo sospirare divertito.
“Non abbiamo nessuna fretta.”, ci tiene a ricordarle.
“Lo so, ma ora arriva la mia parte preferita.”
“Quella non ironica, suppongo.”
“Esatto.”
“E che cazzo, però.”
“Zitto, non si dicono queste cose.”, lo sgrida con un sorriso stampato sulle labbra, “Lasciami leggere.”, gli ripete ancora una volta, prima di concentrarsi di nuovo sulle parole della lettera, “Comunque, ero partita così bene e ora mi impegno di nuovo.
“Daje!”
“La devi smettere!”
“E' carino il disegnino di noi, comunque.”, ci tiene ad interromperla ulteriormente.
“Lo dici solo per darmi fastidio?”, indaga lei, abbassando lo sguardo per esaminare la veridicità di quelle parole attraverso i suoi occhi.
“In parte.”, le concede, scoppiando a ridere, “Però è carino davvero, anche se il mio cappello sembra un cono.”, riflette, indicando il disegno sul foglio, “Tu sei decisamente più carina.”, mormora, sentendola ridere appena, “Secondo me se tu mi insegnassi diventerei bravo anch'io a fare i disegnini.”
“Sangio.”
“Eh?”
“Stai prendendo tempo perché sai che sto per farti piangere?”, gli chiede con un sorrisetto in viso.
La guarda per un momento, cercando una risposta alternativa che non lo esponga troppo esplicitamente come il pezzo di pane che in fondo è, ma poi pensa che questa è Giulia, che attorno a lei è diventato mollica dal giorno stesso in cui l'ha conosciuta, quindi perché simulare?
“Forse un pochino.”, ammette sottovoce.
“Stai un pochino prendendo tempo?”, si accerta lei, facendolo annuire.
“Sei sicura di non volerla tenere per domani, la seconda parte di questa lettera?”, le domanda speranzoso, indicando le righe che vanno dalla metà del foglio fino al suo fondo.
“Ma c'entra con la candela, quest'ultima parte.”, gli fa sapere, “Sarebbe strano non leggerla adesso, è tipo una specie di spiegazione.”
“Una spiegazione?”
“Si, una spiegazione per questo regalo.”, gli dice, indicando la candela, prima di cercare i suoi occhi con più intenzione, “Vuoi provare a leggere tu? Magari ti rattristi di meno se non è la mia voce a dirti queste cose.”, gli propone, facendogli subito scuotere la testa, “No?”
“No, leggi ancora tu.”, le dice, “Mi piace di più.”
“Ma poi piangi...”
“Va bene così.”, le assicura, “Continua.”
“Continuo allora.”, mormora risoluta, passandosi la lingua tra le labbra prima di ricominciare, “Ti ho comprato una cosa qualche giorno fa, è la stessa candela che ho anche io nella mia cameretta. Non so come si chiami il profumo che ha, ci pensa mamma a queste cose e io me le ritrovo magicamente sulla scrivania, però so che ti piace e quindi ho pensato che fosse un bel modo per avere qualcosa di me sempre lì con te.”, si ferma, cercando lo sguardo di lui per assicurarsi di poter continuare, riprendendo quando Sangio le sorride, “Un anno fa dormivamo per la prima volta nella stessa casa.”, legge, fermandosi subito per esclamare con un tono più divertito “Parentesi”, per poi ripartire, “All'inizio in due stanze lontanissime tra loro, anche se poi ci siamo avvicinati così tanto che sei finito nel mio letto.”, ride, facendolo sghignazzare.
“Sei tu che mi hai voluto nel tuo letto.”, borbotta.
“Come se non ti fosse piaciuto.”, lo prende in giro, “Anzi, come se non ti piacesse, pure ora.”, si corregge, guadagnandosi un bacino d'assenso sul collo in cui Sangio nasconde il suo darle ragione, invitandola a continuare, cosa che Giulia fa senza indugio, “Dormire con te è una di quelle cose che mi mancano davvero tantissimo, quindi forse con questa candela sto cercando un po' di eliminare la distanza che c'è tra di noi ora. Abbiamo due stanze diverse e tanto lontane, che però possono assomigliarsi almeno in una piccola cosa che è tutta nostra.”, si ferma di colpo, nonostante manchi evidentemente un'ultima riga prima dei suoi infiniti post scriptum.
“Perché non vai avanti?”, le domanda confuso, passandosi una nocca negli angoli degli occhi prima di riservarle uno sguardo attento.
“Perché no.”, gli risponde frettolosamente, facendogli corrugare la fronte.
“L'hai appena letta tutta e ora hai deciso che l'ultima riga non ti piace più?”, scherza, riuscendo a guadagnarsi un sorrisino da parte sua.
La conosce, quell'espressione, fin troppo bene, al che si solleva dalla sua posizione rannicchiata contro di lei, distendendo appena un braccio per farle posto contro il suo petto, e afferrando la lettera quando Giulia, prontamente, gliela passa.
“Continuo io?”, intuisce, vedendola annuire, prima che lei gli si accoccoli addosso, “D'accordo.”, mormora, tornando con lo sguardo fino alla riga finale di quella pagina, deglutendo appena prima di riprendere con la lettura, “Magari chissà, un giorno non ci sarà più bisogno di impegnarci così tanto per stare vicini e di stanza ne avremo una sola, e potrò farti venire mal di schiena perché ti dormo addosso tutte le notti.”, conclude, scoppiando a ridere appena dopo il punto, “Perché ti vergogni di questa frase qua?”, le domanda, tornando a cercare i suoi occhi scuri.
“Non lo so, forse è un pensiero stupido...”
“Giu.”
“E che ne so io? A volte rileggo le cose e mi vergogno, che posso farci.”, si difende, facendolo sorridere divertito.
“Sai qual è l'unica cosa scritta qui di cui dovresti vergognarti?”
“Cosa?”
“Questa cosa che vuoi farmi venire il mal di schiena perennemente.”, sussurra, prendendo a solleticarle un fianco per qualche secondo e facendola scoppiare in una risata convulsa, “E' questo il tuo obiettivo? Farmi arrivare a ottant'anni tutto storto?”
“Sei già tutto storto, tu.”, borbotta divertita contro la sua spalla, sghignazzando.
“Ma cosa dici, oh?”, si ribella lui, “Un fidanzato più dritto di me non lo trovi da nessuna parte.”
“Se domani facciamo un giretto te ne trovo almeno venti più dritti di te.”, lo prende in giro, facendogli aggrottare le sopracciglia.
“Però qui...”, le fa notare, scorrendo con il dito lungo la pagina che ha tra le mani fino a raggiungere la riga che gli interessa, “...c'è scritto che come me non c'è nessuno.”
“No, lì c'è scritto come te non c'è nessuno, citazione a Rita Pavone, bello.”, lo corregge, scoppiando a ridere per l'espressione crucciata di lui prima di lasciargli un bacetto sul naso, “Il mio bimbo storto.”, ride, riuscendo a farlo sorridere.
“Così mi piace già di più.”, mormora lui, tornando a dare un'occhiata alla lettera e notando certe ultime annotazioni sul fondo, slegate dal corpo principale, “Queste non ci interessano?”, le fa presente, convincendola a sua volta a riservare uno sguardo a quelle poche righe finali.
“Sono i PS quelli!”, gli spiega, prima di ridere fragorosamente, “Ho indovinato un'altra cosa.”, gli fa sapere fiera, tornando con la testa contro la sua spalla, “Leggili tu, dai.”, lo prega, richiesta a cui Sangio non può proprio dire di no.
Scorre per un momento gli occhi su quelle parole, sorridendo tra sé e sé quando capisce cosa Giulia intenda quando dice che ha indovinato un'altra cosa, poi si schiarisce la voce, prendendo a leggere con tono divertito, “So che proverai a farmi leggere questa lettera ad alta voce, perché hai questa fissa strana tu e ormai me lo aspetto sempre.”, ridono, “Se lo faccio è solo perché ti amo.”, conclude, prima di dedicarle un'occhiata sorniona, “Wow, dichiarazioni.”, la punzecchia, facendole subito storcere il naso.
“E' la verità e basta.”, mormora, distogliendo lo sguardo e portandogli le braccia attorno al collo per nascondersi ancor di più contro il materiale morbido della sua felpa.
“Che cosa, è la verità?”, le domanda, lasciando cadere la lettera sulle lenzuola per passarle la mano tra i capelli.
Ci vuole qualche secondo, ma la vocetta che gli risponde, per quanto ovattata e appena sussurrata gli arriva forte e chiara, facendogli come sempre spuntare un sorriso beato.
“Che ti amo.”
“Mi ami anche in italiano adesso?”, la prende in giro, “Il catalano, lo spagnolo e l'inglese li abbiamo superati?”, continua divertito, almeno finché non la sente brontolare piuttosto furiosa contro il suo collo.
“Seh.”, mormora infine lei, riemergendo dal suo cantuccio per riprendere con quei bacetti sulle guance sempre molto graditi.
Non sono più freddi, come quelli che gli ha dato sulla porta di casa, ma hanno assunto quel tepore che Sangio non ritrova in nient'altro, quando lei non c'è.
“Ti sei scordato l'ultimissima riga, lo sai?”, gli fa sapere, fermandosi per un istante con quelle effusioni per mormorarlo proprio sotto il suo sguardo, “Il PPS.”, specifica.
“Ah, fino a lì sei arrivata?”, scherza, strappandole una risata, mentre cerca la lettera con una mano che si muove a tentoni sul lenzuolo, “Per fortuna ti sei fermata solo alla seconda P, altrimenti avresti dovuto chiedere le ferie per restare qui con me a leggerli tutti.”, continua, facendola ridere ancor di più, “Vediamolo, questo PPS.”, mormora, aprendo di nuovo la pagina di fronte ai loro sguardi prima di schiudere le labbra, “PPS. Non vedo l'ora di riempirti di baci.”, legge, sentendola sospirare divertita, “Ti sei proprio prefissata questa missione, quindi.”, riflette, mentre Giulia annuisce risoluta contro la sua spalla, “Non stai andando male, eh.”, le sussurra, “Però secondo me possiamo fare molto ma molto meglio.”, ride appena, spingendola quanto basta per farla ruzzolare dall'altro lato del letto, raggiugendola in men che non si dica e facendola ridere a crepapelle quando la sovrasta.
“Possiamo fare meglio, dici?”, se la ride lei, tendendogli le mani in quel suo modo così particolare per attirarlo a sé, “Com'è che era la parola strana?”, gli domanda, “Quella che mi hai detto prima, in stazione.”, specifica, strappandogli un sorrisino.
“Sopperire.”, le ripete, “Sopperire alla mancanza.”, mormora, allungandosi appena verso il comodino per soffiare sulla fiamma della candela e spegnerla, facendo calare la stanza nel buio più totale, “Vogliamo sopperire?”, le propone, scorgendo gli occhietti scuri di lei nonostante l'oscurità.
“Sopperiamo.”, concorda Giulia con quella vocina, il suo tono furbo tramutato in un mugolio divertito quando Sangio fa incontrare le loro labbra.

finché tu sei quaWhere stories live. Discover now