Epilogo

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Nel mentre che la famiglia Ackerman si crogiolava nel loro dolore, il signor Smith guardava il figlio ormai privo di vita dinnanzi a sé.

Con le guance solcate dalle lacrime abbassò il capo, stringendo i denti fino a sentire quel sapore metallico sulla lingua.

Prendendo un respiro profondo, iniziò a tirare le corde cercando di liberarsi.

Nella sala rimbombava il suo respiro affannato e il suono della corda che si spezzava lentamente.

Con un ultimo strattone, Jacob Smith riuscì a liberarsi, cadendo sulle ginocchia strofinandosi il volto e i polsi rossi.

Si guardò attorno, cercando di non posare gli occhi color cioccolato fuso sul corpo inerme di Lucas.

Si voltò lentamente per poi incamminarsi verso la porta trasandata, aprendola completamente.

La casa era silenziosa data l’assenza della famiglia Ackerman. Tenendosi il fianco dolorante e grondate di sangue, si avvicinò all’entrata, spalancandola di colpo.

Incurante dei vari passanti, continuò a camminare aumentando la velocità a vedere l’inizio del bosco.

Continuò a correre, le gambe si muovevano veloci sul terreno umido, i vari rami gli colpivano il volto mentre attraversava un ripido sentiero del bosco.

Corse attingendo a tutte le forze rimastogli, il cuore gli minacciava di scoppiargli nel petto.

Il solo rumore che si udiva non era altro che il fruscio delle foglie calpestate e il suo respiro pesante che creava delle nuvole di vapore dinnanzi a lui.

All’improvviso scivolò, le gambe parevano come bloccate da qualcosa, il viso sbatté violentemente contro il terreno.

Quando abbassò lo sguardo verso la caviglia, noto che era incastrata in una vecchia radice.

Dopo svariati minuti, Jacob riuscì ad alzarsi dal terreno, col il volto ormai sporco di fango ed erba, ricominciando a correre anche se con qualche difficoltà.

Il vapore usciva come nuvolette bianche mentre correva a perdifiato e senza guardarsi indietro.

Le sue gambe non si fermavano, i piedi calpestavano il terreno e il fango senza indugiare.

Continuò la sua corsa fino a quando non intravide un capanno che riconobbe subito. Affrettò il passo, respirando a pieni polmoni una volta giunto dinnanzi a quella porta trasandata, per poi battere con violenza il pugno contro il legno.

Sentì dei passi contro il pavimento e, successivamente, vide la porta aprirsi, anche se di poco.

Una chioma castana e dai grandi occhi azzurri fece capolino da dietro alla porta.

  «Che volete?» chiese lui, guardando da capo a piede il bruno, incurante che fosse ferito o altro.

  «Dì a Iari che sono Jacob Smith...e sono qui per riscuotere il debito» disse con il respiro pesante poco prima di cadere e perdere i sensi di fronte alla porta.

Venne portato dentro il capanno e fatto stendere per potergli medicare le ferite. Passarono varie ore prima che il signor Smith si svegliasse. Si toccò la testa, notando la presenza di alcune bende proprio come attorno al busto e ai polsi.

  «Bentornato nel mondo dei vivi, Smith» esclamò ironico un uomo poco distante da lui. Il bruno alzò di scatto lo sguardo verso di lui, ghignando.

  «Vedo che non sei cambiato per niente, Ivanov» ribatté Jacob, cercando di alzarsi, senza distogliere lo sguardo dall’uomo.

Iari Ivanov era rimasto identico a come Jacob lo aveva salutato circa dieci anni prima: pelle pallida, capelli rossi corti e gli occhi chiari e acuti che sembrano di colore mercurio o dorato. Dietro il suo solito viso dall'aria innocente e sorridente si nascondeva una personalità tormentata e piuttosto sadica.

  «Sono qui per riscattare il debito» gli ricordò il bruno, riuscendo a issarsi con la schiena dritta.

  «Si, si...il ragazzo me lo ha detto» disse lui, sospirando pesantemente. «Beh, cosa ti serve?» chiese, accarezzandosi il mento, socchiudendo gli occhi.

  «Ho bisogno che mi aiutate a far soffrire quel bastardo di Ackerman» rispose in fretta. «Voglio che si renda conto che tutto quello che lui tocca...in the end, it always dies» continuò, sorridendo sadicamente assieme al rosso.

La mia Ossessione Where stories live. Discover now