Capitolo 5 - (Parte1)

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 Anna

La figura snella di Emma, con indosso il cappotto color senape, ci osservava ammutolita.

O meglio, osserva Adam con chiara sorpresa, ma lieve disappunto. Le labbra carnose e rosa erano piegate in una linea dura, quasi tremante. Il piccolo John le stava accanto, con la manina nella sua. Quest'ultimo ci guardava stranito con gli occhi blu oceano mentre squadrava Adam da capo a piedi. Sembrava ancora spaventato, ma mai quanto Emma, che, se in un primo momento era sembrata sotto shock, un istante dopo tese il volto in un espressione severa e granitica.

«Mamma chi è quello? Oddio! È il ladro che è entrato in cucina l'altro giorno!» John spezzò quel silenzio con la voce rotta dalla paura, nascondendosi dietro il cappotto di sua madre.

Emma lo tranquillizzò accarezzandogli la testa, ma il bambino sfuggì dalla sua presa e corse verso l'unica persona che sembrava in grado di essere un giaciglio confortante. Raffaele lo accolse con un buffetto sulla testa, mentre il piccolo gli arpionò le lunghe gambe fasciate dai jeans blu. Il mio cuore si sciolse di fronte a quell'immagine di incredibile dolcezza, al punto che quasi mi dimenticai della difficile, quanto ambigua, situazione intorno a noi.

Raffaele si abbassò all'altezza del bambino, mentre Adam sembrava voler trovare ogni scusa per potersi avvicinare a John e allo stesso tempo per scappare a gambe levate, per evitare ulteriori spiegazioni. Tuttavia rimase impalato, schiacciato da tutte le parole che voleva dire, intimorito dai tre paia di occhi che lo stavano scrutando con chiara impazienza.

Raffaele si rivolse a John accarezzandogli i capelli e portandoli indietro dolcemente «Piccolo, la tua mamma deve parlare con noi di qualcosa di molto importante. Mi prometti che te ne starai in camera a giocare senza combinare guai?»

Lui, dopo un momento di silenzio, lo guardò spostando la testa di lato e facendo un lieve cenno di assenso.

In men che non si dica rientrò in casa lasciandoci nuovamente nel gelo di quella conversazione e di quel mattino di fine dicembre. La neve non cadeva più, ma aveva lasciato qualche rimasuglio sul prato e sugli alberi intorno a noi. Sulla piccola panca di legno accanto alla porta di casa e sui tetti delle auto silenziose fuori dal vialetto.

Emma si avvicinò a noi calpestando la neve con gli stivali neri. Con l'espressione affranta si portò le braccia al petto come per proteggersi dalla prossima incursione, fino ad arrivare di fronte ad Adam.

Il suo sguardo lo trapassò da parte a parte, mentre sembrava lottare tra il forte desiderio di abbracciarlo e quello di rimanere impassibile. Fu Adam ad aprire bocca per primo «Sono così felice di vederti Emma», sussurrò con la voce rotta dal senso di colpa e dalla commozione.

Lei deglutì, mentre io mi sentivo quasi di troppo. Avevo sentito quasi tutta quell'agghiacciante storia e ancora dovevo metabolizzare, avevamo avuto il nostro momento di verità, ma adesso toccava a sua cugina. Era chiaro che non sapesse assolutamente niente.

E Raffaele, che aveva finto anche con lei di essere colpevole, che aveva ricevuto cattiverie gratuite anche da quella donna, se ne stava in disparte impassibile. Sembrava che avesse capito di lasciare loro un minimo di spazio, per rivedersi e confrontarsi dopo tanto tempo.

Per rivedersi davvero per la prima volta.

Tutta quella scena mi fece venire voglia di piangere, di scappare, perché la sofferenza che stavo provando per tutti loro stava rischiando di schiacciarmi. Non si trattava più solo di una fuga, di aver ritrovato Adam, di ciò che mi ero ripromessa di fare per lui e di ciò che provavo. C'era molto, molto di più in gioco di quanto avessi mai pensato e c'ero dentro, con tutte le scarpe.

Il destino nelle mie mani (Volume 2 della serie)Donde viven las historias. Descúbrelo ahora