capitolo 4

237 29 10
                                    

I primi raggi di sole svegliarono Cara illuminandole dolcemente il viso, mentre entravano timidi nella stanza dalla finestra che la ragazza aveva lasciato aperta di proposito la sera prima. Sapeva che quel giorno si sarebbe dovuta svegliare prima di chiunque al Manor, e, temendo di disturbare qualcuno con un incantesimo sonoro, decise di fare del sole la sua sveglia. La notte prima aveva appreso una notizia che ancora faceva fatica a elaborare: sarebbe dovuta entrare di nascosto alla Gringott, nella camera blindata di sua madre. Ma come fare? Era troppo stanca per pensarci, quindi aveva deciso di rimettere tutto a posto nello studio del padre e salire in camera sua, magari per riuscire a recuperare qualche ora di sonno. Quella mattina però il problema non era scomparso, anzi. Cara aveva bisogno al più presto di una soluzione. Sollevò le coperte leggere per la calda stagione e poggiò i piedi nudi sul pavimento. Restò un attimo seduta sul bordo del letto, ancora stordita da quell'informazione, poi facendo pressione con le mani sul materasso si alzò in piedi. Afferrò la vestaglia di lino che Narcissa le aveva procurato qualche giorno prima, la indossò e la chiuse sul petto. Nonostante i raggi di Sole che battevano sul suo viso, aveva freddo. Decise di chiudere il balcone, magari era per quello. Ma anche dopo aver chiuso le porte di vetro al sole, la sensazione di gelo nelle ossa persisteva, ferma come una roccia. Capì allora che non c'entrava il freddo. Per la prima volta nella sua vita, forse, aveva paura. Aveva paura di fallire, paura di non riuscire a prendere quello che cercava, paura che i suoi genitori potessero non ricordarsi mai più di lei, mai più tornare insieme, tutti e tre. Quel futuro che poche ore prima, durante la chiacchierata con l'elfo, le era sembrato così vicino ora appariva di nuovo irraggiungibile, un sogno lontano. Ma anche i sogni, forse, a volte diventano realtà se ci credi. Lei ci doveva credere. Non doveva arrendersi. Si obbligò a camminare verso l'altro lato della stanza, dove pochi giorni prima sempre la madre di Draco le aveva portato un comodino antico, accompagnato da una sedia dello stesso colore e uno specchio bloccato al suo interno. Il tutto era di un marroncino scuro, il colore degli alberi, della natura. Si sedette sulla sedia e si guardò allo specchio. I ricci in disordine le coprivano gli occhi, seguivano la linea del volto e le si appoggiavano sulle spalle. Gli occhi stanchi, pieni di sonno non avuto, guardavano debolmente il riflesso. La vestaglia bianca di lino le dava un'aria più matura, mentre il viso rilassato continuava a ricordarle una persona: la madre. Solo in quell'istante Cara si rese conto di quanto lei e Bellatrix si somigliassero. Potrà sembrare stupido, ma non ci aveva mai fatto caso prima di allora. La massa di capelli ricci e neri era uguale, certo bisognava darle la pettinatura che era solita farsi sua madre, negli occhi era come se ci fosse una parte della donna, e il viso era semplicemente identico, seppur più giovane e senza i segni di Azkaban. Fu allora che le venne un'idea folle. Si alzò di scatto, aprì l'armadio e ne buttò fuori, facendoli cadere sul pavimento, i primi tre vestiti che le saltarono all'occhio. Ne raccolse uno e se lo infilò, la vestaglia ancora indosso da sotto, e ancora mentre lo stava mettendo si diresse verso lo specchio di fronte al suo letto, stavolta a figura intera. Era perfetto. Se avesse sistemato un po' i capelli, truccato i lineamenti e modificato leggermente la voce, nessuno se ne sarebbe mai accorto. Si tolse il vestito messo di fretta e, felice per la scoperta, si concesse un bagno caldo per pensare meglio a cosa fare, una volta nelle vesti della madre.

Passò un'ora, erano ormai le sette del mattino, gli uccelli cantavano da fuori le finestre e il sole era già alto nel cielo, quando Cara fu finalmente pronta. Aveva stretto intorno alla vita con un corsetto il vestito nero che aveva scelto, accompagnandolo da un paio di guanti neri in pizzo. Aveva sistemato i capelli con un incantesimo e fatto materializzare un paio di stivali della madre in camera sua, per non svegliarla. Aveva cercato di fare più silenzio che poteva, e sembrava fosse riuscita a far restare tutti addormentati. Uscì dalla camera accompagnando lentamente la porta per non farla sbattere, poi, gradino per gradino come aveva fatto quella notte, scese le scale che davano al salone principale, dove erano collocate le grandi porte dell'entrata principale. Non aveva ancora finito di scendere quando sentì delle deboli voci provenire da una stanza vicina al salone, probabilmente la cucina, o peggio: la sala delle riunioni. Si attaccò al muro e in quella posizione scese gli ultimi scalini. Una volta giunta nel salone, scoprì con orrore che i suoi sospetti erano fondati. In una piccola stanza adiacente quella dove stava lei ora vide un uomo dai capelli neri corti, impegnato a parlare con un'altra figura che però non vedeva. La porta che collegava le due stanze era aperta, quindi se ci fosse passata davanti entrambi l'avrebbero vista, e probabilmente il signore oscuro sarebbe venuto subito a saperlo. Si ricordò allora di una seconda uscita: nella sala delle riunioni, i mangiamorte che non volevano restare al manor uscivano da una piccola porticina per non essere visti dagli auror. Col cuore in gola scese le scale che portavano alla sala buia, e in meno di tre minuti si trovò tra due colonne di marmo che osservavano una stanza con un lungo tavolo e venti sedie, maestosi candelabri spenti che un tempo l'avrebbero illuminata a dovere. Lì l'aria era umida, fredda. Cara percepiva anche un altro odore, era...fumo? Girò lentamente lo sguardo verso il camino e con orrore notò che era acceso. Su una sedia, dandole le spalle, era seduto un uomo impossibile da non riconoscere. Cara riusciva a vedere solo le lunghe mani dalle dita bianche, ma le bastò per capire che si trattava di suo padre, Lord Voldemort. Pensò a quante probabilità ci fossero che passasse inosservata, sia da lui che dagli uomini che aveva visto prima. Decise che tanto valeva provare a passare da lì. Mentre il peso della paura le opprimeva il petto staccò il corpo dalla parete di marmo e si avviò, leggermente curvata per fare meno rumore, verso la porticina situata proprio di fronte a lei. Passo dopo passo la possibilità di essere scoperta cresceva sempre di più, direttamente proporzionata all'ansia che opprimeva il suo cuore. Arrivata alla porticina la aprì solo leggermente, facendo scudo alla luce col suo corpo e non permettendole di passare. Sgusciò fuori più velocemente che potè e richiuse in fretta. Non sapeva se Voldemort avesse sentito quell'ultimo scatto, ma di certo non aveva voglia di verificare. Appena la porta si richiuse alle sue spalle e il sole la illuminò da capo a piedi iniziò a correre verso il cancello, che si dissolse come se non fosse mai esistito nel momento in cui ci arrivò vicino. Era fatta. Si fermò un attimo e trasse un sospiro di sollievo, riuscendo quasi a percepire il peso che le si toglieva dalle spalle. Si prese un momento per respirare, poi si materializzò fuori dalla Gringott.

Remember me // BellamortOpowieści tętniące życiem. Odkryj je teraz