Temptation

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Ayame, la figlia del primo lupo Fenrir, era la madre di Leigh. La tua compagna Filtiarn è l'erede diretta della stirpe reale e tu sei il lupo maledetto, l'erede per forza di volontà e forza fisica del grande primo lican Fenrir. In sostanza voi, la coppia che la Dea Luna ha deciso di unire con l'infinito filo rosso del destino, è anche discendente diretta della famiglia reale dei primi lican mai esistiti.

Continuavo a leggere quelle parole, come per capacitarmi davvero di ciò che significavano. Mi sembrava di essere finita dentro una soap opera di bassa qualità e dalle puntante infinite, in cui non si capisce mai un fico secco di quello che in realtà succede. La lettera che Connor aveva fatto recapitare al suo alfa prima di partire per una missione segretissima, non lasciava spazio ai fraintendimenti. Fenrir era di nuovo il solito oscuro e antipatico signore di casa, ma per lo meno a me ogni tanto regalava qualche sorriso.
«Il Cerchio sarà qui domani. Non abbiamo più tempo.» La prima frase che si concede di fare dopo quasi mezz'ora di silenzio assoluto non è propriamente quella che volevo sentire, dopo tutto quello.
«Per cosa?» Chiesi non capendo dove volesse andare a parare. Mi sembrava evidente che anche lui fosse scosso per tutto quanto, eppure pensava solo al Cerchio. Le cose tra noi andavano bene, oserei dire alla grande, ma c'erano ancora tante carte coperte che necessitavano di una spiegazione.
«Per tutto.» Ammise, passandosi una mano sul viso stanco. Erano le dieci di sera e lui non si era fermato neanche per la cena.

Erano due giorni che mi allenavo senza sosta con lui. Erano di giorni che avevo male pure alle gengive. Filtiarn mi stava preparando allo scontro diretto senza scrupoli, i muscoli mi facevano male anche solo a stare ferma, senza contare tutte le acrobazie che ci riservavamo per la camera da letto. Un altro sospiro stanco lasciò la sua bocca. Era stanco morto e si vedeva, ma non si voleva fermare. Pensava di essere invincibile? Alzai gli occhi al cielo e mi avvicinai a lui, posando una mano tra i suoi capelli, iniziando ad accarezzarlo dolcemente.
«Devi fermarti. Devi essere riposato per domani.» Non voleva essere un rimprovero, ma temevo che lui lo potesse percepire come tale. Dopo quasi tre mesi che ero lì, quello era il primo vero contatto spontaneo, fatto perché ormai tenevo a lui.
«Devo finire qui, ci sono troppe cose da sistemare.» Alzò appena lo sguardo verso di me, poi tornò con gli occhi sul portatile di fronte a lui. Così non saremmo andati da nessuna parte.
«Filtiarn guardami.» Non volevo arrivare a dover tirare in ballo il mio lican con potere alfa e bla bla bla, anche perché con il mio compagno non avevo ancora aperto il capitolo del "non mi trasformo da dieci anni" e quello non era proprio il momento migliore per farlo. Quando finalmente si decise a guardarmi, lo ammonì con lo sguardo senza scrupoli.
«Ora andiamo a letto.» Il tono era fermo ed irremovibile. Quella piccola battaglia l'avrei vinta io perché era giusto così e lui lo sapeva.
«Non ho neanche la forza per fare una battuta di spirito sulla tua frase.» Sorrisi alla sua affermazione sconcia, mentre lo tiravo per un braccio. Finalmente si alzò, nonostante lo sforzo. Posò le mani sui miei fianchi e la fronte sulla mia. Chiuse gli occhi e si concesse un profondo respiro.
«Grazie.» Filtiarn era un uomo così complicato che a volte mi sembrava di avere a che fare con una donna.

Gli uomini sono oggettivamente più semplici da capire e con cui avere a che fare, rispetto alle donne. Filtiarn però era un caso a parte. Si complicava la vita da solo, il che di solito ero io a farlo con me stessa, ma stando insieme a lui avevo capito che in realtà io non ero poi così complicata come avevo creduto di essere. Non facemmo in tempo ad uscire dal suo studio che un Charlie trafelato e con il fiato corto ci fu letteralmente addosso.
«Abbiamo un problema.» Sussurrò, mentre si piegava sulle ginocchia per cercare di riprendere fiato più velocemente.
«Molto serio?» Chiese Filtiarn, mentre faceva passare un braccio intorno alla mia vita. Era turbato e io ero la sua ancora in quel momento.
«Abbastanza.» Annuì il secondo in comando, cercando di mantenere un respiro normale e non affannato. Peccato che noi avessimo avuto una giornata piena e abbastanza pesante, aspettare non era previsto.
«Dai Charlie parla! Devo cavarti le parole di bocca? Sono stanco.» Filtiarn alzò il tono della voce, passandosi una mano sul viso. Iniziai ad accarezzargli la schiena, cercando di evitare almeno che svegliasse tutto il resto del branco con le sue urla.
«Impossibile, tu non sei mai stanco.» Charlie era un vero cretino talvolta. Voleva fare dell'ironia per sollevare gli animi nel momento sbagliato.
«Charlie!» Lo richiamai esasperata. Anche io volevo solo andarmene a letto, ma stando ai fatti non era ancora giunto il momento.
«Ok, ok, va bene. Allora... Da dove cominciare...» Alzò le mani in segno di resa, per poi iniziare a parlare, solo per fermarsi due secondi dopo.
«Datti una mossa.» Filtiarn stava perdendo la pazienza e io pure. Appoggiai stanca la mia testa sul suo braccio e continuai ad accarezzarlo.
«Hanno attaccato i confini sud e ovest. Abbiamo numerosi feriti con arsenico e argento. Non ho mai visto ferite del genere Filtiarn... Abbiamo ripreso il controllo e ripristinato i confini, ma la situazione è precaria.» Charlie parlò tutto d'un fiato, eppure le mie orecchie iniziarono a fischiare. Mi sembrava di essere stata catapultata in un altro mondo. Tutte quelle informazioni vomitate con quella frenesia e quella stanchezza mi avevano colpito più del previsto. Io le curavo le persone, non le uccidevo, non più!

Lord of the wolvesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora