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"Cos'altro è più inebriante e adrenalinico della sensazione di sapere di non poter fare qualcosa, ma farla comunque?"

Ayane-Sensei

Guardai Orias, in tutta la sua avvenenza e bellezza demoniaca

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Guardai Orias, in tutta la sua avvenenza e bellezza demoniaca. Era oscurità, follia e desiderio. Lui era questo, e molto altro - erano molte le cose che avrei dovuto scoprire su di lui e la sua conturbante personalità - e volevo scoprire ogni cosa, anche la più futile. Tutto quello che lui era, o era stato in passato. Ogni cosa.
Ma volevo fosse lui a rendermi partecipe.

Mi esaminò minuzioso e mi ammonì: «Non perderti nei tuoi pensieri, non quando sei con me».
Alzai leggermente il mio sguardo, incontrando il suo austero. I nostri sguardi erano fiamme incandescenti e sprigionavano scintille, saette, fulmini, e uragani devastanti. Volevo farmi travolgere da quell'uragano che era Orias, dopotutto, ogni persona era un po' un uragano, ma noi due insieme... eravamo pura tempesta, pura catastrofe. Ma allo stesso tempo, eravamo salvezza. Un rifugio dalla tempesta.

«Non ti permetterò di perderti a pensare», sussurrò, con tono diabolico. Il suo volto velato da ombre plumbee si chinò lesto e affamato sul mio collo. Mi respirò, come se volesse appropriarsi del mio odore e come se bramasse il mio profumo ancora più del mio sangue. Il suo gelido respiro batteva sul mio collo pulsante e desideroso delle zanne di Orias, un desiderio che non mi sarei mai aspettata di provare, eppure... con Orias tutto era possibile. Fremevo al solo pensiero di sentire le sue labbra sulla mia pelle, i suoi canini sprofondare in me. Le sue labbra baciarono il punto dov'ero stata morsa in precedenza.

Risalì il collo e tracciò una scia di baci fino al mio orecchio e sussurrò: «Ti fa impazzire questa sensazione, non è vero?».
Dopo aver udito le sue parole, spalancai gli occhi e i suoi canini appuntiti sprofondarono nella mia carne, facendomi perdere la lucidità mentale, che già non avevo in sua presenza. Le sue zanne erano glaciali come mille inverni e come mille lande ghiacciate. Sussultai per la sensazione artica che mi stava dando. Ben presto la sensazione di gelo scomparve, cedendo il posto a una sensazione di calore rovente, bruciante e infuocato.
Calda e accattivante. Stimolante.
I canini si riscaldarono rapidamente, avvolti dal manto di calore sanguigno. Orias succhiò il mio sangue frettolosamente e impazzendo, probabilmente, della stessa frenesia che stavo provando io, che mi stava facendo impazzare desio e pensieri insani nella mia mente e mi stava accendendo il corpo di un fuoco incandescente pronto a divampare e incenerire tutto.

Volevo di più... lui lo voleva?

La sensazione anormale ma inebriante e piacevole dei suoi canini nel mio collo, faceva innescare qualcosa in me, come se oltre al mio sangue, succhiasse via qualcos'altro, la mia razionalità, a esempio. Orias estrasse i suoi canini e gemetti a quella sensazione piacevole ma allo stesso tempo triste, perché volevo continuasse. Anche se, presumibilmente, se avesse continuato ulteriormente sarei svenuta come minimo. Ciò era lampante, dato che riuscii a malapena a restare in piedi.
Le mie gambe erano tremolanti come foglie travolte da una brezza serale. Orias mi guardò con il suo solito sguardo demoniaco, scarlatto e ipnotico. Era ammaliante. Uno spettacolo da guardare, osservandolo molto attentamente. Un'opera d'arte complessa e impossibile da definire, un qualcosa di astratto.

«Il tuo sangue mi fa impazzire...», mormorò, con voce flebile. Aveva perso il suo autocontrollo.
Si leccò le labbra carnose sporche del mio sangue e mi accarezzò i capelli arruffati delicatamente. Mi sistemò una ciocca ondulata dietro l'orecchio, non mi ero nemmeno resa conto che i capelli si fossero sciolti e che adesso erano in uno stato ingestibile. Ero presa da altro. Da lui. Da noi. Dalle sensazioni che avevo provato grazie a lui.

«Credo di aver esagerato...», ammise, guardando il mio viso.
«...Sei ancora più pallida del solito, e le tue gambe...», constatò, abbassando il suo sguardo alle mie gambe nude, lasciate scoperte dalla tunica.
«...Tremano come foglie al vento», terminò. Lo guardai divertita e di sicuro aveva ragione, perché poco dopo le mie gambe cedettero e rischiai di cadere nuovamente. Orias rapido come una saetta mi afferrò, avvicinandomi a sé, impedendomi di cadere. Il mio corpo morbido e minuti era stretto al suo robusto e imponente. Mi teneva stretta a sé come se fossi un tesoro prezioso, il più prezioso.

Lo guardai alzando lo sguardo, e lui disse: «Ti ho indebolita troppo, scusami, ho perso il controllo di me stesso...», si interruppe, «...mi fai impazzire, tu e il tuo sangue dolce...».

«Stai bene?», chiese, visibilmente allarmato.
«T-Tranquillo», balbettai.
«Sto bene», continuai. Ero solo un po' stanca.
«Sei una bugiarda, piccola Army» sibilò, con voce seducente e soave.
«Per farmi perdonare, oggi ti assisterò io stesso, se avrai bisogno di qualcosa chiedi pure direttamente a me», mi informò, serioso. Lo guardai sbigottita e capii che stesse parlando di Kayla e Cassandra. Annuii. Lui mi prese in braccio a mo' di principessa e iniziò a camminare.

«Te la senti di trasmutare? Potresti sentire un leggero senso di vomito», chiese. Annuii e lui trasmutò, delle nubi nere e dipinte di stelle ci circondarono, i suoi occhi rossi come il sangue scarlatto divennero ancora più intensi e trasmutammo davanti al portone dell'abitazione. Uno schiocco di dita e si aprì il pesante e gigantesco portone di casa. Entrammo e vidi Kayla e Cassandra avvicinarsi preoccupate. In coro e con voce preoccupata domandarono: «Cos'è successo? La signorina sta bene? E voi, state bene Signor Wyld?».

Orias annuì e disse: «Non preoccupatevi, stiamo bene». Le superò rapidamente. Salì le scale in pietra di luna e mi portò in camera sua. Entrammo subito dopo lo schiocco delle dita di Orias che fece spalancare la porta spessa e scura. Mi stese sul suo grandissimo letto a baldacchino dalle coperte morbide nere e si distese al mio fianco. Mi guardò attentamente, desolato.

«Ti ho fatto male?», chiese, preoccupato.
Si riferiva al morso?
Presumibilmente sì, perché subito dopo le sue dita viaggiarono fino a giungere nell'esatto punto dove vi erano i segni del suo passaggio. Sussultai leggermente, perché avvertii un lieve fastidio quando le sue dita toccarono il segno del morso. Lui lo notò.
«No». Lo guardai e sorrisi fievolmente.
«Mi è piaciuto...», ammisi e lui mi guardò accigliato e stupito, come se non si aspettava che lo dicessi.
Sorrise con compiacimento e quel sorriso mi stregò.

Kiss or DeathWhere stories live. Discover now