Capitolo 2

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"Tea."

"Tea?"

"È il mio nome. Abbastanza corto e strano, lo so. Ma mi chiamo Tea."

Michael saltò in uno scoglietto lì davanti e vi si sedette, era circa a mezzo metro di distanza da me.

"Non ti ho mai vista qui, Tea."

"Neanch'io ho mai visto te. Di solito... Non vengo a curiosare qui in giro. Prima frequentavo altre zone, e probabilmente con le persone sbagliate." Mi si abbuiò la mente al solo pensiero di Matthew. "Però adesso ho deciso di visitare più spesso questi posti. Qui mi piace, è calmo e così tranquillo."

"Il luogo dei perché."

Alzai le sopracciglia squadrando meglio Michael, e per la prima volta puntò i suoi occhi chiari su di me. Erano verdi, con qualche sfumatura di castano, non riuscivo a riconoscere bene il colore.

"Perché lo chiami così?"

"Ti sei appena risposta da sola. Mi hai fatto una domanda chiedendomi perché. Non so a te, probabile che te ne accorgerai, ma ogni volta che vengo qui mi vengono in mente tante domande, e iniziano tutte con perché. Quindi, per frequentare questo luogo, hai sicuramente qualcosa che non va. Benvenuta all'inferno, Tea, ti sarà impossibile uscirne."

Rimasi impressionata dalle parole di Michael, incutevano timore ma anche tanto mistero. Io amavo i misteri, e sarei stata pronta a risolverli in qualunque maniera.

"Che intendi?"

"Niente." Fece un accenno ad un sorrisetto forzato.

"E tu, invece, perché sei qui?"

"Te l'ho detto. Di qua non si va mai via. Sei sola con te stessa, e sembrerebbe poco, ma fidati, a volte è anche troppo."

"E perché?"

"Capirai, piccolina."

Non avevo voglia di discutere, perché ero stanca, triste, distrutta, e volevo stare davvero sola.

"Bene." Dissi, semplicemente. Non potevo cacciarlo via.

Probabilmente però lo capì, perché disse: "Io me ne vado. Ci vediamo, Tea. Mi piace il tuo nome."

"Okay... Ciao, Michael. Ci si vede."

Lui, con agili saltelli, riuscì a saltare sugli scogli e a ritornare alle scale facilmente.
Era particolare, ma non riuscivo a soffermarmi sul suo pensiero perché ero ancora troppo ferita dagli avvenimenti precedenti.

Vedere Matthew con quella mi aveva... Buttata giù, aveva fatto diventare grigi tutti i colori e non riuscivo più a distinguere la realtà dall'illusione.

Così guardai un altro po' il mare, lasciandolo trascinare la sofferenza alla deriva.
Poi mi alzai, e, saltellando da uno scoglio all'altro, decisi di tornare a casa controvoglia.

---

"Rogers."

Alzai debolmente la testa per vedere chi fosse a chiamare il mio cognome, nel corridoio, davanti a tutti.
Trevor, in tutta la sua imponenza, stava dritto davanti a me.

Aveva sputato per terra, e si era avvicinato per chiamarmi per cognome, come sempre.
"Che vuoi?"

"Ti consiglio di metterti un cappello o qualcosa del genere. Sai, vedevo le tue corna già da lì sotto."

Diventai rossa come un peperone, volevo buttare fuori tutta la rabbia che avevo dentro, ma non sapevo cosa fare.
Mi limitai a sbattere l'armadietto per chiuderlo con violenza e a girarmi dall'altro lato, per dirigermi verso la mia classe.

Trevor e i suoi amici continuarono a ridere alle mie spalle, insieme a tutti i leccapiedi della scuola. Davvero ne valeva così tanto la pena?

Prima erano miei amici, andavamo d'accordo, anche se non erano così simpatici.
Ma ormai avevo capito come erano fatti, quindi mi avrebbero presa in giro sempre, da quel momento in poi.

Ma chi se ne importava? Li avrei lasciati nella loro ignoranza, e nell'inconsapevolezza dei fatti.

Mi sedetti al mio posto accanto a Lux, la mia compagna di banco. Era un'esile ragazzina dai capelli tra il rosso e l'arancio, sempre legati in una piccola crocchia, e con occhi verdi enormi.

"Hey, Tea." Mi disse, sorridendo.

"Ciao, Lux."

Ciò che ci accomunava era il nome a tre lettere, me n'ero accorta subito il primo giorno di scuola. Mi piaceva tantissimo contare, i numeri erano l'unica cosa infinita, e mi piaceva avere quell'idea di certezza, almeno per qualcosa.

Il mio numero preferito era, appunto, il tre. Non solo perché erano le lettere che formavano il mio nome, o anche quello di Lux.

Prima di tutto, facevo il compleanno giorno tre marzo. Tre tre.

Quando avevo tre anni mi erano spuntate tre lentiggini sul viso.

Dormivo con tre pupazzi in particolare da quando avevo tre anni. Si chiamavano Mar, Ben e Pom. Tre nomi di tre lettere.

Il mio armadietto era il numero 33.

Eravamo tre figli, in casa mia. Io, mio fratello piccolo Jason, che chiamavo sempre Jas (tre lettere), e mio fratello più grande Ros. Si chiamava proprio così, Ros. E io odiavo il suo nome. Ma aveva tre lettere.

Eppure, era stato tutto un caso. I miei genitori non avevano fatto caso a questo dettaglio, che io e Ros avevamo un nome di tre lettere e che Jason aveva un soprannome con lo stesso numero. Così come tutto il resto. Erano delle coincidenze.

"C'è qualcosa che non va, Tea?" Mi chiese Lux, mentre uscivo il libro di fisica dallo zaino.

"Beh.." Mi spostai un ciuffo che mi era caduto davanti al viso. "In realtà, sì."

"Che succede? Vuoi... Vuoi parlarne?"

Annuii, stavano già iniziando a scendere le altre lacrime.
Le contai.
Una, due, tre.

"Professoressa, possiamo andare in bagno?" Le chiesi, sull'orlo del pianto.

"Non puoi andarci da sola? Siamo anche alla prima ora.."

"La prego, prof, è urgente." Presi Lux per un braccio e ci precipitammo in bagno sotto lo sguardo confuso di tutta la classe.

Aprii la porta e mi sedetti per terra, portando le ginocchia al petto e poggiandoci la testa su.
Lux si chinò davanti a me, inginocchiandosi.
Mi porse un fazzoletto, ed io lo accettai, cercando di farle un sorriso che si rivelò solo una smorfia triste.

"È successo qualcosa con Matthew, vero?"

Annuii, e mi venne da vomitare pensando alla scena alla quale avevo assistito il giorno prima.

"Vuoi sfogarti?"

"Io... Io mi sento uno schifo, Lux. Ero andata a casa sua, ieri pomeriggio, per fargli una sorpresa, avevo comprato il gelato. E invece, quando sono entrata, non era solo... Mi ha tradita. Mi ha tradita con una ragazza del quarto anno, Paula. Ti rendi conto? Mi ha spezzato il cuore."

Lux, davanti a me, sembrava non avere parole. Sussurrava, semplicemente: "Dopo due anni e mezzo..."

Non ce la feci più, mi accasciai sul pavimento e piansi ancora più forte mentre lei mi avvolgeva in un caldo abbraccio con le sue braccine minuscole.

Three || Michael CliffordNơi câu chuyện tồn tại. Hãy khám phá bây giờ