CAPITOLO 16 - ALESSANDRO

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Le parole dei miei genitori continuano a ronzarmi in testa, come se li avessi delusi.
Sto guardando Michele, il mio compagno di banco, mentre prende appunti durante la lezione di scienze.
Distolgo lo sguardo e inizio a trascrivere sul mio quaderno le parole dell‘insegnante.
La verità è che mi trovo in una zona di limbo, non sapendo se essere me stesso o continuare a fingere di essere etero.
A scuola nessuno sa che sono gay, fin dalla prima settimana ho cercato di non far notare questa cosa, e sinceramente non so nemmeno perché.
Mi sento come se essere omosessuale sia una colpa o un motivo di scherno.
Quest’estate ho provato a farmi piacere delle ragazze per essere un po’ più “normale” ma con scarsi risultati. Per quanto potessero essere carine e simpatiche non sono riuscito a pensare a loro come delle ipotetiche fidanzate.
Comunque adesso è suonata la campanella dell’intervallo e sto per andare a sgranchirmi le gambe in cortile ma vengo fermato da Laura, la sorella gemella di Michele. 
Parliamo del più e del meno e le chiedo com'è andata l’interrogazione di latino.
A un certo punto vedo che diventa seria.
- Alessandro, è da qualche mese che mi sono resa conto che tu e mio fratello vi piacete ma nessuno dei due osa fare la prima mossa. Potreste uscire insieme e provare a conoscervi, che ne dici?
- Sarebbe una bellissima idea. Michele è gentile e timido da far quasi tenerezza.
- Ma ti senti? È chiaro che hai una cotta per lui ma non vuoi ammetterlo. Inoltre sei arrossito parecchio. Dico sul serio, dovresti frequentarlo, altrimenti non saprai se lui ricambia i tuoi sentimenti.
- Okay ci proverò. Grazie mille.
Seguo il consiglio di Laura, invito Michele ad uscire e con mio grande stupore accetta immediatamente.

Quel pomeriggio usciamo insieme da scuola e andiamo a mangiare qualcosa, poi facciamo una passeggiata al Valentino.
Mentre camminiamo non posso fare a meno di guardarlo: ha gli occhi chiari e i capelli scuri come la sorella ed è alto quasi quanto me.
Dall’inizio dell’anno non ho mai trovato il coraggio di parlargli e adesso che ne ho la possibilità non so cosa dirgli.
In realtà vorrei chiedergli da quanto tempo sa di essere gay e come l’ha scoperto ma decido di fare una domanda più semplice.
- Cosa ti piace fare nel tempo libero?
- Giocare a calcio e a te?
- Io quando non sono impegnato sto con la mia migliore amica ma ultimamente la vedo poco perché siamo entrambi concentrati sullo studio. La conosco dalla prima elementare.
- Sono contento per voi. – Dice sorridendo e non posso fare a meno di notare che ha un sorriso da mozzare il fiato.
Dopodiché stiamo dieci minuti in silenzio finché non vediamo uno scoiattolo.
A questo punto Michele prende le noccioline che ha comprato al bar dove abbiamo mangiato e gliene da un paio.
Lentamente l’animale si avvicina e si lascia accarezzare.
Appena mi inginocchio per toccare lo scoiattolo ci sfioriamo la mano.
Andiamo a fare un giro in Piazza Castello e poi ognuno torna alla propria abitazione.
Quando arrivo in Corso Vittorio Emanuele, dove abito, penso che questo sia stato un pomeriggio fantastico.
Durante la cena i miei genitori mi chiedono se mi sia passata quella “fase”. Io mento ma non ne sono per niente soddisfatto. Non ho mai detto bugie ma voglio aspettare di vedere come procedono le cose con Michele prima di dire loro la verità.

Per tutta la settimana non facciamo altro che stare insieme e più passo del tempo in sua compagnia più mi stupisco di come per la prima volta da quando ho scoperto di essere gay mi senta così libero di essere me stesso. 

Parliamo di tutto e mi racconta che si è reso conto di essere omosessuale quando in seconda media si è preso una cotta per il fratello di un suo compagno di classe.
È giovedì sera e sto cenando con i miei genitori. Decido di essere sincero con loro anche se sicuramente riceverò la solita risposta.
- Devo dirvi una cosa. So che mi direte che è solo una fase ma voglio fare un tentativo. In questi giorni sto conoscendo meglio un mio compagno di classe. Si chiama Michele e mi piace moltissimo, pensavo di invitarlo qui a cena domani sera.
- Infatti ribadisco il concetto. Dovresti innamorarti di una ragazza. Non ce n’è proprio nessuna che ti piace nella tua scuola? – Mi chiede mio padre.
- No. Comunque quest’estate ci ho provato a farmene piacere alcune, ma non ha funzionato. Mi dispiace ma non posso farci nulla.
- Se proprio vuoi puoi portarlo, così vediamo che tipo è. – Interviene mia madre.
- Vi piacerà ne sono sicuro.
Con la coda dell’occhio mi accorgo con rammarico che mio padre è scuro in viso.

Il venerdì sera ci fermiamo a vedere la Mole illuminata di blu dopo aver trascorso il pomeriggio al museo egizio.
Il cielo è così scuro da sembrare quasi nero e io continuo a guardare Michele che mi sorride. Non so chi ha preso l’iniziativa ma ci avviciniamo fino a riuscire a confondere i nostri respiri, chiudiamo gli occhi e ci baciamo. 
Per il freddo ci stringiamo ancora di più l’uno all’altro ed è come se fossi da un’altra parte e non più sotto la Mole in una sera invernale.
Probabilmente qualcuno ci starà guardando disgustato ma adesso non mi importa, ho sognato questo momento da troppo tempo e voglio godermelo fino in fondo. 

- Grazie. – Mi ritrovo a dire appena ci stacchiamo.
- Di cosa?
- Per farmi stare bene quando siamo insieme. Da quando ti conosco mi sento meglio e non devo più nascondermi. Sei tutto quello che ho sempre voluto.
- Anche tu per me.
Ci diamo un ultimo bacio e andiamo verso casa.
- Senti ti andrebbe di fermarti a cena da me? Vorrei farti conoscere i miei genitori. – Gli chiedo.
- Certo, mi piacerebbe moltissimo. D’altronde siamo fidanzati adesso. E se te lo stai chiedendo, si l’ho detto per davvero.
- Il fatto è che non ho ancora realizzato che stiamo insieme e sentirlo da te mi sembra strano.
- Forse pensi che è troppo bello per essere vero. Devi solo abituarti e non ti sembrerà più un sogno.
- Hai ragione. – Dico dandogli un bacio sulla guancia e lui ricambia accarezzandomi la schiena.
     Per tutta la durata della cena i miei genitori chiacchierano con Michele come se lo conoscessero da sempre.
Dopo andiamo in camera mia e ci sediamo sul letto.
- Ti devo dire una cosa. Secondo me sarebbe meglio se dicessimo a mia madre e a mio padre che stiamo insieme. So che può essere spaventoso ma almeno loro devono saperlo. Non voglio obbligarti ma sono stufo di fingere che siamo solo amici.
- Sono d’accordo con te, la gente ci guarda male ogni volta che ci teniamo per mano. Vedrai che andrà tutto bene. – Dice accarezzandomi i capelli. Improvvisamente mi sento più tranquillo e sono pronto per affrontare la situazione.

- Mamma, papà dobbiamo dirvi una cosa.
- Di cosa si tratta?
- Vedete io e Michele non siamo solamente compagni di classe, siamo innamorati. 
- Non avrei mai creduto di poter provare un’emozione simile.
- È una notizia fantastica ragazzi. Siamo felicissimi per voi.
- Ci ho riflettuto molto e per me quello che conta è che tu sia felice.
Michele si ferma ancora cinque minuti e poi mi saluta con un bacio sulle labbra dicendomi che domani andiamo a scuola insieme.
Appena chiudo la porta mi siedo sul divano.
- Scusatemi se non vi ho detto nulla ma volevo vedere come andavano le cose tra noi. Forse siete ancora convinti che sia una fase.
- Alessandro siamo noi che dobbiamo chiederti scusa. Ci dispiace di non averti capito subito. – Mi dice mia madre.
- Sappi che noi non cambieremmo niente di te, ti amiamo tantissimo. –  Aggiunge mio padre.
- Sono contento che la pensiate così. Vi voglio bene anch’io.
Nel dire questo mi lascio abbracciare e mi sembra di tornare bambino, quando non avevo paura di essere me stesso.

Buona serata a tutti!
Cosa ne pensate della storia tra Alessandro e il suo compagno di banco Michele?
Fatemelo sapere nei commenti.

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