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Nives

"Sono dispiaciuta per l'altra sera, credimi." -mugolò con dolcezza mia madre al telefono.

"Non ne hai colpa, cerca di non pensarci." -cercai di rassicurarla in tono atono.

"E come faccio? Siete i miei figli, voglio bene a tutti e tre.." -si lamentò tristemente.

"Quando finirà questa guerra?" -proseguì in tono assente spingendo il dito nella piaga.

"Mamma posso chiederti una cosa?" -chiesi con insicurezza mordendomi l'interno della guancia.

Mi fermai davanti al negozio di fiori. Stringevo il cellulare ossessivamente con la mano contro l'orecchio come se da un momento all'altro volessi spezzarlo in mille pezzettini.

"Chiedi tutto ciò che vuoi." -rispose con una calma sincera che mi incitava a proseguire.

"Ti dispiace se non sono venuta al suo funerale?" -boccheggiai con il groppo in gola.

"Niv, la maggior parte delle persone che c'erano nemmeno le conoscevo. Le rimanenti invece erano solo venute per dispiacersi." -affermò sofferente placando i miei dubbi.

"Non significa che non ci tieni, anzi. Forse proprio perché non ci sei riuscita significa che le volevi bene, più di quanto credi." -terminò la frase con lieve malinconia.

Ci salutammo con calma come se non volessimo mai interrompere quel dialogo così intimo che si era creato.

Entrai nel negozio e iniziai a guardarmi intorno sommersa da infiniti tipi di fiori che emanavano profumi diversi e intensi.

"Posso aiutarla?" -mi raggiunse una signora sulla sessantina.

Deve essere la proprietaria.

"Avete dei tulipani?" -spostai lo sguardo per scrutare il suo viso.

"Quanti ne vuoi?" -chiese con gentilezza.

"Tre bastano." -constatai pensierosa.

Se ne andò nella parte in fondo della grande stanza dove ancora non avevo guardato.

Non feci in tempo a raggiungerla che in una mano li teneva già.

Ne aveva scelti tre diversi di colore. Uno azzurro, uno giallo e uno rosa.

Mi accompagnò alla cassa e pagai di fretta.

"Vuoi che ti accompagni?" -sussurrò lievemente per non risultare invadente.

Presi i fiori che aveva scelto in precedenza con cura dalla sua mano. Negai con la testa salutandola con cortesia. Uscii stringendomi nella felpa per scacciare il freddo che si estendeva lungo tutte le ossa del corpo.

Feci solo quei pochi passi ma abbastanza per lasciarmi il negozio alle spalle e per trovare invece di fronte dei muri color marrone sbiadito e con un'infinità di crepe.

I muri venivano divisi da un largo passaggio, adatto a far entrare più persone possibili contemporaneamente.

Appena li oltrepassai il vento soffiò più forte del solito facendomi scompigliare i capelli che tenevo sciolti.

Il cielo pieno di nuvole che danzavano tra di loro nascondendo il sole come se fosse un nemico era grigio e minacciava pioggia.

I cimiteri di Parigi erano giganteschi se paragonati a uno di quelli che potevi incontrare in un paesino. La fortuna era in questo caso dalla mia parte: non me lo sarei dovuto fare tutto a piedi.

La campana di vetroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora