Nives
Daniel raggiunse la mia amica da dietro facendole prendere un colpo. Vidi Emma fare un piccolo saltino sul posto, tenendo stretto contro la pancia il bicchiere per paura che si rovesciasse.
Chiuse gli occhi per cercare di placare la sua disapprovazione e quando li aprì bevve a grandi sorsi il suo drink.
Eric spuntò da dietro il palestrato in assoluto silenzio mettendosi di fianco al mio corpo.
"Non ti sta importunando, vero?" -osservò lanciando un'occhiataccia ad Adam che lo stava già guardando.
"Sei o non sei il mio capo?" -gli domandai alterata assottigliando gli occhi.
Era la prima volta che lo rivedevo dopo il nostro incontro, le lentiggini sembrava che fossero aumentate sulle guance e i capelli rossicci erano leggermente scapigliati. Dalla camicia grigia si intravedeva una collana dorata che risplendeva contro la luce di quel posto.
"Non siamo a lavoro." -scandì secco le parole.
"Per me è come se lo fossimo." -ribattei dura con le guance arrossate dal fastidio.
Non appena finì l'alcolico e averlo poggiato sul bancone la mia amica fu trascinata da Daniel in pista. Fece scendere con audacia la mano sul fondoschiena.
Emma si liberò da quel contatto allontanandosi dal suo corpo nervosamente.
Per quella serata aveva scelto dei tacchi argentati che si potevano notare persino in lontananza, un vestitino dello stesso colore che risaltava i suoi occhi di ghiaccio e che le scendeva aderente fino a metà coscia. Le spalline erano visibili a malapena poiché si confondevano con il colore roseo della pelle. Servivano solo per tenere il suo seno prosperoso ben coperto o altrimenti c'era il rischio che le sarebbe uscito da solo.
Iniziai a bere il mio alcolico deglutendo a fatica dal disagio che provavo internamente di stare vicino a quello che era il mio datore di lavoro.
Non mi accorsi che una mano abbastanza grande e morbida era sul mio polso in una stretta sostenuta.
"Posso rubartela?" -nascose quella che era un'affermazione dietro a una domanda apparentemente innocente.
Fu una questione di attimi, mi spinse vicino al suo corpo e lasciò la presa per far respirare il mio polso accaldato.
Appena voltai lo sguardo nella sua direzione dovetti alzarlo pur di non guardare come quella camicia mettesse in risalto i suoi pettorali pronunciati.
Il viso impassibile come la bocca in una smorfia contratta e dura erano accompagnati dalla sua folta barba nera che donava un tocco di virilità.
Non appena i suoi occhi furono sul mio volto lasciò andare un sospiro pesante che sentii contro la faccia nonostante la differenza di altezza.
"Grazie per avermi salvata." -riempii d'aria in miei polmoni per far apparire il mio viso finalmente sollevato.
Non rispose, si limitò a sedersi sullo sgabello che aveva lasciato prima.
Mi sedetti vicino a lui, posai il bicchiere sul bancone chiudendolo tra le mie mani. Poggiai i gomiti sul legno liscio e freddo.
"Avrei dovuto dirti che non sono brava ad esprimere le mie emozioni." -iniziai a parlare dopo che un sorso di quel liquido mi infiammò la gola.
"Non voglio forzarti, solo che.." -non finì la frase e tornò taciturno come un minuto prima.
"Solo che?" -finii il contenuto che c'era nel bicchiere.
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La campana di vetro
ChickLitNives è un nome latino che significa neve. Adam deriva dal nome Adamo. Due vite parallele ma diverse. Neve e fuoco che insieme creano una perfetta armonia. In una Parigi che invece di essere la città degli innamorati è la città del caos.