𝟱𝟯

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Quando aprì gli occhi, era notte fonda. Una strana quiete lo accolse nel suo risveglio. Una penombra quasi piacevole lo avvolgeva, mentre il silenzio regnava sovrano, interrotto solamente da un lontano bip ad intermittenza regolare.

Per qualche attimo, nemmeno lo realizzò pienamente. Per pochi secondi, solo semplice calma.

Poi, poco a poco, scene sbiadite iniziarono a venire a galla dai suoi ricordi, riuscendo a provocargli una fitta lancinante alla tempia sinistra. Strinse gli occhi; sul volto pallido una smorfia di dolore.

Ma bastò ricordare il volto sfocato di un ragazzo dai capelli rossi a terra, quasi inerme, per fargli riprendere piena lucidita.
Per fargli palpitare il cuore nel petto, fino quasi a farlo finire in gola.

Hinata.

E quasi come fossero un fiume in piena, ricordi lontani e poco definiti lo investirono, sommergendolo.

Il volto infuriato di suo padre. La sua intera vita già programmata in qualche pila di fogli di carta conservati gelosamente da sua madre. Una bottiglia vuota di alcol tra le sue mani. Il volto di Hinata tra le sue mani. Una madre in lacrime. Il pianto di una bambina.

Una pistola puntata contro di lui.
E poi, il nulla.

Inspirò a fatica, perchè l'aria gli mancò tutto d'un tratto. Deglutì a vuoto, incapace di realizzare appieno ciò che la sua mente sembrava star assemblando in maniera poco chiara e confusa.

Solo in un secondo momento si rese conto della sua spalla sinistra, completamente fasciata e dolorante. Dopo aver spostato lo sguardo, ora adattatosi al buio nel quale era immerso, comprese di essere nel letto di una camera ospedaliera.

Respirò in modo affannato, accorgendosi di avere molteplici fasciature anche sul busto e sulle braccia. Ad ogni minimo movimento, poteva percepire i muscoli sotto pelle tirare con forza, intorpiditi e doloranti. La schiena doleva anche se provò a rilassarla contro il materasso del letto. Gli sembrava di essere stato colpito più e più volte, ripetutamente, mentre la sua testa continuava a volteggiare con lentezza.

Più si sforzava di rammentare, più gli risultava complicato riordinare i pezzi. E quasi fosse stato involontario, sentì le palpebre ricadergli sugli occhi pesantemente, e l'unica cosa che riuscì a richiamare alla memoria fu il calore di una stretta forte attorno a lui. Quasi come se qualcuno lo avesse stretto a sé. Quasi come se un braccio lo avesse continuato ad avvolgere, vegliando su di lui.

Percepì una carezza lontana.
Una voce che non riusciva a distinguere.

Un cappotto giallo, dei ricci rossi e poi il buio, nuovamente.

Quando sentì il suo corpo riprendere coscienza, udì varie voci aleggiare intorno a lui e una luce chiara interferire oltre le sue palpebre. Con ancora gli occhi serrati, inspirò a fondo, storcendo appena il volto per il dolore che gli si propagò per l'intero addome.

«Ragazzo? Come ti senti? Riesci a sentirmi?», un'altra voce, ma sconosciuta. Alzò con lentezza e fatica le palpebre, spostando lo sguardo sull'uomo in camice che lo affiancava. La mascherina sul suo volto gli impedí di scrutarne le fattezze. Annuì appena, solo dopo vari secondi. Non volle nemmeno sforzarsi a parlare.

Per un attimo, aveva sperato che quell'attimo di lucidità in mezzo al buio fosse stato solo frutto del suo subconscio, ma non era stato un sogno. Era davvero in un ospedale.

Che diavolo é successo?

Un altro dottore, nel vederlo in parte stordito, gli domandò se ricordasse il suo nome, il periodo in cui stava vivendo, la sua età e perfino il nome dei suoi genitori.

𝗠𝗮𝘁𝗰𝗵 𝗠𝗮𝘀𝘁𝗲𝗿 | 𝗞𝗮𝗴𝗲𝗵𝗶𝗻𝗮Onde histórias criam vida. Descubra agora