17. «Chiudi quella merda di bocca Arthur!» I

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Nonostante non fosse notte, e il corridoio dell'hotel  fosse lievemente illuminato dalla luce del sole che pian piano stava sorgendo, restava comunque inquietante. Mi affrettai a raggiungere la fine del corridoio. L'unico rumore udibile erano i tacchi dei miei stivali a contatto con il pavimento lussuoso. Erano soltanto le sette di mattino, e sicuramente c'era chi mi stava maledicendo per quel suono, che se pur non assordante, poteva essere fastidioso. Richiamai l'ascensore e aspettai impazientemente che le porte si aprissero. Lanciai qualche sguardo alle mie spalle nell'attesa.

Sorrisi quando le porte in metallo si aprirono, e la mia figura apparì nello specchio posto nell'ascensore. Ci entrai e schiacciai il pulsante del piano terra aspettando poi che le porte si richiudessero, poi però, successe tutto molto velocemente. Proprio nell'esatto momento in cui le porte si stavano per chiudere definitivamente una grande mano si infilò tra di loro fermandole. Le porte si riaprirono e per un momento smisi di respirare non vedendo più nessuno dell'altro lato. É lui. É ghostface.

Proprio nel momento in cui ero pronta ad accettare una coltellata, nell'ascensore entrò l'ultima persona che mi sarei mai aspettata. Avrei preferito ghostface.

Mi sovrastò con la sua statura, mi concesse una veloce occhiata e scorbuticamente mi diede le spalle cliccando il pulsante piano terra. Ma tu guarda un po' questo stronzo.

Non riuscii a togliergli gli occhi di dosso, ne tanto meno evitare di dedicargli un espressione schifata e contraria. Capivo che lui avesse una maglia blu ed io un cappellino rosso, ma almeno la cortesia di farmi un sorrisetto dopo aver fermato la mia ascensore?

Quando le porte si aprirono Max Verstappen uscì di fretta e furia dall'ascensore scomparendo dalla mia vista. Uscii dall'ascensore incamminandomi verso l'entrata, dove non riuscii a non notare un sorridente Charles Leclerc aspettarmi dinanzi ad un suv nero enorme.

«Buongiorno» mormorai, facendo vagare il mio sguardo nella hall, ritrovando ancora la stessa figura del biondo a vari metri di distanza tra noi.

«Stai bene? Sembri traumatizzata».

«Ero in ascensore con lui» feci un cenno verso Max Verstappen a braccia conserte, mentre Charles con gli occhi seguì il punto che gli avevo indicato. Charles storse il naso non appena i suoi occhi si posarono sul suo rivale.

«Non gli hai chiesto una redbull, vero?» scherzò, smettendo di guardarlo e concentrando la sua attenzione esclusivamente su di me. L'avrei risposto se solo un uomo poco distante da noi non avesse ridacchiati. Quando poggiai il mio sguardo su di lui, non potei non trovare il suo aspetto incredibilmente familiare.

«Amanda lui è Andrea Ferrari, mio amico e personal trainer» mi informò Charles, mentre l'affascinante uomo dagli occhi chiari si avvicinava a me porgendomi la mano. Oh. L'avrò sicuramente visto in televisione o in qualche foto sul profilo instagram.

«Mi piace la combinazione tra nome e lavoro» scherzai stringendogli la mano volentieri. Andrea mi sorrise, confessandomi che non era la prima volta che qualcuno glielo dicesse. Parlammo per un po', in attesa che gli altri due fratelli Leclerc potessero raggiungerci, poi però dopo un paio di minuti un pensiero mi balenò in testa.

«Dov'è il fotografo?» chiesi facendo vagare lo sguardo da Andrea a Charles. All'improvviso dalla portiera aperta del suv sbucò un volto familiare. Joris. «Potrei darti fastidio oggi Joris, ho bisogno di foto nuove per instragram» lo informai pronta a fare dei passi verso di lui, ma una voce alle mie spalle mi fermò.

Predestinati || Charles LeclercWhere stories live. Discover now