𝐳𝐡𝐞𝐥𝐚𝐧𝐢𝐞 𝐫𝐨𝐳𝐞

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svegliati
mangia
lavora
dormi
riproduciti
muori

Una tiritera che mi accompagna dalla tenera età. Un'età che di tenero aveva ben poco.

Mi sfrego gli occhi con il dorso delle mani, pigramente, provando invano a risvegliarli dal loro torpore. Il mio caffè americano ancora fuma, ma questa mattina sono più propensa a lasciarlo lì. Il risveglio è stato traumatico, ancor più di quella che per me è la quotidianità. Attanagliato da incubi e ricordi, le mie notti sono abituate ad essere ingoiate e rigettate in un loop tortuoso che priva il mio sonno della sua serenità. Così, ogni mattina, è mia consuetudine essere un riprovevole bagno di sudore. Oggi è soltanto stata più dura del solito.

Sposto distrattamente lo sguardo sull'orologio, sgranando le palpebre nel realizzare quanto sia in ritardo per l'ennesimo giorno di quest'ultimo anno interminabile.

Il fatto che non mi piaccia truccarmi mi risparmia tempo notevole, che sicuramente non perderei incipriandomi il naso e sporcandomi le labbra. Posso quindi raccattare i primi vestiti offertimi dal grande armadio, che all'apparenza ha la stessa funzione del buco nell'ozono, e correre verso la porta d'ingresso oltre la quale posso vedere la mia Chevrolet Impala rossa.

Presto quest'ultima attira l'attenzione di tutta Hawkins, che resta indignata dinanzi al mio sfrecciare che risuona come un fragoroso ruggito, per non parlare dell'abuso eccessivo che faccio del clacson elegantemente accompagnato dagli insulti garbati di un dolcissimo personaggio delle fiabe. La bestia.

Le vacanze estive sono terminate da poco dunque le strade già brulicano di persone, tra chi va di corsa e chi, invece, si conquista tutta la calma di questo mondo. Dal cielo viene più un po' di pioggerella, quella che ti rinfresca, ed è raro che la città veda la pioggia in questo periodi dell'anno, non accadeva da anni.
Non accadeva dalla mia prima notte qui, ossia a Luglio del 1971.
Ricordo di come ne ammirassi le goccioline dal finestrino dell'auto di mio padre, immaginando che tra di loro ci fosse una gara di corsa, come quest'ultime s'infrangessero in un lento silenzio contro il vetro. Soprattutto, vivo nella mia memoria c'è il ricordo di come questo magico momento venne trasformato nel peggior incubo ad occhi aperti al quale una bambina di quell'età potesse mai assistere.

Di quella notte, poi, mi restano soltanto le immagini di due mani gelide che mi strappano dalle braccia di chi prova invano a tenermi stretta, dagli occhi che, bagnati dalle lacrime, si spengono lentamente. Occhi che non ho mai più rivisto, se non attanagliati nei meandri dei miei sogni irrequieti.

Devo frenare bruscamente rischiando di sbattere contro il volante, dal momento che un  imbecille ha deciso di tagliarmi la strada allo stop che precede l'entrata della scuola. Suono ripetutamente il clacson in preda ad un attacco d'ira, sopraffatta poi dalla brillante idea di spegnere il veicolo per poter aprire la portiera ed affrontare chiunque, questa mattina, abbia deciso di incorrere ad una morte lenta e dolorosa.

"Cosa cazzo fa– porca puttana.." "Neanche ricordi il mio nome? Sei serio?" incrocio le braccia al petto, guardando gli stessi occhi che fino a pochi mesi fa guardavo affettuosamente "Lani, io.." "Non è né il momento né il luogo per parlarne, Harrington. Ci si vede a scuola" lo saluto distrattamente con la mano mentre mi dirigo in silenzio verso lo sportello, ignorando i suoi richiami insistenti come se non fosse realmente a pochi metri da me. In seguito metto in moto, sfrecciandogli accanto senza neanche preoccuparmi di guardarlo o, quantomeno, prendere le dovute distanze dalla sua auto che quasi striscio.

Sospiro forte nell'istante in cui l'adrenalina lascia il mio corpo, come se questo servisse a liberarmene completamente. Una volta raggiunto il parcheggio della Hawkins High School, mi abbandono in silenzio contro il volante. Non ero pronta a rivederlo, non così presto.

Steve Harrington dentro di me ha lasciato scolpito qualcosa  ...  qualcosa che non saprei spiegarmi neanche tra mille vite. Neanche vederlo con altre ragazze, durante il precedente anno scolastico, mi ha lasciata così di merda come invece ha fatto oggi.

Sento la campanella suonare per quella che sarà la terza volta e decido che forse sia meglio gettare dal finestrino tutti questi pensieri che al momento mi rendono instabile, così da evitare un richiamo il primo giorno del mio ultimo anno.

Mi carico lo zaino in spalla mentre apro la portiera dell'auto, soltanto per vederla richiudersi non appena il mio piede tocca l'asfalto. La mia schiena è contro di essa ed ogni oggetto che avevo in mano pochi secondi fa è rovinato miseramente al pavimento, insieme al mio ultimo briciolo di sanità mentale.

"Ti avevo chiesto di ascoltarmi" proferisce duramente Steve, aggrottando le sopracciglia visibilmente irritato. Lo spingo prontamente dopo avergli rivolto una meritata occhiataccia, potendo poi raccogliere le mie cose. Lo sento sospirare, forse pentito di avermi aggredita senza alcun motivo apparente. Ahimè, lo vedo anche piegarsi al mio fianco per aiutarmi. "Non ho bisogno del tuo aiuto, non ne ho mai avuto" neanche lo guardo mentre gli parlo, ho ovvie ragioni per credere che non meriti attenzioni "Lani, per favore.." "Sono Zhelanie per te, Harrington" lo interrompo, spostandogli la mano dal mio libro di scienze che scaravento con prepotenza nello zaino mentre mi rimetto in piedi "Non devi per forza prendere queste inutili distanze da me, per te sono sempre stato.. sì, insomma.. Steve" farfuglia mentre si ripone alla mia altezza, lo sguardo intristito e ricolmo di suppliche.

« Non devi credergli, non più ».
Ma i suoi occhi.. cazzo.
I più espressivi nei quali i miei abbiano mai avuto l'onore di smarrirsi.

"Hai cessato di esserlo nell'istante in cui hai tradito la mia fiducia. Ti prego di non insistere e di non rivolgermi la parola, mai più" provo a congedarlo oltrepassandolo con indifferenza, il passo pesante e svelto di chi fa fatica a trattenere il mix esplosivo di emozioni che l'attanaglia. D'un tratto mi afferra il braccio, proprio quando pensavo fosse finita, e mi volta verso di lui senza chiedermi alcun permesso "Ti prego, fermati un attimo! Lasciami spiegare!" "Non toccarmi!" grido, accompagnata dal frastuono dell'ultima campanella che fa sobbalzare entrambi. Sembra più assordante delle precedenti, non la ricordavo così. Il ragazzo si porta le mani alle orecchie, piegandosi leggermente in avanti e guardandomi come se si aspettasse che infastidisse anche me. Io, però, lo guardo impassibile e quando questo finisce mi avvicino un po', quanto basta per far sì che percepisca al meglio il mio messaggio.

"Apri bene le orecchie, Steve.
Non ho voglia né tempo da perdere, non per te. Finito l'anno scolastico lascerò Hawkins una volta per tutte, andrò il più lontano possibile e spero di dimenticare tutto ciò che concerne questa deplorevole città. Incluso te".

Le mie parole troncano finalmente le sue, lasciandolo inerme e scombussolato. Mi sembra di vedere un luccichio nei suoi occhi, accompagnato da un insolito tremolio delle palpebre. Questo però viene messo in secondo piano dalla figura che appare accanto a lui, quella del custode che lo afferra per le braccia e comincia a trascinarlo verso l'entrata della scuola "La ricreazione è finita, Harrington!" ed è così che Steve punta i piedi sull'asfalto, prendendo a scalciare nel rendersi conto che l'omone sia ben più forte di lui "Lani, ti prego!" "Signorina Roze, vale anche per lei" m'intima e non ho neanche bisogno di oppormi, facendo esattamente -e volentieri- ciò che mi è stato ordinato.
"Non puoi andartene via così! Non puoi lasciarmi senza una spiegazione!" grida mentre viene strattonato con la forza ed io, in silenzio, mi allontano il più rapidamente possibile, prossima ad un crollo emotivo.

Che l'anno abbia inizio, Hawkins.

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