𝙘𝙝𝙖𝙥𝙩𝙚𝙧 𝙨𝙚𝙫𝙚𝙣𝙩𝙚𝙚𝙣 - 𝙘𝙝𝙤𝙘𝙤𝙡𝙖𝙩𝙚 𝙘𝙖𝙠𝙚

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"Papà gli disse che Jane fosse morta un giorno dopo il parto, ma One non gli ha mai creduto" rispondo alla domanda della Psicologa, la Dottoressa Evans, rigirandomi i pollici l'uno contro l'altro in maniera nervosa.
Nell'angolo, sempre presente, quella stronza della Pearson.
"Sapeva che fosse sua figlia quando ha provato ad ucciderla?" sospiro, scuotendo brevemente il capo "No, non gliel'ho mai rivelato, ma immagino che qualcosa dentro di lui glielo stesse gridando" "Cosa te lo fa pensare?" le sue domande cominciano a spazientirmi, non sono dell'umore per parlare dell'accaduto  ...  forse non lo sarò mai. L'idea che la mia famiglia si sia autodistrutta, mi fa sentire come se nella vita avessi sbagliato ogni scelta. La consapevolezza che avrei potuto averne una felice, invece, mi svuota di tutto.

"Allora?" richiama la mia attenzione, riportandomi alla realtà "Beh.. uh.. erano molto affini. Nonostante il colore degli occhi fosse il mio, nel suo sguardo c'era tutto del padre. Henry si rivedeva molto in lei, me lo ripeteva continuamente" "Come facevi a sapere che Eleven fosse tua figlia?" "Una madre queste cose le sente, noi donne abbiamo una marcia in più" "Qualcuno te ne ha mai data conferma?" attendo pochi secondi, poi annuisco e sorrido in modo quasi impercettibile.
"Non ce n'è mai stato bisogno" "Quindi mi stai dicendo che fai affidamento al tuo solo istinto?" "Ha la mia stessa voglia sul braccio sinistro".

"Ricordi altro di quella notte?" mi chiede, attirando maggiormente l'attenzione della Pearson.

Il tracciato del monitor a cui sono collegata comincia a fornire risultati irregolari, dimostrando il mio stato d'animo che prende a mutare secondo dopo secondo. Nella mia testa, questa scena si è ripetuta così tante volte da lasciarmi sfinita. Ho il disgusto soltanto a raccontarla e questo Pearson lo nota, ragion per cui mi fulmina con lo sguardo. Tutto questo ha un fine, uno scopo ben preciso, e sebbene non ne abbia voglia, devo fare ciò che mi viene detto.

"Ho incontrato papà nei corridoi, mentre correvo a salvare Eleven. Era sporco di sangue, ma per il resto si mostrava illeso. Lui.. sembrava sapere qualcosa, perché mi disse che sarebbe andato a cercare Peter e mi pregò di non seguirlo" "Chi è Peter?" "Cazzo, lo sai!" "Zero!" mi rimprovera Pearson, stroncando sul nascere l'ennesimo attacco d'ira. Respiro a fondo, deglutendo prima di ricominciare. "Peter ed Henry sono la stessa persona" rispondo "Dopo la nascita di Jane, papà ha punito entrambi in modo severo e permanente. Ci ha introdotto un impianto sottocutaneo che ha soppresso i nostri poteri, facendo lo stesso con le nostre identità. Ha cambiato i nostri nomi, le nostre storie, e ci ha resi delle semplici e banalissime guardie alla loro mercè. Quando sono arrivati, i bambini erano così piccoli che, una volta cresciuti, non avrebbero potuto avere memoria di Zero e One. Era la punizione perfetta".

La Dottoressa Evans annuisce soddisfatta, finendo di scrivere gli appunti sul proprio blocco.
"Un'ultima domanda.." sbuffo seccata, roteando gli occhi al il soffitto "Come puoi dimostrare soltanto 18 anni quando dovresti invece averne 37?" "Papà ha sperimentato su di me l'eterna giovinezza" "Com'è possibile?" "Mi ha aperto il cranio, stronza" "Un'altra parola e sai quali saranno le conseguenze!" mimo un vaffanculo sottovoce, passandomi le mani sul viso per liberarmi della stanchezza devastante. Le giornate sono pesanti, stressanti ed insopportabili. Non so per quanto ancora riuscirò a resistervi.

"Come dicevo" incalzo "Mi ha aperto il cranio, più volte, fino a quando non è riuscito a neutralizzare le cellule della crescita. Penso avessi circa 20 anni allora, ma sai com'è.. hanno rimosso tutti i miei ricordi, come facevo a sapere di non averne 18 se sul mio passaporto c'è scritto: 1965?" chiedo ironica, fingendo un sorriso palesemente nervoso.
"Basta così, per oggi abbiamo terminato" interviene Pearson, ordinando poi agli apprendisti di rimuovere l'attrezzatura.

Due uomini mi scortano nella mia stanza e dai loro volti posso capire quanta paura abbiano di me, nonostante non sia in pieno possesso dei miei poteri. Ciò mi diverte, non posso negarlo. "Tutto bene, ragazzoni? Cosa sono quelle facce da funerale?" nessuno mi risponde, naturalmente "Mica mordo!" mimo l'atto di mordere, facendoli sobbalzare.

the anagram of rozeWhere stories live. Discover now