𝕊𝕥𝕚𝕝𝕝 𝕋𝕙𝕖 𝕊𝕒𝕞𝕖 𝔹𝕦𝕥 𝔻𝕚𝕗𝕗𝕖𝕣𝕖𝕟𝕥
Parte 1
𝒦𝒶𝓉𝒾𝑒
Incontro la debole luce del mattino, destandomi da un sonno abbastanza profondo da racchiudere nell'oblio della mia mente i frammenti del sogno, in cui vagavo nuovamente nell'ignoto.
Ho il corpo a pezzi all'accenno di un minimo movimento che faccio per cambiare posizione sotto le lenzuola calde, e quella estasiante presenza che sento alle spalle mi fa sorridere ancor prima di ogni altro pensiero, ancor prima di rendermi conto che oggi dovrò affrontare di nuovo il giudizio di Erik Graves.
Sento l'oscillazione della mia pelle vibrare, sento il brivido scorrermi nelle vene più veloce della foga che mi prolifica la mia magia. Muovendomi ancora più piano, con il braccio di Tristan steso sotto la mia testa e il fremito al basso ventre che mi scalda con un infuocato ricordo di stanotte, mi giro sotto le coperte per catturare quel viso virile che dorme beato. I capelli scuri arruffati, sopracciglia folte, due labbra sufficientemente piene e un'espressione dall'apparenza tenera quanto distinta dalle dure sembianze. Mi muovo più in alto, appoggio il mio mento sul suo forte torace e la pelle del mio corpo si fonde contro la sua liscia e rovente mentre sprofondo in quel momento tanto remissivo.
Un'ombra improvvisa avvolge la mia felicità, un buio passeggero mi percuote.
Anche se dovessi eliminare per sempre quella ragazzina che era in me qualche tempo fa, è impossibile non pensare ogni tanto al perché io mi meriti questa persona. È vero l'ignoto nel mio petto non è più ignoto, l'indomani quella ragazzina ha trovato la sua anima appesa al filo di un'altra e adesso si chiede cos'è la vera paura, non ricordando più cosa si è provato nell'attimo in cui l'ha vissuta.
Mi sento tanto diversa da allora quanto uguale a prima però, piena di incertezze, eppure ammaliata dalla frenesia con cui questa vita mi travolge, una vita che lui mi ha posto nelle mani.
Forse io la paura la provo ancora, ma non è più legata agli scheletri che cavavo nell'armadio. Questa paura è legata all'incertezza, è legata a momenti come quelli di ieri sera, a momenti in cui mi sento dubbiosa di porre la mia fiducia in qualcuno.
Mi ha detto che erano le solite cose, le faccende del branco, una cosa da nulla, prima di andarsene, ma poi è tornato tardi, e anche se ero mezza addormentata, ho provato la chiara sensazione che qualcosa lo tormentava. Qualcosa non da poco perché quella distrazione l'aveva estraniato al punto che non ha avvertito la ma presenza stanotte. Sono rimasta attimi a guardarlo mentre fissava il vuoto, sono rimasta lì nell'ombra ma lui non era lì con me, era altrove e mi sono ritrovata di nuovo in difficoltà a fare le mie scelte.
Affrontarlo o fidarmi della sua parola.
Perché ogni volta che affronto qualcuno, una reazione a catena arriva a toccare anche me, e mi trovo non solo ad affrontare gli altri, ma anche me stessa.
Uno strano formicolio alla mano sinistra mi distrae dal tumulto di quei pensieri, tolgo gli occhi dal suo volto e mi scruto il palmo.
Io devo saperlo. Devo sapere se qualcosa non va.
Porto i miei occhi di nuovo sul suo viso, lo osservo quasi a voler entrare nella sua testa, a vedere se sta sognando, se sta rimuginando qualcosa che io non saprò mai.
Il formicolio che attraversa il mio palmo si intensifica e senza dilungare il mio tormento, dirigo la mano verso il suo volto e la appoggio con il cuore sempre più martellante sulla sua guancia. La sua pelle morbida e arroventata mi fa provare il colmo dell'affetto che provo per lui. In quel momento con una vaga percezione, so di commettere uno sbaglio, di fare il suo stesso errore eppure mi divido in due parti e scelgo quella su cui l'istinto prevale.
Provo a oltrepassare quella barriera che lui pone tra me e lui, provo a leggere lo stesso i suoi sentimenti e forse molto di più ora che siamo legati, ora che la via nella sua mente è aperta a me per sua stessa scelta.
Per un secondo avverto una nube, un'immensità di tenebre avvolgere una piccola luce, una scintilla calda e luminosa, e il secondo dopo mi trovo capovolta, le mie mani intrappolate sopra la mia testa e gli occhi penetranti di Tristan inchiodati nei miei. Mi si mozza il respiro man mano che cerco di capire cosa ho visto e ancora di più per il suo sguardo accigliato che mi fissa con un nembo di sconcerto. «Cosa pensi di fare?» chiede a denti stretti, la sua voce profonda, arrocchita dal sonno mi fa l'effetto di sempre, ma le sue mani stringono di più i miei polsi in un chiaro segno di dissenso del mio gesto.
Deglutisco cercando di dare un senso a ciò che ho visto e nel frattempo di dare una risposta alla sua domanda. «Io...niente ti stavo solo accarezzando.» rispondo rapida.
Lui si rabbuia di più e so che la mia bugia non ha senso. Ha percepito la mia intrusione, ma è proprio lì che mi sorgono le perplessità. Se davvero sono riuscita ad entrare allora quello che ho visto non ha veramente senso. Avrei dovuto sentire dei pensieri, delle paure anche delle sciocchezze, ma non quella nube e nemmeno quella scintilla.
«Katie.» sibila il mio nome con tono minatorio troncando nel pieno i miei ragionamenti.
Anche se colpevole il suo tono mi provoca uno sguardo storto nei suoi confronti così porto i miei occhi altrove. «Non so nemmeno se avrebbe funzionato.» sbotto, roteando gli occhi al cielo, cerco di fargli capire che forse dovrebbe liberarmi, non mi piace questa sottomissione come non mi piace l'energia che sta disperdendo nell'aria alla futile ricerca di piegarmi.
Lo sento sospirare e successivamente sposta la stretta sui miei polsi nella presa di una sua mano, tenendoli entrambi ancora ben stretti e usa la mano libera per afferrarmi il mento affinché i nostri occhi siano di nuovo incastrati. «Non ci provare mai più, hai capito?» asserisce con tono grave.
Lo fisso per qualche secondo senza rispondere.
«Rispondimi.» insiste tirando fuori quel suo tono da Alpha.
Capisco il suo temperamento tuttavia non demordo. «Hai detto che non ti piacciono le bugie, ma io so che ieri mi hai mentito, Tristan.» dico usando un tono fermo, forse un po' freddo. «Siamo legati. Negarmi l'accesso alle tue emozioni non mi basterà per tenermi fuori dalla tua testa. Sto imparando a conoscerti come tu hai imparato a conoscere me con e senza la mia volontà. Quindi dimmi la verità.» continuo cercando di farlo ragionare. «Per favore.» aggiungo infine abbassando la mia maschera fredda.
Tenendo il mio corpo sotto il suo, con le mani ancora intrappolate nella sua presa, Tristan annuisce e sembra capire. «Ti ricordi quella creatura che ha attaccato i due turisti qualche tempo fa?» Annuisco in risposta e lui continua. «L'abbiamo presa.»
Rimango in silenzio per qualche secondo. Sembra una notizia fantastica allora perché era così assente ieri? «Come avete fatto?»
Tristan ci pensa su come se non avesse ben chiaro la risposta e questo mi lascia ancora più perplessa. «Si era nascosta di nuovo nella tana in cui si nutriva. Era diversa dall'ultima volta quando l'ho vista, era meno attenta, debole e persino il suo odore era cambiato. Non è stato difficile catturarla.» risponde e un cipiglio di confusione si palesa sempre di più sul suo volto. Qualcosa non lo convince...
«Hai scoperto altro su di lei?» voglio sapere subito dopo.
Mi guarda negli occhi con un'aria stanca. «No. Tranne una cosa: è probabile che ci sia una persona là dentro. Ho il sospetto, da alcune prove che ho trovato proprio nella tana, che qualcuno abbia privato quella persona della sua anima e la conseguenza è stata la mutazione.» spiega e solo allora comprendo il suo strano atteggiamento, del perché esiti ad espormi i fatti.