Capitolo 3

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La prima volta che l'hanno fatto è stato quando si sono conosciuti, nove anni prima. Manuel ne aveva sedici e Totò solo uno in più. Erano entrambi in discoteca e mezzi brilli nonostante fossero minorenni. Il primo era fermo al bancone sorseggiando un sex on the beach mentre guardava il secondo, un ragazzo dai capelli neri, che ballava in mezzo alla pista. Era insieme a quelli che dovevano essere i suoi amici. Manuel era stato subito colpito dalla naturalezza con cui Totò si muoveva a ritmo di musica. Aveva continuato a fissarlo intensamente, talmente tanto che pensava di potergli buccare la nuca, finché anche l'altro non aveva ricambiato lo sguardo. Manuel aveva sentito dietro gli occhi e nello stomaco qualcosa che andava a fuoco. Aveva accettato il fatto che lo eccitassero anche i ragazzi, ma ancora nessuno l'aveva mai guardato in quel modo. Totò era rimasto in mezzo alla pista a scrutarlo finché non aveva sorriso nella sua direzione. Si era diretto in bagno e per ben quattro minuti Manuel era rimasto con i suoi pensi. La musica e tutti gli altri erano spariti, a fargli compagnia solo mille dubbi. Aveva sorriso proprio a lui? Era un invito a seguirlo nei servizi? Voleva che lo raggiungesse? E, nel remoto caso che volesse proprio lui, cosa avrebbe dovuto fare? Era tanto diverso tra due uomini? Poi qualcuno l'aveva urtato facendolo tornare alla realtà. Manuel aveva scosso la testa e si era alzato. Un passo dopo l'altro e ce la fai, si continuava a ripetere nella mente. Prima di aprire la porta del bagno aveva contato fino a sessanta, facendo passare un altro minuto per un totale di cinque. Poi aveva sospirato e l'aveva spinta. Totò era posato al muro a mordicchiarsi e guardarsi un'unghia. Aveva alzato la testa all'arrivo del ragazzo e sorrise di nuovo. Aveva iniziato a baciargli il collo e a passargli la mani sul petto, sotto la maglietta, in un secondo e senza chiedere il permesso. Senza mai sfiorargli le labbra neanche per errore. Manuel aveva chiuso gli occhi e si era lasciato andare, un po per l'alcol, un po perché gli sguardi di prima l'avevano già eccitato, un po perché quei tocchi erano davvero piacevoli. Quella volta, per la sua prima volta, il passivo era stato lui. Non ricorda tutti i particolari di quella sera, solo pezzi sparsi e come coperti da una coltre di nebbia. Ricorda però il bacio che il suo futuro migliore amico gli aveva stampato su una guancia prima di tornare in pista. Quando l'idillio era finito, e di questo ne era certo, ognuno era andato per la propria strada. Nessuno dei due voleva una cosa seria. Si incontrarono poco tempo dopo, quando Manuel era già stato assunto (nonostante non avesse fatto ancora i diciotto) nel bar in cui lavora tuttora e Totò era arrivato per una specie di stage. Tra i due era nata subito un'ottima amicizia e ancora oggi non parlano della serata in discoteca.
La seconda volta invece Manuel si era risvegliato nel letto dell'amico con indosso solo una maglietta e ricordava tutto, ogni dettaglio. Erano passati cinque anni dal loro primo incontro e ormai erano diventati inseparabili. Condividevano praticamente tutto, gioie e dolori compresi. Manuel ricorda bene quel giorno perché era l'anniversario della morte della madre di Totò. Era andato a casa dell'amico per fargli compagnia, come faceva da un paio d'anni. Ma quando era entrato nell'appartamento l'aveva trovato che urlava contro qualcuno attraverso il cellulare. Sentì il nome della sorella uscire dalle sue labbra. Le disse che per lui era morta prima di attaccare.
"Ehi, che è successo?" Ma Totò non aveva parlato per parecchio tempo. Gli era andato incontro e l'aveva abbracciato. Scoppiò a piangere tra le sue braccia. Incastrò la testa nell'incavo del collo di Manuel, che era leggermente più alto di lui, e continuò a versare lacrime. Del canto suo Manuel lo strinse più forte e gli passò una mano sulla schiena e tra i capelli per cercare di calmarlo un po. Restarono così per alcuni minuti, almeno il tempo necessario per far calmare i singhiozzi. Era stato Manuel il primo a separarsi.
"Che ne dici se faccio qualcosa da mangiare?" L'altro aveva annuito debolmente. Si era accomodato sul divano dopo essersi soffiato il naso. Nonostante quello bravo in cucina fosse Totò, Manuel mise su della pasta. Mentre si destreggiava tra i mobili della cucina, il ragazzo dai capelli neri provò a raccontare quello che era successo con la sorella. Benchè ormai il più piccolo tenesse a lui più di quanto si era ritrovato ad ammettere, a metà della storia aveva smesso di ascoltare. Non poteva credere che quella ragazza fosse stata così stronza, in quel giorno delicato poi, ma dopo dieci minuti di lamentele aveva iniziato a filtrare le sue parole. Era risucito a far star zitto Totò solo quando gli diede la pasta. Si misero sul divano a guardare la televisione, posati sul tavolinetto davanti ad essa. Manuel cercò di distrarlo con altri argomenti, ma nessuno sembrava sortire l'effetto sperato. Così alla fine aveva sparecchiato quella cena improvvisata e si erano messi a guardare seriamente la televisione. Dopo cinque minuti di silenzio tra i due, Manuel aveva fatto di nuovo la cosa della quale non avevano mai parlato: l'aveva fissato per alcuni secondi e poi gli aveva dato un bacio sulla guancia. Totò si era voltato verso l'amico. Non sapevano quando era stato deciso che quel gesto sarebbe stato come le loro parole silenziose, fatto sta che a quel punto entrambi erano a conoscenza di cosa sarebbe successo. Manuel si era ritrovato a baciargli prima il collo, poi il viso e in fine il petto, stando attento a non sfiorargli le labbra. Era un pensiero sciocco, ma quel gesto gli sembrava troppo intimo. E poi l'aveva preso su quel divano. Non l'aveva fatto suo, non erano rimasti nudi, via solo gli abiti essenziali, non era stato dolce perché non era quello di cui Totò aveva bisogno. Non l'aveva neanche voltato, si era assicurato che fosse a pancia in giù in modo che i loro occhi non si sarebbero potuti incontrare. Manuel gli teneva una mano sulla schiena, l'altra sul fianco, per farlo stare fermo mentre si spingeva dentro di lui senza gentilezza. Erano semplicemente due ragazzi che scopavano nel modo più distaccato possibile. L'aveva sentito piangere sotto di se, ma non si era fermato. Sapeva che si stava sfogando per la discussione con la sorella, come sapeva che era quello che desiderava. Se avesse anche lontanamente sospettato di fargli male si sarebbe allontanato immediatamente, Totò rimaneva il suo migliore amico dopo tutto.

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Manuel si sveglia con l'odore delle uova che gli invade la narici. È piacevole. Si trova nella camera di Totò, indossa una delle magliette lunghe dell'amico. Sa dov'è posata la sveglia e quando la guarda nota che è l'una di pomeriggio. Ha un leggero mal di testa che lo fa pensare più lentamente. Sicuramente la colpa è del vino della sera prima. Con molta calma va al bagno e si da una sciacquata al viso. Poi torna sul letto per prendere il cellulare e solo in quel momento si accorge veramente di che ore sono.
"Cazzo, cazzo, cazzo! Il lavoro." Esordisce correndo il cucina e chiedendosi dove abbia lasciato i vestiti. E nonostante sia in ritardo e probabilmente rischia il licenziamento, quando varca la soglia si prende un momento per osservare la scena che gli si presenta davanti agli occhi. Totò, con indosso un paio di boxer, grembiule e calzini, sta canticchiando in dialetto mentre gira qualcosa nella padella. Potrei anche farmi licenziare per assaggiare qualunque cosa stia cucinando, ha un odore squisito, pensa Manuel. Ma scuote la testa e cerca nella stanza i suoi vestiti.
"Devo anda' o mi licenzieranno!" Annuncia mentre fruga nel salotto. Totò mette della pancetta su un piatto e ridacchia.
"Tranquillo scemo, l'ho chiamato io il tuo capo per dirgli che oggi non andavi. Ho detto che avevi avuto dei problemi familiari. E ora vatti a fare una doccia che tra poco è pronto." Manuel tira un sospiro di sollievo nel sentire quelle parole. A volte si dimentica che anche Totò ha lavorato con il suo capo per un po e che quindi lo conosce. Non sa proprio come farebbe senza l'altro.
"Grazie, sei il migliore. Perché però tutto sto disturbo? Sai che amo la tua cucina, ma è tardi, potevamo anda' ad un ristorante."
"Dato che ieri sera ti ho aperto il culo, mi sembrava il minimo." Totò  lo guarda per la prima volta e, ancora con il sorriso sulle labbra, gli lancia un occhiolino. Manuel si sente arrossire leggermente, stanno infrangendo una delle loro regole. Così ringrazia ancora e si avvia di nuovo verso il bagno. Li si fa una doccia per scacciare ogni residuo della notte precedente prima di presentarsi a mangiare con Totò. E quando esce, avvolto in un asciugamano, si sente meglio: Irene, lo strano ragazzo del Colosseo (aveva detto di chiamarsi newt? o forse lo chiamavano tutti così per qualche motivo? non ricordava), tutto scivolato via dal suo corpo...almeno per due secondi. Subito dopo era tornata la consapevolezza di non avere più una casa, una fidanzata, una certezza che fosse una. Torna in salotto a prendere i vestiti, poi va in camera da letto dove si asciuga e si veste. Sente Totò che lo chiama dalla cucina intimandogli che è pronto da mangiare. Lo raggiunge e si siedono insieme al tavolo. Manuel osserva lo strano assortimento e non riesce a capire se stanno facendo il pranzo o la colazione: ci sono uova strapazzate, caffè e pancetta, il modo americano con cui a Totò piace iniziare la giornata; ma anche dei salti in bocca e un po di risotto ai funghi. Posa la forchetta per guardarsi brevemente attorno.
"Ma a che ora ti sei alzato pe aver preparato tutto questo?"
"In realtà non sono riuscito a dormire molto bene. Mi sono fatto una doccia e sdraiato nel letto. Non ho preso sonno però e il tuo russare non ha aiutato. Quindi, quando mi sono reso conto che fissavo il soffitto da più di un'ora, mi sono messo a cucinare." Manuel fa schioccare la lingua in un gesto di disapprovazione.
"Non dovevi. Come fai mo con il lavoro?" Totò scaccia quel pensiero con un gesto della mano.
"Nessun problema. Ho il turno di sera, attacco alle sei e mezza. Finito qui vado a dormire un po." Parlano del più e del meno, ridendo e prendendosi in giro come loro solito. Solo quando finiscono Manuel pone la domanda che aveva premuto sulle sue labbra fino a quel momento.
"Posso chiedere perché abbiamo appena fatto un pranzo così strano? Sempre se era un pranzo poi." Totò ridacchia.
"Era un mix dato che hai saltato la colazione. Di solito cucino così quando torno dai locali." Si alza e si stiracchia le braccia. Indossa ancora il grembiule.
"Me lo slacci?" E mentre si volta per mostrare il nodo fatto alla bell'è meglio non smette di parlare.
"Vado a letto. Se vuoi nel forno ho fatto una torta, puoi prenderne un pezzo." Si dirige verso la sua camera, ma prima di scomparire dietro la porta, si assicura di camminare e agitare le mani nel modo che infastidisce Manuel.
"Se hai intenzione di lavarmi i piatti, sappi che non mi offendo tesoro!" Malgrado tutto, gli sfugge un sorriso. Quando sente le molle del letto cigolare, e quindi è sicuro che Totò sia andato a dormire, fa come gli è stato suggerito. Era sicuramente il minimo che potesse fare dopo l'aiuto dell'amico, ma mai lavrebbe fatto davanti a lui. Gli avrebbe fatto qualche battuta sul fatto che fosse la sua nuova donna delle pulizie e Manuel non era dell'umore. Finito con i piatti apre il forno e rimane di stucco nel vedere la sua torta preferita...rivisitata nel modo eccentrico di Totò ovviamente! Una semplice torta alla vaniglia gli sarebbe bastata, e invece l'amico aveva fatto sette strati ricoperti di glassa bianca e buffetti di panna. E non gli sarebbe servito tagliarla per sapere che i sette strati erano colorati in modo da formare un arcobaleno, o la bandiera gay, con i colori che dal verde sfumavano al blu (il suo modo per dirgli di passare direttamente agli uomini, lasciando perdere le ragazze che creavano solo problemi). Manuel ridacchia prima di prendere un cucchiaino e assaggiarne un pezzo.

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