Capitolo 16

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"Ora tocca alla domanda che si devono fa' tutti i ragazzi che si frequentano con persone dello stesso sesso, cominci tu?" Spera che Newt non abbia fatto troppo caso al verbo frequentarsi, perché non ha idea di cosa siano, né come potrebbe definirli.
"D'accordo. Prima che me ne andassi da mia zia, i miei mi avevano convinto ad andare al college. Non mi ero mai innamorato di nessuna ragazza, e in realtà neanche di nessun ragazzo, quindi credevo solo di dover incontrare quella giusta. Poi però invece ho incontrato lui ed ho capito che le donne non le avrei neanche guardate da lontano. Si chiamava Mike. Hai presente il ragazzo stereotipato nei film americani per adolescenti? Bhe, lui era così, solo che non faceva il bullo con nessuno. Poi una volta, reduci da una serata di bevute, era talmente ubriaco, che pensai di baciarlo, alle brutte avrei dato la colpa all'alcol. Io ero sobrio, ma non ci vuole nulla per recitare una sbronza. Fortuna voleva che le nostre camere fossero attigue, così, una volta davanti alla sua, l'ho fatto. E lui non mi ha scansato! Ero il ragazzo più felice della scuola, e sono diventato quello del mondo quando ha spalancato la porta della sua stanza. Era un invito a rimanere e poiché era un atleta dell'ultimo anno, aveva la camera singola. Ovviamente siamo finiti a letto insieme, ma la mattina dopo non è stata come me l'ero sempre immaginata. Nella stanza ero da solo, e una volta nei corridoi tutti non facevano che guardarmi, bisbigliare e ridacchiare. Quel coglione di Mike era andato a dire a tutti, parole esatte, me le ricordo 'Avete presente Isaac? Quello del primo hanno che si fa chiamare Newt? Ho scoperto che è una checca! Pensate che ieri sera ha provato a baciarmi!' Insomma, aveva tralasciato la parte in cui gli era piaciuto. Era il più popolare della scuola, relativamente tranquillo e un bravo ragazzo, perché non credergli? O meglio, perché credere a me, un signor nessuno, e non a lui? Poi le voci si sono sparse in giro e sono giunte ai miei genitori, il resto della storia lo sai." Manuel crede che sia il più piccolo a volere una sigaretta, ma resta fermo ad accarezzargli i capelli.
"Mi dispiace, deve essere stato terribile." Non sa davvero cosa poter dire in situazioni del genere.
"Immagino...anzi no, non posso. Hai mai avuto paura?" Newt non ci pensa neanche. È spedito, sa già cosa dire.
"Certo. Mentre camminavo per quei corridoi desideravo diventare invisibile o sprofondare nel pavimento. Come puoi intuire, non è mai successo nulla del genere. Avevo il terrore di essere giudicato, additato come un mostro o contro natura." Fa una pausa in cui si osserva il piccolo crocifisso appeso al collo, l'unica cosa che lo rende un po meno nudo.
"E la paura è sopraggiunta quando l'hanno scoperto i miei genitori. Le loro parole mi hanno fatto molto male e il non fare nulla dei miei fratteli mi ha dato il colpo di grazia. Non volevo essere in quel modo e non capivo: perché dovevo essere diverso? Perché, se era tanto sbagliato, io con Mike mi ero sentito così bene? Come poteva essere contro natura il fatto che finalmente avevo trovato qualcuno da amare? Dovevo nascondere i miei sentimenti e fare finta di nulla come evidentemente faceva già il ragazzo per cui stavo 'peccando'?" Manuel sente la voce di Newt incrinarsi leggermente. Gli afferra la mano abbandonata sul bordo del divano, la intreccia alla sua, la posa sul petto e gli sussurra
"Non devi mica raccontarmelo se non vuoi. Sembra davvero terribile." Ma l'altro scuote la testa. Scaccia via una piccola lacrime e, ascoltando il battito del cuore di Manuel, riesce a calmarsi e proseguire.
"No, voglio farlo. La parte peggiore è passata, perché poi quando sono andato da mia zia è migliorato tutto, davvero. Mi ha fatto capire che i pensieri sbagliati erano solo quelle domande che facevo a me stesso, non quelli che facevo verso gli altri ragazzi. Non è una donna giovane, ma di sicuro ha la mente più aperta che abbia mai incontrato."
"Scusa, avevo detto di voler parlare di qualcosa de meno pesante e credevo che questo sarebbe stato solo divertente."
"Davvero, va bene così. Prima o poi avrei voluto raccontartelo comunque. E tu? Come hai capito che ti piacevano anche i ragazzi?" Manuel deglutisce, con la frase che Newt ha appena pronunciato, non può fare a meno di pensare che anche l'altro ha voglia di continuare...qualunque cosa stiano facendo insieme.
"La mia in realtà è una storia banale. Avevo sedici anni e stavo insieme ad una famija che aveva altri tre ragazzi. Io avevo fatto amicizia soprattutto co quello dell'età mia. Si chiamava Luca. Un giorno, credendo di essere da solo in casa, mi sono messo nella camera che condividevo con lui. E, senza chiudere la porta, ho iniziato a guardare un porno." Fa una piccola pausa perché Newt ridacchia appena.
"Senza chiudere la porta? Ma neanche i principianti."
"Non credevo ce ne fosse bisogno! La casa era vuota. Ora, posso andare avanti o devi prendermi ancora in giro?"
"No no, continua pure." Manuel sorride. Prova a lanciare un'occhiata al ragazzo steso sotto di lui, ma non vede nulla, solo un riccio ribelle. Scioglie le loro mani intrecciate e gliene posa una sul ginocchio.
"Come puoi immaginere, casa non era vuota. Luca è entrato per prendere una cosa senza bussare, non lo faceva mai. Ovviamente ha visto tutto. Però non ha detto niente. Ha solo sorriso e mi è venuto vicino. Diciamo solo che ha finito il lavoro per me."
"E poi? Perché non sei fidanzato con lui adesso?" Domanda Newt quando vede che la storia è finita.
"Perché da quel giorno non l'ho più sentito. Poco dopo ho cambiato casa famija. Lui non m'ha più scritto ed io neanche. Era un bel ragazzo, ma non proprio il mio tipo."
"Davvero? E qual è il tuo tipo?" Manuel si gira e si mette a quattro zampe, così da poterlo guardare negli occhi. È tentato di dirgli che il suo tipo è lui, ma non vuole sembrare disperato. Poi però ci pensa meglio e crede che sarebbe solo un po sfacciato. Così si abbandona sul suo petto, si lascia cingere dalle braccia di Newt, le loro gambe incrociate. Sentono i cuori che battono all'unisono, l'uno sul pettorale destro dell'altro. Il contatto della pelle contro altra pelle è la senzazione più bella del mondo. In altre circostanze Manuel starebbe battendo i denti dal freddo, ma ora, lì, sta benissimo.
"Non lo so, però, in questo momento potrebbe essere un ragazzo dai capelli rossi." Gli sussurra nell'incavo del collo che fino a venti minuti prima non ha fatto altro che baciare. Newt ridacchia e con una mano gli accarezza la schiena.
"Che coincidenza. Il mio potrebbe essere un ragazzo che dice di non saper suonare il piano, ma in realtà è bravissimo." A quelle parole Manuel si tira sui gomiti per poterlo guardare negli occhi.
"È forse una richiesta implicita?"
"Forse." Si piega su di lui e lo bacia. Le labbra sembrano fatte per incastrarsi alla perfezione tra di loro. Si dividono appena, quel tanto che gli serve per parlare.
"Ok, se me lo chiedi così suono." Un altro bacio.
"Però prima mettiamoci qualcosa addosso che inizio ad ave' freddo."

Newt ha ballato per la stanza indossando anche le scarpette nere che teneva nel borsone, con cui si era presentato al Coming Out. Quando però ha iniziato a sudare si è fermato e ora siede accanto a Manuel. Gli piace vedere le sue mani veloci che si muovono sul pianoforte, producendo quelle note tanto piacevoli. Non sono lunghe e affusolate come ci si aspetterebbe, però sebrano esperte, anche se entrambi sanno che non lo sono. Non sta più seguendo lo spartito, un po inventando e un po andando a memoria, il risultato è comunque molto piacevole. Newt si limita ad ascoltare e muovere a ritmo la tasta. Sono talmente presi dal momento, che non si accorgono della porta di casa che viene aperta e richiusa.
"Wow, non ricordo neanche l'ultimo giorno in cui qualcuno a suonato quel piano." I due si voltano spaventati verso la nuova voce. Ad attenderli c'è un ragazzo, che Manuel non ha mai visto, posato sullo stipide, braccia e gambe incrociate. Sorride nella loro direzione e non sembra un intruso. Ipotizza sia il padrone di casa. E questa sua teoria si rafforza quando Newt si tira in piedi e corre ad abbracciarlo. Gabriel ha i capelli decolorati sparati verso l'alto; in alcuni punti si possono vedere degli esperimenti vecchi fatti con diverse tinte colorate, un arancione appena percettibile sopra l'orecchino che doveva essere un rosso, un blu talmente chiaro da essere quasi invisibile vicino l'attaccatura della fronte e così via; porta degli occhiali tondi e neri e dietro le lenti gli occhi sono azzurri; indossa una maglietta bianca e dei jeans, entrambi presentano macchie di colore, ma non saprebbe dire se è una cosa voluta o un piccolo incidente; sparse sul pavimento ai suoi piedi ci sono due valige apparentemente colme di roba.
"Mi dispice, non credevo saresti tornato così presto, altrimenti non mi sarei fatto trovare qui." Dice Newt dopo essersi staccato dall'abbraccio.
"Non preoccuparti, sai che mi fa sembre piacere averti tra i piedi." Il canadese si volta finalmente verso il pianoforte.
"Lui è Manuel. Presentatevi, io ti porto queste di la." Si piega a raccogliere le valige e sparisce oltre la porta del corridoio. Sono soli nella stanza. Gabriel si avvicina e tende una mano.
"Piacere." Manuel è imbarazzato per essere a casa sua senza neanche un invito, però ricambia la stretta. Nota che le anche le dita sono macchiate di colore. È evidente abbia cercato di pulirsi, ma non tutti i residui sono spariti.
"Mi dispiace per essere qui, in casa tua."
"Scherzi vero? Ero serio prima, quel pianoforte non lo usa mai nessuno. Sei il benvenuto se hai voglia di suonarlo."
"Grazie." Manuel sorride, calmandosi un po. Non sa se deve andare via o rimanere, vorrebbe solo che Newt tornasse. E fortunatamente, come se l'avesse chiamato, compare sulla soglia.
"Noi togliamo il disturbo, così magari ti sistemi. Immagino tu sia stanco."
"Scherzi? Ho dormito sul treno fino a cinque minuti fa. Che ne dite di rimanere e fare una partita a biliardo invece?" Indica il tavolo nel bel mezzo della stanza. Gli altri due ragazzi si lanciano uno sguardo. Manuel non ha nulla da fare, Totò non è neanche a casa.
"D'accordo."
Così il pomeriggio passa senza che se ne accorgano. Gabriel risulta essere davvero molto simpatico, un ragazzo che sa scherzare e che sa stare allo scherzo. È facile fare amicizia con lui e capisce in fretta perché Newt ha legato con lui, anche dietro ad uno schermo. Manuel nota come si punzecchiano tra di loro, ridendo come se si conoscessero da una vita. Sono belli da guardare insieme. A rompere quel piccolo momento di riflessione è il suo cellulare che squilla.
"Scusate, vado un attimo fuori a rispondere." Si dirige nella terrazza e si porta l'apparecchio al viso.
"Ao?" È la prima volta che esce e, nonostante quello che ha visto fino a quel momento in quella casa, resta stupito dalla grandezza del balcone. C'è un tavolo con delle sedie in cui si può tranquillamente mangiare in otto e talmente tante piante che sembra una piccola foresta. L'effetto però è rilassante, piacevole.
"Sono appena arrivato a casa e non c'eri. È tutto apposto e hai avuto un pomeriggio interessante?" È la voce di Totò che gli risponde dall'alto lato del telefono, preoccupato per non essersi fatto sentire tutto quel tempo.
"Molto interessante, poi te racconto mejio."
"Immagino tu non venga a cena." Manuel guarda dalla finestra nel salotto. Gabriel e Newt stanno ancora ridendo: il canadese lancia in aria delle noccioline e prova a prenderle al volo, ovviamente fallisce e si schiantano a suolo. È in quel momento che gli scatta qualcosa dentro, forse la ricerca della normalità che tanto desiderava nella sua vita.
"No vengo. Anzi, forse porto du amici."

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