Capitolo 25

29 2 2
                                    

Manuel già due giorni dopo non può fare a meno di starnutire. Fortunatamente l'aria di marzo si sta facendo sempre più calda e la primavera inizia davvero ad essere alle porte.
"Questa è tutta colpa tua." Esordisce dopo l'ennesimo starnuto. È seduto in cucina, i piedi sul tavolo, e sta cercando di fare la vittima, ma recitare non rientra tra le sue capacità.
"Si si, tutta colpa mia. Senti, sta sera a che ora pensate di venire a cena?" Domanda Totò mentre sta finendo di mettersi le scarpe.
"Alle otto?"
"Perfetto, vi prenoto un tavolo." Ma Manuel non lo sta più davvero ascoltando. Gli è appena arrivato un messaggio da parte di Newt.

Ti va di venire a casa di
Gabriel? Ho un paio di
sorprese per il mio ragazzo.

Sorride mentre digita una risposta.
"...da mangiare?"
"Come scusa?" Domanda, perché non ha sentito una sola parola di quello che ha appena detto Totò.
"Ho detto che sto per uscire" e qui guarda l'orologio che tiene al polso "però se vuoi posso prepararti qualcosa per pranzo." Manuel scuote la testa, gli occhi ancora incollati al cellulare.
"Non te preoccupa', credo proprio che non pranzerò qui."
"Va bene, ci vediamo sta sera." Totò gli da un bacio sulla fronte, prende una borsa dall'attaccapanni ed esce.

*********

A casa di Gabriel ci arriva a piedi. È stato tentato di prendere la macchina o i mezzi per fare prima, ma alla fine ha optato per le proprie forze. La strada la conosce a memoria perché è la stessa che utilizza tutti i giorni, o quasi, per andare al lavoro. Ci impiega una mezz'oretta, ma il tempo che lo separa dal rivedere Newt gli sembra molto di più. Quando suona il campanello e il suo fidanzato apre la porta, non può evitare di sorridere contento.
"Hai fatto subito." Lo accoglie l'altro abbracciandolo e baciandolo. Per arrivare in tempo da de, potrei anche imparare a volare, ma Manuel le pensa solo queste cose, alla fine esordisce
"Si, ero nei paraggi pe una passeggiata." Eppure, dal modo di storcere la bocca di Newt, non pensa l'altro ci sia cascato.
"Comunque sono venuto solo perché mi piacciono le sorprese, e te m'hai detto di averne addirittura due."
"Si dai, entra."
"Gabriel?"
"Oggi non c'è, sta tutto il giorno al lavoro. Così ho pensato di invitarti per poterti mostrare quello che ho trovato." Newt lo conduce in salotto. Nota che lo spazio tra la televisione e il divano è stata sgombrato, il poggiapiedi è incastrato tra le due poltrone. Manuel si siede mentre il fidanzato va verso la camera da letto senza dire nulla. Torna pochi secondi dopo, nascondendo un pacchettino dietro la schiena.
"Ti ho preso un regalo per San Valentino."
"Ancora? Ma io..." prova a controbattere, però Newt lo zittisce prima.
"No aspetta. Hai detto di non voler cose costose o altro, però io voglio davvero regalarti qualcosa. Così ti ho preso questo. Tieni." Manuel lo prende con riluttanza. Come deve fargli capire che non deve spendere soldi per lui? Non è questo che vuole. Nonostante i suoi pensieri scarta il piccolo pacchetto con le mani che gli tremano un po. Resta a bocca aperta quando vede il contenuto del regalo. È un semplice accendino. Sullo sfondo c'è una panchina che si affaccia sul Colosseo ed una frase è incisa in alto, proprio dove sboccia il cielo azzurro. Hai da accendere?
"Ho visto questo negozietto dove facevano un sacco di cose personalizzate. Sai, cuscini, magliette, tazze, portachiavi...però ho pensato che l'accendino fosse il più adatto. Mi sei subito venuto in mente tu. So che non è niente di speciale o altro..."
"Lo adoro." Manuel si alza di scatto per andare ad abbracciare Newt. Ecco, questo è proprio quello che lui intende con regalo, qualcosa che viene dal cuore, pagato poco ma che ha un valore inestimabile. Si staccano e si guardano negli occhi. Quelli verdi del canadese sembra che racchiudano due paroline. Per una frazione di secondo quelle due paroline tornano in mente anche a Manuel - la sua chiacchierata con Totò, i momenti passati sotto la Tour Eiffel, le notti parigine - e spera che uno dei due possa pronunciarle. Però non lo fa nessuno dei due, si schiarisce invece la gola.
"Quasi mi dimenticavo." Riprende Newt allontanandosi di un centimetro, come se fosse appena uscito da uno stato di trance.
"Ho un'altra cosa da farti vedere. L'altro giorno stavo frugando nella cantina di Gabriel, sai, ne hanno una tutti i condomini. Sono nel seminterrato e lui mi ha chiesto di dargli una mano per ripulire un po di cose. Credo che non ci entrasse da quando è morta sua nonna. Comunque...adesso ti faccio vedere." Fa un sorriso bellissimo quando sparisce di nuovo verso la camera da letto. Manuel si butta a peso morto sul divano. Non riesce a capire perché dirgli che lo ama deve essere tanto difficile. Nei libri i protagonisti sembrano sempre così sicuri, come se conoscessero i propri sentimenti già dalla prima pagina. Perché non può essere così anche per loro? Perché deve farsi sempre mille paranoie? Deve dirlo lui per primo? Ci sarà mai un momento adatto? Oppure deve aspettare che gli venga dettato dal cuore?
"Eccomi." Quando entra nel salotto, tra le mani stringe un grammofono. Manuel si alza con il viso un po confuso. Newt scoppia a ridere nel vedere quell'espressione quando il fidanzato gli si avvicina. Lo sfiora appena con la punta delle dita, dal vivo non ne ha mai visto uno - solo nei film. Su quello che si potrebbe definire il 'piatto' - perché non è un esperto, non ha idea di quale possa essere il suo nome - c'è un vinile.
"E questo?"
"Te l'ho detto, l'ho trovato nella cantina di Gabriel."
"Si va bene, ma perché mo sta qua?" Newt ignora prontamente l'ultima domanda e posa il grammofono sul poggiapiedi che aveva nascosto tra i braccioli delle poltrone. Fa partire il vinile e dall'antico oggetto fuoriesce una melodia classica. È lenta e rilassante, di quelle che si possono ascoltare in qualunque film sia presente una festa a palazzo. Poi il rosso si volta verso Manuel e gli tende una mano.
"Vuoi ballare?" Lui lo guarda, vergognandosi un po delle prossime parole che è in procinto di pronunciare.
"Io non so ballare."
"Posso insegnartelo io." Però esita ancora a prendere la mano protesa verso di lui. Il fidanzato è un ballerino, lui di danza non ci capisce molto. Poi Newt sorride ancora prima che il più grande possa dire qualsiasi cosa. Gli si avvicina, piegando di poco la testa per portare le sue labbra all'orecchio dell'altro.
"Aspetta, ho un idea." E Manuel lo lascia fare. Lo lascia fare mentre, piano piano, lo aiuta a spogliarsi di tutti i vestiti. Lo lascia fare mentre, avidamente, lo guarda rimanere completamente nudo davanti a lui. Lo lascia fare mentre, gentilmente, gli afferra le mani e prova a spiegargli come muoversi a tempo con la musica. Lo lascia fare perché si fida di lui. A poco a poco Manuel si ritrova a dondolare sul posto in modo sgraziato, con la testa posata sulla spalla calda del fidanzato e la melodia che gli riempie le orecchie. Non ha mai ballato in questo modo con nessuno prima d'ora, ma sicuramente è una senzazione meravigliosa: i due corpi che, in armonia, sembrano formarne uno solo, i respiri sincronizzati, gli occhi che sfiorano ogni lembo di pelle, le loro risate capaci di toccare i cuori, li dove la musica non riesce, i brividi che si procurano l'un l'altro solo con una carezza. Manuel è felice, un termine che da quando ha conosciuto Newt è riuscito ad usare più spesso. Gli deve molto, ma non crede di averlo mai ringraziato. Così le parole gli escono da sole quando la melodia fa una pausa veloce.
"Ti amo." Una pausa di assoluto silenzio, un silenzio che solo loro due riescono a percepire. La musica, il leggero traffico sulla strada, i pappagalli che, come ogni anno, con l'inizio della stagione calda iniziano a migrare verso Roma, non sentono nulla. E poi avviene la magia.
"Ti amo anche io." Manuel sospira soddisfatto per essere riscito a pronunciare quelle parole. Sorridono entrambi come due bambini, gli occhi verdi di uno puntati in quelli marroni dell'altro. Si baciano prima con dolcezza, poi con amore, fino a crescere e diventare un bisogno fisiologico. Rivedono entrambi il loro primo incontro, ringraziando chiunque abbia deciso il loro fato. Nessuno dei due crede nel destino, però li, in quel momento, mentre stanno per fare l'amore sulle note di Mozart, sono costretti ad ammettere che si, qualcosa in cui credere deve esserci per forza.

Hanno quasi perso la cognizione del tempo, però riescono comunque ad arrivare in tempo per prendere il tavolo che Totò ha riservato loro. Veronica, Claudia e Gabriel stanno già sfogliando il menù.
"Finalmente, credevo non veniste più!" È il saluto con cui gli accoglie il napoletano. Stare in sala non è compito suo, lui si occupa della cucina, ma per loro può fare un'eccezione.
"Scusaci, ma non credevo fosse così tardi." Annuncia Manuel togliendosi la giacca, posandola sullo schienale della sedia e accomodandosi al tavolo. Newt lo imita e poi insieme rivolgono un gesto di saluto a tutti gli altri. Il locale non è molto grande, ma sicuramente confortevole. Le pareti sono colorate di bianco, come anche il soffitto, ma sono quasi interamente ricoperte di quadri (i quali sembrano aver attirato l'attenzione di Gabriel in modo particolare). Le tovaglie sono a quadretti rossi e bianchi e i tavoli su cui sono poste sono in tutto otto. La cassa è sul bancone vicino la porta della cucina - da qui Totò è abituato a fare avanti e indietro - e quella del bagno.
"Avete già deciso cosa ordinare?" Domanda Newt mentre prende un menù.
"Si. Io una margherita, Gabriel una con i fiori di zucca e Veronica una ai quattro formaggi."
"Io allora prenderò una capricciosa. Tu?" Porge l'elenco dei piatti al fidanzato, ma Manuel è venuto talmente tante volte in quel ristorante che conosce tutte le portate a memoria.
"Tranquillo, prendo una margherita anche io. Piuttosto, pensate n'po a qualcosa da bere."
"Io non posso, devo guida' al ritorno, fate voi." Così la scelta del vino ricade su Newt e Gabriel.
"Allora, a cosa dobbiamo questo invito?" Domanda Veronica mentre i due ragazzi hanno ancora la testa sprofondata nel menù.
"Semplicemente questi" e li indica "non hanno mai mangiato la pizza napoletana e dovevo pe forza fargliela assaggia'. Voi state qui de straforo."
"Ha-ha, molto divertente." E probabilmente i due colleghi si sarebbero continuati a prendersi in giro se in quel momento non fosse giunto uno dei camerieri.
"Oh, Manuel, da quanto tempo. Cosa vi porto?" Saluta Alessandro che non vede da mesi e gli riferisce tutte le portate. Poi è Newt che aggiunge il vino all'ordine.
"Ok allora: due margherite, una capricciosa, una quattro formaggi, una con i fiori di zucca. Da bere invece acqua frizzante e una bottiglia di Vermentino."
"Perfetto, grazie Ale." Gli porgono i menù e tornano a chiacchierare.
Passano una serata tranquilla e piacevole. Il cibo era delizioso e alla prima bottiglia di vino ne è seguita una seconda. Rimangono seduti finché non sono ormai gli ultimi clienti rimasti. Totò esce dalla cucina con uno strofinaccio tra le mani e va verso di loro. Sul viso ha della farina e Manuel non può fare a meno di ridere a quella vista.
"Allora, com'è andata?"
"Tutto buonissimo, davvero." Gabriel lo guarda quasi con ammirazione e Totò non può fare a meno di arrossire. Il mezzo francese si alza e va verso un quadro. Inizia a fare domande sull'autore e altre cose a cui Manuel non presta attenzione. Ha incredibilmente sonno, ma allo stesso tempo è euforico. Non ama bere, ma quella è stata una serata speciale. Quando sente Newt chiamare il suo nome crede di essersi addormentano. Alza la testa dal tavolo e vede tutti i suoi amici in piedi e pronti ad andare via. Si salutano promettendosi di vedersi presto e poi, a coppie di due a due, si separano.
"Allora, secondo te gli è piaciuta davvero la mia pizza?" Totò è costretto a farsi passare un braccio di Manuel sulle spalle e di reggerlo per la vita, altrimenti rischierebbe di cadere o di sbagliare strada. L'amico più piccolo però non lo sta ascoltando, la sua testa leggera vaga per i ricordi di quel pomeriggio. A quel ballo così intimo fino alle due paroline sussurrate in un orecchio.
"Ce l'ho fatta, so' riuscito a dirglielo." Ignora la domanda e poi non parla più. Totò, che ha capito perfettamente a cosa si sta riferendo, non può fare a meno di sorridere per la felicità dell'unica persona che può chiamare famiglia.

6.725 KmDove le storie prendono vita. Scoprilo ora