Capitolo 41

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Centocelle, 15 gennaio 2020

Dovevo cominciare a pensare ad una soluzione per salvarmi la pelle: questo fu il mio leitmotiv per ben due giorni.
Grazie al mio lavoro alla panetteria, avevo potuto dare una svolta alla mia vita, acquistando addirittura una casa tutta mia; se tutto fosse finito, l'alternativa più drastica sarebbe stata tornare a Firenze con la coda fra le gambe, a sentire i "Te l'avevo detto" di mia madre e mia sorella.
Guardai il computer sulla scrivania della mia stanza, dove avevo aggiornato il mio blog la sera precedente: decisi che a fine giornata avrei dovuto cominciare a scrivere un curriculum, anche se l'unico lavoro serio sarebbe stato quello dai Mainetti e cinque anni di fermo non sarebbero stati un buon biglietto da visita.
Oltretutto, nessuno mi avrebbe mai assunta a Centocelle, visto che la famiglia proprietaria della panetteria regnava nel quartiere, pur non avendo la corona.

                                      ***

Poco prima di arrivare al lavoro, però, vidi qualcosa che avrebbe potuto ribaltare la mia situazione: dietro un vicolo riconobbi una voce femminile ed una maschile, che parlavano fitto; una era Sofia, con una dolcezza e una vulnerabilità che non le avevo mai sentito; l'altro era Federico Stanzi, il fidanzato di Elena.
Attenta a non farmi vedere né sentire, cercai di non perdermi una parola di ciò che dicevano.
<< Non ce la faccio più! Questa farsa mi spezza in due! >> si lamentava lei.
<< E dai, amore mio. Lo sai che è necessaria, per tutti e due. Te lo devo ricordare da dove proveniamo? >> le fece presente lui.
<< A volte mi chiedo se ne sia valsa davvero la pena... >> sbuffò malinconica la Mainetti.
<< Tu sei praticamente la padrona di Centocelle, ed io, appena mi sposo con Elena, assumerò una discreta posizione che mi permetterà di mollare la Glovo >> sottolineò Stanzi.
A quell'ultima affermazione, i pezzi del puzzle che avevo radunato nella mia testa da anni cominciavano ad incastrarsi: Federico era un arrampicatore sociale, che stava con Elena solo perché aveva un'attività; Sofia si era messa con Dante perché era un Mainetti; entrambi erano nati alle case popolari di Via Tor de Schiavi, vicino al Centro Commerciale Insieme: se qualcuno avesse saputo che erano amanti, sarebbe scoppiato un casino, che avrei potuto benissimo strumentalizzare per tenermi il lavoro.
<< Però non mi lasciare, Fede. Senza di te non ce la faccio... >> lo supplicò la giovane.
<< Non ti lascio >> promise il rider.
<< Nemmeno io vi lascio >> sibilai, guardandoli da dietro un muro con gli occhi pieni di desiderio di vendetta.

                                      ***

Trovai Sofia all'ora di pausa, che fumava all'uscita sul retro.
<< Allora? Che hai deciso? >> esordii concitata.
<< Ancora non lo so, ma non sei nella posizione di mettermi fretta >> disse irritata, buttando un po' di cenere per terra.
<< Effettivamente la fretta non ti si addice. Hai tessuto la tua tela con pazienza, da quando hai lasciato le case popolari. Ti sei sistemata, ma a quanto pare hai mantenuto i contatti: adesso capisco perché Federico Stanzi non fa più lo scemo con le altre alle spalle di Elena... >> cominciai, gustandomi la sua faccia che sbiancava gradualmente.
<< Ci hai ascoltati? >> domandò trasalendo.
<< Per puro caso, ma abbastanza. Allora, vuoi dire la verità o mi lasci procedere a forza di cliché? >> la sfidai.
<< Tu non hai nemmeno idea di cosa significhi nascere alle case popolari. La tua famiglia è benestante, vive in una villa fuori Firenze. Lo sai come mi chiamavano laggiù? La Regina delle Chiacchiere. È stata proprio la mia parlantina a portarmi fuori di lì, a mettermi sulla strada di Dante e poi di Carlo. Federico e io stavamo insieme, ci eravamo promessi che avremmo fatto le nostre vite per poi ritrovarci >> mi confessò.
<< Sulla pelle di Elena e di tuo marito? >> domandai disgustata.
<< La tua amica è intelligente, scrive e non ci metterà molto a trovare di meglio. A mio marito non importa niente di me, non gli è mai importato niente di me... Ma tu non dirai niente, vero? >> rispose, guardandomi con aria supplichevole.
<< Sarò muta come una tomba, ma a un patto >> replicai, sorridendo con le braccia conserte, aspettando le parole che era giusto che dicesse.
<< Tienitelo, il tuo lavoro. Ma non dire niente. Oh eccolo, sta arrivando >> ribatté, indicando Stanzi che parcheggiava la sua bicicletta.
Guardò prima me, poi Sofia.
<< Lei sa >> disse la Mainetti, riferendosi a me.
<< Ti prego, non ci giudicare. Immagino che Sofia ti abbia rivelato cosa ci lega... >> affermò, mettendosi vicino a lei.
<< Non disgusterete solo me, ma anche e soprattutto Elena, se non le direte la verità >> sottolineai.
<< Glielo diremo al momento opportuno. Altrimenti mi odierebbe >> dichiarò il rider.
<< Non scomodarti. Già è successo >> fece una quarta voce, incrinata dal dispiacere. Era Elena. Era comparsa alle nostre spalle, con gli occhi pieni di lacrime.
<< Gliel'hai detto tu? >> fece Sofia.
<< Non ha fatto in tempo. Ci avete pensato voi... >> sibilò la mia amica, correndo via. Le corsi dietro a mia volta, lasciando quei due bugiardi disgraziati alle spalle.

                                      ***

<< Elena! Elena, aspetta! >> la chiamai, inseguendola lungo via dei Castani.
<< È uno stronzo, un bugiardo, un bigamo! Dormiva con me, e intanto si sollazzava con quella! >> gridò fuori di sé, noncurante del fatto che qualche passante si fosse voltato a guardarci.
<< Beh, guarda il lato positivo... >> cercai di sdrammatizzare.
<< È logico che tu riesca a vederne uno. Li tieni in pugno, e quindi il tuo lavoro è salvo. Ma io? Io ho fatto solo la figura della cretina che portava in palmo un fidanzato fedifrago! >> esclamò disperata.
<< Almeno tu non sei arrivata all'altare. In questo senso, sono stata più sfigata io. E adesso è anche il compagno della nostra migliore amica >> le rammentai.
La Castroni sorrise nel pianto.
<< Effettivamente è un po' peggio >> affermò.
<< Ma fa male, porca puttana! Fa veramente malissimo! >> pianse disperatamente, buttandomi le braccia al collo.
<< Mi sa che stasera usciamo... >> l'abbracciai. << Sì, decisamente usciamo! >> decisi.
Già prefiguravo me, Elena, Laura e Fabiola in coma etilico, ma almeno ci saremmo sfogate.

Quante stelle ha il mio cieloWhere stories live. Discover now