Cap 26

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Guardavo il vassoio così pieno di cibo come non lo avevo mai visto in vita mia, ma il mio stomaco si rifiutava di aprirsi. C'erano legumi, carne e frutta: evidentemente, i soldati Ryut erano nutriti molto meglio di quanto potesse fare la maggior parte degli umani del pianeta. Mi costrinsi a provare la frutta. Non mangiavo da quasi un giorno e una parte di me sapeva che, nonostante l'effimera serenità di quel posto, dovevo mantenermi in forze, pronta ad ogni cambiamento. I miei occhi erano ancora pieni delle immagini di quelle navicelle che avevano sorvolato la zona della base segreta. Alla fine si erano allontanate, Iliakòs era arrivato alla conclusione che stessero solo tracciando una nuova rotta, ma il mio sesto senso continuava a giudicare la loro quota troppo bassa, i loro spostamenti tutt'altro che casuali. Mi resi conto che avevo i nervi a fior di pelle, tutti i sensori in allarme, i miei piedi pronti a scattare. Quella sensazione di sicurezza che avevo sempre avuto tra le braccia di Iliakòs, in quel momento, sembrava cancellata dal mio sensto senso, di nuovo in assetto di difesa.

"Mangia Jewel, non hai neanche fatto pranzo..." mi arrivarono le parole sussurrate di Iliakòs, seduto al mio fianco. Mi era stato concesso l'onore di sedermi al tavolo dei comandanti, al centro della mensa, da cui potevo vedere tutti i soldati radunati per la cena. Ancora faticavo a capacitarmi come il popolo Ryut potesse mobilitare quel gran numero di plotoni solo per me. Si chiedevano perché erano lì? Erano consapevoli che l'obiettivo principale della missione era proteggere me, un'umana insignificante?

C'era un chiacchiericcio diffuso, nonostante la mole di persone, sembrava un brusio composto ed educato. Tutti rimanevano seduti e si sussurravano alle orecchie, invece di urlarsi da un tavolo all'altro o ridere sguagliati, come ci si poteva aspettare da gente, in definitiva, della mia età. Niente a che vedere con la baraonda della mensa in cui mi aveva ospitato Damian.

Posando gli occhi sul tavolo accanto, riconobbi i membri della squadra di Iliakòs, gli stessi che mi avevano accompagnato lì. Notai un assente, però, così mi sporsi per chiedere al mio tenente: "Dov'è Carale?"

Iliakòs mi fissò per un istante, serio, poi riprese a guardare il suo piatto e rispose laconico: "Il luogotenente Carale non avrà molta fame nei prossimi giorni!"

Sentii Lir't quasi strozzarsi alla mia sinistra, così lo guardai in cerca di delucidazioni. Mi fece cenno di lasciar perdere, anche se la rassegnazione che cercava di mostrare fu offuscata da un riflesso nervoso nello sguardo.

Tornai a guardare il principe: "Lo hai punito per colpa mia?" chiesi già nervosa.

Iliakòs continuò a mangiare tranquillo, mostrandomi così chi comandava lì: "Quel ragazzo deve ancora imparare bene le gerarchie. Deve capire che non è libero di muoversi come vuole, ma deve sempre chiedere il permesso ad un superiore prima di prendere iniziative proprie!" Il tono della sua voce era freddo e distaccato, tipico di chi non transige i regolamenti.

Avrei voluto urlargli in faccia tutto il mio disappunto, ma all'ultimo momento mi ricordai che Iliakòs era un comandante, prima di essere il mio Ryut, così lo pagai con la moneta che preferiva: "Chiedo il permesso di allontanarmi dalla tavola".

Iliakòs mi guardò stupito dalle mie parole: "Dove vorresti andare?"

Faticai a trattenere un sorriso nervoso: "Credo che anch'io non avrò molta fame in questi giorni, almeno fino a quando non l'avrà Carale..." chiarii il mio intento. Fui quasi sicura di averlo sentire ringhiare, tanta fu la rabbia che gli passò nell'oro acceso dei suoi occhi, mentre le sue pupille diventarono due lineette sottilissime. Rimase immobile, come un ghepardo pronto ad attaccare. Poi sospirò lentamente, nell'evidente sforzo di calmarsi, ma continuò a non proferire parola.

Quello che ci tolse dall'impasse fu la risata tuonante di Lir't, che stupì entrambi.

"Ti ha battuto, tenente, ammetti la sconfitta!" rise ancora e io non potei trattenere un sorriso. Iliakòs ci studiò entrambi, ma alla fine anche sulle sue labbra comparve il sorriso: "E va bene ragazzina, hai vinto! Adesso mangia, però, tutto!" mi intimò. Chiamò un sottoposto e gli ordinò di andare a prendere Carale, perché venisse in mensa.

Come artigli sul vetroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora