Cap 35

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Nei prossimi capitoli troveremo scene drammatiche molto forti. Per chi è fragile consiglio di saltare le descrizioni.

All'inizio fu solo un profondo buio, rischiarato di pochi passi dalle torce dei nostri caschi. Le pareti di roccia ci contornavano opprimenti e soffocanti. L'aria era ghiacciata e satura di un fumo denso, talmente secco da inaridire le mia fauci in un secondo. I caschi riuscivano a purificarne la maggior parte, prima di lasciar entrare solo la piccola quota di ossigeno che rimaneva, ma il sapore del carbonio bruciato e dello zolfo arrivava comunque nauseabondo fino alle mie narici.

Avevo l'enorme schiena di Helgr davanti agli occhi e le sicure mani di Bahkkat a sorreggermi, a spostarmi di qua o di là, secondo gli ordini di Helgr, nominato sul campo comandante della missione, visto che era il più alto di grado. Gli ordini erano per la maggior parte in Ryut, inframmezzati da segni con le dita e strani suoni gutturali, di cui non capivo assolutamente nulla, perciò lasciavo che le mie guardie del corpo mi indirizzassero con i gesti, per essere più veloci. Eravamo un gruppo compatto, silenzioso e sfuggente. Camminavamo rasentando i muri di roccia, fino a che Helgr riferì che eravamo all'ingresso del bunker e che quest'ultimo era aperto. Si voltò verso di me: "Vuol dire che nessun altro è uscito dopo che Iliakòs ha forzato la chiusura...". I suoi occhi avevano una sfumatura fosforescente in quel buio pesto, come quella dei felini e mi diedero i brividi, ma ebbi lo stesso la forza di replicare il mio triste pensiero: "Vuol dire che sono ancora tutti lì dentro...". Helgr annuì tristemente e sembrò chiedermi silenziosamente le mie intenzioni. "Allora sbrighiamoci a tirarli fuori!" gli ordinai perentoria e lui quasi sobbalzò a quel comando, poi annuì, tornò a guardare di fronte a noi e fece cenno ai perlustratori di entrare dall'enorme portone di piombo.

Tre soldati entrarono con circospezione, seguendo una danza militare precisa e ordinata. Scomparvero all'interno, passarono cinque secondi e le luci dell'ingresso si accesero e uno dei soldati ci diede il segno del via libera. La prima cosa che vidi fu il pavimento in cemento, sporco di uno strato di cinque centimetri di polvere grigio chiara, che al nostro passaggio si alzava in nuvolette pesanti. L'aria era soffocante, sicuramente perché povera di ossigeno e perché almeno venti gradi più calda rispetto all'esterno. Le luci consistevano in piccole striscie bianche sui muri laterali di calcestruzzo e solo ogni trenta passi una striscia di led creava un arco quadrato da un muro all'altro. Era un lunghissimo corridoio praticamente grezzo, senza rifiniture, senza segnaletica di nessun tipo, senza nessun evidente sistema di difesa, illuminato talmente poco che era più il tempo che seguivamo le torce dei nostri caschi che i led al soffitto. Quello che però mi lasciò stranita, fu che sembrava abbandonato da tempo.

Arrivati ad un incrocio, vidi Helgr osservare attentamente all'interno dei due portoni blindati che delimitavano i due cuniculi da prendere. Quello di destra continuava per altri venti passi e poi si intersecava con un altro corridoio, all'apparenza maggiormente illuminato. Quello di sinistra aveva una scala a chiocciola appoggiata sulla parete di destra, che scendeva verso il buio, mentre in fondo al tunnel riuscivamo chiaramente a intravedere una bacheca con dei pannelli in movimento. Prendemmo il corridoio di sinistra e ci ritrovammo in uno spazio non molto alto, con le pareti in cemento e una completamente ricorperta di monitor, che visualizzavano altri ambienti del bunker.

"Bene, siamo nella sala di controllo della sicurezza, da qui possiamo vedere tutto il bunker!" mi informò Helgr, mentre faceva segno a due soldati di controllare la porta in fondo. Studiai i monitor, ma parecchi erano al buio, nel senso che le stanze che stavano registrando erano senza luce, quindi era impossibile riuscire a capire se i nostri amici fossero lì.

"Helgr, hai la planimetria di questo posto, vero?" chiesi in un sussurro.

"Sì, Jewel, ma ho solo la disposizione degli ambienti, nessun riferimento su eventuali trappole di sicurezza..." mi rispose, tirando fuori un trasmettitore oleografico, che emise un piccolo beep, prima di mostrarci la stessa mappa che aveva davanti nell'astronave, mentre guidava Iliakòs.

Come artigli sul vetroWhere stories live. Discover now