19.

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«Devo andare in questura» farfuglio seduta in macchina.

«Amanda, sei sotto shock. Lo denunciamo domani. Gli faccio pentire di aver anche solo pensato a te in quel modo.» vedo che stringe i pugni sulle cosce.

«Marco è in questura» sembro un automa.

«Sì. Finalmente ha fatto qualcosa di buono».

Non ho neanche la forza di guardarlo male.

«Hai visto come stava?» provo a chiedere.

«Era tagliato. Molto. Ma hanno pensato anche a lui prima di scortarlo via» dice, in tono piatto.

Si è ferito per colpa mia. Voleva salutarmi.

Sto ancora peggio.

«Ti prego, accompagnami. È colpa mia» sbiacisco quasi tra le lacrime.

Mi prende il viso tra le mani, dolcemente: «non pensare mai, mai, che sia stata colpa tua. Quel bastardo..» si sporge per dare al suo autista delle indicazioni.

Poco dopo arriviamo davanti allo stabile.

«Vengo con te?» mi chiede.

«No, ce la faccio.» dico, accarezzandogli il dorso della mano.

Mi dà un bacio leggero sulla fronte: «Ti aspetto qui. Faccio qualche chiamata.»

Mi avvio verso il portinaio.

Spiego l'accaduto e il signore in divisa mi accompagna al piano superiore.

Lì, seduto in sala d'aspetto, c'è Marco che fissa il vuoto, con le braccia conserte. Mi avvicino, e più la distanza diminuisce, più mi accorgo dei tagli e dei lividi che ha sul viso.

Mi lancio verso di lui e lo abbraccio. «Scusami» dico, con la voce rotta.

Per un attimo mi stringe a sé. Poi si sposta.

«T-ti ho fatto male?» chiedo, stupidamente.

«No. Non è il caso.» dice gelido.

Sto sempre peggio. Mi sposto anche io. Rimaniamo qualche secondo a fissare il nulla insieme.

«Finirai nei casini?» cerco un appiglio per parlargli.

«Sembra di no. Però devono aspettare di sentire anche la tua versione dei fatti.» Dice con tono sempre più freddo e distaccato.

«Marco.. Grazie. Mi hai salvato la vita. Non so cosa sarebbe successo se non fossi arrivato tu.»

Si gira verso di me. Mi fissa negli occhi con uno sguardo che ormai faccio fatica a riconoscere.

«Non dirlo. Non voglio più pensare a questa faccenda. A quello che ho visto. A quello che stava facendo. A te. Avrei potuto.. ucciderlo forse.» mentre dice queste parole vedo i suoi pugni fasciati stringersi dalla rabbia.

Rimango lì in silenzio. Con ancora i brividi addosso.

«Mi dispiace.» Dico senza troppi giri di parole.

«Non ti devi dispiacere per me. Lo farei altre mille volte. Non sono le ferite a farmi male, adesso. I vetri conficcati nella carne li ho sentiti mentre ti tenevo su la testa e ho visto il mercedes nero. Lui era lì. Questo mi fa davvero male.»

«Marco... E' più complicato di quello che sembra, credimi. Non devi pensare, però, che tutto quello che c'è stato tra di noi fosse finto. Sono solo...confusa

Mi guarda negli occhi.

«Amanda. Ti devi mettere nei miei panni. In questi mesi ti ho dato tutto di me. Non so cosa mi hai fatto. Però io ho iniziato a provare qualcosa per te..» si blocca qualche istante, strofinandosi il viso e poi continua: «so che non posso offrirti nulla. So che sono un disastro. Ma da quando ti conosco qualcosa in me è cambiato.»

Tutti vogliono fare gli stilistiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora