4. Il Sangue Si Rigenera

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Sì, perché a Mark Lee basta un'ora per innamorarsi. Non che si sia ancora del tutto lasciato prendere dall'innamoramento, ma sente nascere qualcosa in sé, qualcosa che non gli permette di staccare gli occhi di dosso dall'altro, proprio come è stato in discoteca.
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contiene: riferimenti all'autolesionismo, riferimenti a propositi suicidi, contenuti maturi.



































Quella era la notte del Diavolo, e Mark sentiva il buonsenso abbandonarlo, sudargli via dai pori della pelle.

Sapeva quanto Donghyuck amasse l'attenzione che lui gli stava dando, sapeva quanto Donghyuck stesse impazzendo sotto ogni suo tocco, ogni suo graffio, ogni suo morso, sapeva quanto Donghyuck volesse sentire il suo sangue scorrere contro il propriolo voleva anche Mark.

E sapeva che Donghyuck stava probabilmente sentendo il mondo esplodergli dentro, come fosse un suo big bang personale, mentre Mark gli toglieva l'intimo.

Le sue labbra scesero finalmente all'altezza del suo membro mentre le dita di Donghyuck si conficcavano più a fondo ancora nella schiena di Mark, in attesa. Mark si sarebbe risvegliato con la schiena grondante del suo sangue, forse, ma non se ne preoccupava, non gl'importava.

Quel che gl'importava era il presente, con Donghyuck tra le sue dita, palpitante, vivo.



Quella era la notte del Diavolo e Mark Lee giurò su Iddio che se la sarebbe ricordata, a qualunque costo.

Così strinse Donghyuck contro di sé, diversamente da come faceva con le sue altre conquiste di una notte, esplorando tutto ciò che poteva con la mano, con la lingua irta, e poi con la sua bocca, calda e disperata.

Le tenebre nella stanza di Mark erano ossute dita del buio mentre Mark si allontanava dal suo capolavoro – l'interno coscia di Donghyuck, e il rivolo di saliva che ora separava la sua bocca dal suo pene – e l'ammirava con una certa fierezza.

Mark era inebriato da Haechan, ne era stordito, ne era succube; ne voleva sentire il profumo mentre lo fotteva, ne voleva vedere la faccia convulsa tra piacere e dolore sotto ogni sua mossa, ad ogni suo respiro. Sapeva che Donghyuck gliel'avrebbe lasciato fare.



«Mark...» Donghyuck gli sorrise, e come mille altre volte primaforse solo cento, forse solo diecistrinse le sue unghie contro la schiena di Mark. Sì, Mark si sarebbe risvegliato annegante nel suo sangue, e avendone lasciate macchie ampie e fetide come i suoi peccati sul lenzuolo.

E mentre Donghyuck lo baciava Mark si arrese ai suoi ributtanti bisogni, senza nemmeno più una goccia di autocontrollo nel suo sistema.




Quella era la notte del Diavolo e Mark Lee aveva trovato per sé un perfetto-imperfetto angelo vestito di nero, dal mascara sciolto e con un debole per le sue labbra, dovunque esse posassero.

Si spinse dentro Donghyuck dove prima si era fatto spazio con le dita, e ancora assetato della saliva dell'altro ricongiunse le loro labbra.

Mark sentiva ogni gemito di Donghyuck sulla sua lingua, mente Donghyuck ritirava la presa delle unghie e a tratti la riprendeva, sul collo, sulla cute, tra i suoi capelli. Sentiva Donghyuck contorcersi, ansimare, e aveva la testa svuotata da tutto tranne che dai suoi «così, Mark, così».


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