Capitolo 13

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CAPITOLO TREDICI

Avevo organizzato tutto, doveva essere un fine settimana perfetto. Ero arrivata in montagna il pomeriggio del venerdì, per fare la spesa, accendere il camino e preparare la casa. Ovviamente anche Diego era venuto con me per darmi una mano, ed era utile, perché con la sua precisione metteva perfettamente in ordine tutti gli acquisti, le conserve, la pasta, il vino, molto meglio di come avrei fatto io. La mia parte era invece la pulizia generale ed il camino, prendere la legna in garage e controllare l'attrezzatura da sci. La casa era ancora fredda, nonostante la primavera le temperature erano ancora piuttosto basse, si sarebbe scaldata in un paio d'ore, ma io non avvertivo il gelo, tra il movimento e l'eccitazione, ero distratta, pensavo e ripensavo a come sarebbe andata, a come ci saremmo divertiti. Lorenzo e Daniela probabilmente erano appena partiti, e sarebbero arrivati in serata, ma non vedevo l'ora di incontrarli, non sapevo perché, non avevamo mai fatto una vacanza per quanto breve insieme, ed ovviamente con conoscevo le loro abitudini, ma l'istinto mi diceva che sarebbe stato tutto fantastico, forse solo la fidanzata, avrebbe potuto creare qualche problema, ma in fondo che importava, avevamo due giorni pieni per tentare di sciare, mangiare arrosticini e carne alla brace, e goderci la natura alla grande. Anche il paese poi era bellissimo, un pugno di case arroccate sul ciglio dell'Appennino unite da un groviglio di stradine medioevali, una piccola piazza con un bar, un ristorante, il municipio, la chiesa e la fontana di rito che d'inverno gelava. Era piccolo, ma io ci ero molto affezionata, perché per me era il paese delle feste di Natale e del capodanno: appena chiudeva la scuola, mio padre terminava anche lo studio e la sera stessa si partiva per la montagna. Nonostante il viaggio fosse spesso un po' fastidioso, per il traffico, le curve e per il cattivo tempo, appena vedevo il campanile della chiesa da lontano, tutti i malumori passavano e mi veniva voglia di scendere dalla macchina per correre nella neve. Mio padre, invece, pensava immediatamente ad accendere il camino ed i termosifoni, era molto affezionato alla nostra casa in montagna, l'aveva fortemente voluta, e negli anni, anche col mio aiuto, l'aveva sistemata proprio bene, aveva tutti i confort, oltre al camino ed ai riscaldamenti; c'era una discreta cucina con un bancone in stile bar, una sala da pranzo, due camere da letto ed il salotto, in più c'era anche una bella terrazza utile per arrostire qualunque cosa e che d'estate veniva occupata dalla piscina gonfiabile, bella a vedersi ma inutilizzabile perché l'acqua non superava mai i dieci gradi anche dopo una settimana.

Il fine settimana andò meglio di come pensavo, intanto gli invitati arrivarono prima del previsto perché Lorenzo aveva deciso di partire con un certo anticipo, con buna pace della fidanzata che si lamentava di non aver avuto il tempo di preparare la valigia. Si presentarono, lui con uno zaino tipo militare, lei con una Samsonite rigida degna di un viaggio di quindici giorni. Lui con il suo solito giubbotto di pelle, jeans e stivali, lei con un Fay a quattro ganci, stivaletti Timberland e sciarpa Burberry. Non che fossi un'appassionata di marche, ma la ragazza sembrava uscita da una rivista di moda con tutte le targhette in bella mostra tanto per non farsi notare, come se fosse pronta per un ricevimento. Io dalla mia ero già in tuta pesante, calzettoni da casa e guanti da lavoro, sporca di fuliggine e segatura, ma non mi creai problemi, non ero certo io quella fuori luogo. Non battei ciglio, li accolsi con entusiasmo, e subito mostrai loro dove lasciare le scarpe da esterno infangate e dove trovare delle meravigliose ciabatte imbottite con disegni di renne e Babbo Natale. Lorenzo non esitò, scelse Babbo Natale e lasciò le corna alla fidanzata che però le guardò con una certa diffidenza e le mise da parte con decisione dicendo che non era abituata ad usare pantofole in casa, così decise di restare a piedi nudi, letteralmente, in una casa gelata in montagna. Probabilmente le ciabatte che avevo proposto non erano abbastanza di moda, pazienza prima o poi si sarebbe convinta, quando probabilmente i piedi sarebbero diventati blu.

Sapevo che sarebbe stato fantastico, e non mi ero sbagliata, infatti, immediatamente e senza dover parlare si stabilirono i ruoli: Lorenzo con un perentorio "Che si mangia?" si impossessò della cucina, io mi misi al suo fianco per supportarlo e pulire quello che sporcava, Diego divenne l'addetto ai fuochi e Daniela a piedi nudi, sul divano che osservava e cercava di telefonare con uno dei primi cellulari, peccato che in casa mia non arrivasse il segnale. La sensazione che con Lorenzo mi conoscessi da una vita mi pervase nuovamente, era come se fossimo sempre stati nella stessa cucina, lui mi chiedeva le cose perché non conosceva i posti, ed io ero già lì, pronta con ciò che gli serviva. Lui non cucinava, quasi danzava, tra i fornelli, mentre tagliava le verdure e poi controllava l'acqua, poi apriva il frigo e cercava qualcosa per inventarsi un piatto nuovo. C'era una luce nei suoi occhi, fredda ed inarrivabile, qualcosa che nascondeva sotto quella apparente allegria, una sofferenza, un segreto, o una debolezza, non lo sapevo, mi giurai che ci sarei arrivata, col tempo, magari, ma sarei entrata nel suo cuore, per scoprirlo, ma non quella sera, no, non avevo tempo di pensare a cose tristi, lui era lì con me, poco importava se entrambi in quel momento avevamo un partner, stavamo bene insieme e questo lo vedevano tutti, specialmente la sua ragazza, che con i piedi congelati, ancora si ostinava a non mettersi almeno un paio di calze pesanti, si, lei mi guardava strano, mi studiava, ma io non avevo paura, me la sarei fatta amica e magari anche lui, nonostante io fossi certa già da allora che lui fosse la mia anima gemella. Lui invece, non se ne era ancora accorto.

Stelle GemelleWhere stories live. Discover now