E se tutto fosse al contrario? E se invece di essere abbandonata Sanem è colei che abbandona Can, lasciandolo da solo nel giorno più importante della loro vita, volando nella lontana Roma, lasciandosi tutto ma soprattutto tutti alle spalle.
<Demir quante volte ti ho detto di non schiacciarmi in questo modo> mormoro piano ancora con la voce impastata dal sonno.
<Alzati Demir> borbotto nuovamente quando continuo a sentire un forte peso sul mio petto.
<Dai amore> dico dolcemente ma quando in tutta risposta sento un mugolio sobbalzo, aprendo all'istante gli occhi.
<Ma che...> cosa ci fa lui qui, mi domando mentalmente, incapace di dirlo a voce alta. Cosa ci fa Can abbracciato a me?
<Spostati!> dico in modo duro mentre lo spintolo leggermente ma lui sembra essere caduto in un sonno profondo dato che non si scompone minimamente.
<Come siamo arrivati qui?> sussurro piano mentre spremo il cervello, cercando una spiegazione. Sono più che sicura di essermi appisolata alla scrivania. È una cosa che mi succede ultimamente quando non sono più in grado a gestire la stanchezza.
È così strano trovarmi qui con lui, abbracciati, come succedeva ogni qualvolta ci addormentavamo insieme. Proprio come successe quella sera. L'ultima che avevamo passato insieme.
<Avresti dovuto lottare Can> sussurro piano quando la tristezza mi assale. Magari io ho sbagliato ma lui non si è scomodato neanche a cercarmi. Per troppo tempo mi sono colpevolizzata, cercando in qualche modo di giustificarlo ma quando mesi dopo Emre mi confessò che lui aveva una relazione con Polen smisi di credere in noi, in quel amore che cercavo di salvare inutilmente.
<Hai rinunciato così facilmente a noi> sussurro tristemente mentre riesco a spostarlo e a malincuore mi allontano da lui. Non so cosa ci fa lui qui ma non dovrà succedere mai più. Io non posso avvicinarmi a lui, mentre lui è un uomo impegnato.
<Piccola> mormora con la voce assonata facendomi vibrare fortemente il cuore. Era anni che non sentivo questo nomignolo.
<Non mi hai amato abbastanza> sussurro con la voce spezzata prima di scappare via, dirigendomi in albergo.
******
<Sanem, gradisci del caffè?> domanda il signor Aziz appena metto piede fuori dall'ascensore.
<Una tazza di tè> interviene Can sbucando da non so dove e quando si accorge di avere gli sguardi di tutti su di lui, si affretta a specificare che lo vorrebbe lui quel tè.
<Vada per il tè. Can, porta due tazze nel mio studio> dice il signor Aziz per poi prendermi a braccetto e accompagnarmi dentro il suo studio, lo stesso di sempre.
<Tesoro...>
<Non mi va di parlare signore> mormoro piano mentre mi accomodo sulla piccola poltrona che c'è davanti alla scrivania.
<Lo so che sei qui per aiutarci ma se vuoi per oggi, insomma...>
<Per me è meglio se occupo la mente con il lavoro> rispondo, cercando di non incrociare il suo sguardo. Ho amato tantissimo la famiglia di Can, considerandola mia e nonostante l'odio che la famiglia Divit mi ha dimostrato dopo averlo abbandonato io non posso cancellare il bene che voglio ad ognuno di loro. Per questo ho accettato di aiutare Aziz, colui che ho considerato come un padre ma vederlo oggi mi è difficile, soprattutto quando il mio non c'è più.
<Prenditi la giornata libera Sanem> insiste nuovamente Aziz mentre appoggia la mano sulla mia spalla.
<Signora Aydin, sempre puntuale> la voce di Rifat mi fa raddrizzare la schiena mentre con la mano asciugo velocemente quelle lacrime che hanno bagnato il mio viso.
<Rifat, se non ti dispiace stavo discutendo con Sanem di una cosa importante> dice Aziz velocemente mentre si allontana da me.
<Non si preoccupi signore, possiamo continuare più tardi> dico con la voce ferma mentre senza guardare nessuno dei due mi allontano da quel studio, dirigendomi il prima possibile nel mio. Nessuno avrà la soddisfazione di vedermi abbattuta, soprattutto oggi.
Lentamente mi accomodo sulla sedia ma invece di mettermi al lavoro mi giro verso la vetrata, guardando il panorama che si vede da questa altezza, mentre la mia mente malinconica ricorda i bei momenti passati con i miei genitori fino a due anni fa.
<Mi mancate così tanto> sussurro piano mentre un singhiozzo esce dalla mia bocca. Se ieri sera sono rimasta più del dovuto in agenzia era perché volevo essere vicino ad un posto che papà amava tanto, ma a niente ha funzionato. Ho pensato che magari essere vicina a questo posto mi avrebbe aiutata a superare il dolore che sto sentendo per colpa della loro morte prematura.
<Emre> rispondo velocemente alla sua chiamata.
<Principessa> mormora piano all'altra parte del telefono.
<Come stai?> domando mentre cerco di rimandare indietro le lacrime.
<Dovrei essere io a farti questa domanda> dice sussurrando e sono sicura che lui si trovi nella mia stessa situazione. Imbronciato e triste, per questo mi ha chiamato.
<Sto bene Emre, più o meno. Lo sai che per me è difficile>
<Si stanno comportando da stronzi?>
<No, tranquillo> mi affretto a rispondere mentre accendo il mio portatile. Ieri sera mentre ho preparato il bilancio ho potuto notare delle mancanze nella contabilità e questa cosa la devo risolvere prima di subito.
<A che punto sei con il lavoro?> domanda, cercando di cambiare discorso. Se inizialmente era d'accordo con la mia decisione adesso sono sicura che non è più così contento. E le sue motivazioni sono uguale alla mie ma purtroppo questo andava fatto.
<Spero di tornare il prima possibile ma prima devo fare un paio di controlli Emre>
<A casa manchi>
<Non elemosinare affetto Emre> dico ridacchiando ma quando la porta dello studio si apre le mie labbra si curvano nuovamente all'ingiù.
<Ho portato il tè> dice lui a bassa voce.
<Ti chiamo dopo, un bacio> dico velocemente a Emre prima di staccare la chiamata.
<Non dovevi scomodarti> dico, usando un tono di voce aspro. Non ho bisogno delle sue attenzioni.
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