Ferro in bocca

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Steso sull'erba secca, tra i sassi e la terra, insetti irritanti che gli ronzano intorno, il labbro che brucia. Elia è a braccia aperte, inerme, a guardare le nuvole passare mentre il vento fa seccare il sangue colato dal naso. "Sì, quella sembra un alieno." Di fianco lo zaino aperto, tutte le sue cose rovesciate al suolo. "Ma non uno classico, non uno grigio con gli occhi enormi. Più... una lucertola, ecco." Il telefono all'altezza del viso, scheggiato su un angolo e crepato al centro ma ancora intero. "Quindi è praticamente una lucertola, più che un alieno. Una lucertola di zucchero filato se vogliamo." Non muove un muscolo per il dolore. "Voglio dire, magari non sono come noi, magari sono di caramella e anche commestibili." Ruotando lentamente la testa guarda lo schermo illuminato, segue il testo di un messaggio, bisbiglia qualcosa di incomprensibile e sorride. "Anch'io sono commestibile alla fine, e anche Sam lo è." Tornando a guardare le nuvole tira un sospiro, muove prima le dita, poi le braccia, infine il busto cercando di alzarsi, facendo una faccia contorta per il dolore e strizzando gli occhi. "Potrei anche mangiarmelo, così, per vendicarmi, quando lo vedrò." Tornato in piedi raduna le sue cose, guarda lo strappo sullo zaino, controlla che ogni spilla sia ancora al suo posto, sfrega le mani sulla maglietta bianca per levare la terra. "Non so, rivederlo per ucciderlo non mi convince. E poi non lo odio così tanto. Il cannibalismo era solo un'idea partita dagli alieni di zucchero." Sistematosi si mette in cammino verso la fermata più vicina. Dal prato di un campo verso la strada, guardando in lontananza la sagoma del borgo di Punta Corvina. Una mano sulla guancia ad attutire il livido e due occhi carichi di lacrime pronti a esplodere.

Il bus trema, è in mezzo a un terremoto: i pezzi traballano, i sostegni di metallo dondolano, gli anziani prossimi a finire in orizzontale. Una vecchia sbraita all'autista mentre questo alza il volume della sua radio portatile: una di quelle a batteria, presa da un museo, quelle che usano solo gli ultra centenari o i nostalgici. Elia in questo momento è affetto da una grave patologia, normalmente definita piratite. Si tratta di una difficile condizione in cui il sole concentra tutta la sua energia su uno dei tuoi occhi e ti costringe a tenerlo coperto come se avessi una benda, e quindi come un pirata. "Non ho coniato io il termine, è stato Sam. Normalmente non l'avrei riciclato ma è stata praticamente una mia idea che lui ha solo enfatizzato." È in realtà un'idea di Sam e basta. "Ho una decisione da prendere che in realtà ho già fatto, ma ti renderò partecipe: praticamente, mi fermo giù alla collina per andare al festival con Sam, o proseguo per tornare a casa? Non farti troppe seghe mentali perché ho già scelto. Incontrarlo vorrebbe dire litigare e magari finire in prigione per tentato cannibalismo." Il mezzo frena bruscamente, la porta frontale si apre cigolando. Una signora sale da davanti con due borse piene di sole arance e nient'altro. Solo arance, tantissime arance, abbastanza arance da poter curare tutto lo scorbuto nel mondo. Al giorno d'oggi non dovrebbero più esserci pirati con carenza di vitamina c, ma se ci fossero, questa signora li salverebbe tutti. Ripartendo quasi vola in avanti rischiando di perdere il suo prezioso carico, che da solo la mantiene in equilibrio con tutto il suo peso. "Ho immaginato per un attimo una reazione a catena, tipo effetto farfalla, in cui le sue arance causano in incidente stradale obbligandomi a scendere e andare per forza al festival. Folle."


Anomalia corvinaTahanan ng mga kuwento. Tumuklas ngayon