Stampo della mano

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Impiegandoci il doppio del tempo, Elia ora è all'ingresso di Punta Corvina. Leo non se la sentiva di lasciare la discarica, ha detto di voler fare un funerale come si deve al frigo. In mezzo al borgo impazza la festa: decine di persone, corvini e anomalie si ammassano a bancarelle di robaccia d'antiquariato, dolci, fritti e dolci fritti. Un trio di musicisti ravviva l'atmosfera e la piazzetta si trasforma in una pista da ballo. Soprattutto per gli anziani. "Sommando gli anni degli abitanti qui superi la vita stessa dell'universo." In fila per prendersi da mangiare si scrolla lo zaino che ha lasciato i segni delle cinghie sulle spalle. Poi si tasta l'occhio e la guancia, ancora leggermente gonfi ma non più così doloranti. Davanti a lui un'anomalia di un corvino conta avidamente le sue monete, finisce di farlo per poi ripetere il numero e ricominciare ancora a contare. "Se non te lo ricordi puoi sempre scrivertelo." La signora si gira senza guardarlo in faccia, ancora impegnata a contare. Da dietro pensava si trattasse di un maschio. Una tipa paffuta, forse sulla settantina, vestita con una folta pelliccia e un'intera gioielleria su collo e mani, le piume completamente nera e gli occhi gialli luccicanti come gemme. "Erano dodici?" "Sì, l'hai detto un attimo fa." "Mia mamma mi ha detto di non parlare agli sconosciuti." Elia è piuttosto confuso, esita un attimo prima di rispondere. "Anche mia mamma dice sempre così. Non mi riesce molto bene. Starla a sentire intendo." La signora non lo ascolta, arriva il suo turno, prende il dolce che deve prendere e sparisce. "Tocca a te! Cosa prendi?" Una grossa anomalia con la testa triangolare lo attende dall'altra parte del banco. "Uuh, per me uno gnocco fritto al cioccolato, con zucchero a velo e, se potete, magari intinto nel caramello?" La creatura dall'altro lato del bancone si tira su due guanti di lattice sugli arti tentacolari senza aggiungere altro.

Con una tale carica di zucchero Elia si aspetta di rimanere sveglio fino alla settimana prossima. Addentando il suo dolce, la crema al cioccolato esplode da tutte le parti, imbrattando le mani già appicciate dal caramello mentre lo zucchero a velo gli finisce in gola soffocandolo. "Ma porca." Mentre tossisce gli viene passato un fazzoletto ricamato da un'ala cicciotta e rugosa. "Tieni." L'anomalia di prima, quella della fila, è seduta lì di fianco su un muretto. "Mia mamma dice sempre di masticare bene prima di buttare giù, altrimenti ti soffochi." "Sì sì, che altro ti dice tua madre?" "Non lo so. Stasera torna a casa tardi quindi sono uscita anch'io." Tentando di non strozzarsi, Elia continua il suo dolce, guardando prima la folla che si sposta verso la cima della collina in attesa dello spettacolo di fuochi d'artificio, poi la corvina stramba di fianco a lui. Pensa che non sia comune avere il corpo più o meno normale dalla vita in su e poi avere una parabola satellitare dalle chiappe in giù, ma non è un problema che lo riguarda. "Tu non vai a vedere i fuochi d'artificio?" "No, fanno troppa paura." "Ma scusa, fanno solo tanto rumore ma sono innocui. Circa. Finché non ti esplodono in mano, penso." "E poi mi aspetta mio marito a casa ora." "Ma quanti anni hai?" "Eh sono vecchia, ho ottant'anni." "Ah e tua madre?" "Mia madre è morta." Elia tira un altro morso al cioccolato e zucchero. "Ma scusa." Fa con la poltiglia dolce in bocca. "Eh." "Non hai detto che è uscita e che torna tardi?" "No no, è morta anni fa. Mi aspetta mio marito a casa." "E lui quanti anni ha?" "Più o meno la mia stessa età. Abbiamo fatto la stessa scuola insieme, ci siamo diplomati quest'estate." Mettendosi l'anima in pace continua la conversazione come se nulla fosse. "C'è un mio amico che mi sta aspettando su in cima alla collina, però non so se andarci o no." "Dovresti prenderti cura degli amici." "Sì, eh, ok. Ma abbiamo litigato qualche tempo fa e non so se lo voglio rivedere." "E lui vuole rivederti?" Bella domanda, pensa Elia. Lui vuole rivederlo? "Sì? Cioè per forza vuole rivedermi! Sono io a non volerlo vedere." "E perché avete litigato?" "Ma perché è un coglione! Vuole fare sempre di testa sua, e anche gli altri devono seguirlo altrimenti non va bene, e poi si offende, ti mette il muso finché non accetti di fare quello che vuole. Solo che così abbiano mandato all'aria il clan, e ora nessuno vuole farmi entrare nel suo." "Puoi entrare nel mio se vuoi." "Sì. Vedi la mia faccia? Ho provato a rientrare nel mio vecchio clan e sono stato picchiato! Pestato dal mio stesso clan!" "Io sto in un clan con lo stesso simbolo." L'anomalia indica lo stampo della mano sulla maglietta. "Impossibile, l'abbiamo fondato io e Samuel." "No, siamo state io e Adele." "Adele? La vecchia scomparsa?" "Non è né vecchia né scomparsa. Abbiamo fondato il clan proprio quest'estate, quando ci siamo diplomate." "Tu in questo momento quanti anni hai?" "Da quando si chiede l'età ad una signora?" "Giusto." "Io e Adele abbiamo sempre lasciato lo stampo delle nostre mani nei nostri posti sicuri." "Sì... come facevamo io e Sam." "Copioni." "Ma ti dico che l'abbiamo inventato noi! O almeno... l'ha inventato Sam." "Allora il tuo amico ha copiato noi." Elia ripensa al giorno della fondazione del clan, composto solamente da loro due, due amici completamente diversi, nulla in comune, in qualche modo legati. "Ora devo andare, mio marito mi aspetta a casa tutto solo." "Certo. Arrivederla stramba signora." "Signorina! Non sono mica sposata, sono libera come una rondine." "Assolutamente."

Anomalia corvinaWhere stories live. Discover now