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Rientrati dalle varie lezioni collettive, io ed i miei compagni troviamo tutta la casetta piena di addobbi natalizi.

Sorrido istintivamente nel vedere i miei compagni entusiasti: sono felice che qui fuori ci sia qualcuno che, alla mia età, riesca ancora a crede alla magia del Natale.

Maria ci fa riunire tutti sulle gradinate, dove ad uno ad uno ci chiama a leggere le lettere che abbiamo scritto nei giorni precedenti.

«Chi manca?» chiede Megan guardandosi intorno.

«Samu, Totta...e basta»

«No io non la leggo» ripete Samu, è da quando siamo tornati in casetta che ha questa espressione triste: appena ci liberiamo da questa situazione gli parlerò.

Dopo aver esitato un pochino mi posiziono vicino all'albero ed inizio a leggere la lettera.

«"Caro Babbo Natale, è da tanto che non ci sentiamo, ti informo che la mia richiesta non è cambiata.
Vorrei poter vedere per un ultima volta papà a casa, saper che dorme nel letto abbracciato a mamma, vorrei poterlo vedere sorseggiare il suo quotidiano caffè nella vecchia tazza che ormai è persa chissà dove, proprio come lui.
Vorrei che i miei occhi si riempiano di gioia ogni volta che parlo di lui, ma l'unica cosa di cui si riempiono sono lacrime.
E sai quanto vorrei non sentire un vuoto dentro ogni volta che vedo una bambina divertirsi con il proprio papà o sentir parlare delle mie amiche di sciocche abitudini condizionate dalla presenza del loro padre e non poter avere la soddisfazione di dire "si, anche a me succede" "si anche mio padre lo fa" perché alla fine io cosa fai lui non lo so, perché non mi ha mai permesso di saperlo.
E non mia ha permesso di dire e fare tante cose...
Mi sa che mi sto divulgando troppo, però tu lo sai che io sono una di tante parole, solo quando scrive eh, te le ricordi le liste di giocattoli che ti scrivevo con quella mia penna rosa glitterata che mi regalò nonno, tutti i dettagli che ti raccontavo...?
Quanto mi manchi, quanto mi manca essere bambina.
Vorrei poter sentirmi felice ancora un'ultima volta"» concludo in una valle di lacrime.

Alzo gli occhi e, vedendo gli occhi lucidi dei miei compagni non posso non sentirmi in colpa.

Mi stringono in un abbraccio prima di posare tutto e tornare nelle loro stanze.

Seguo Samu fuori l'ingresso della casetta.

Ci sediamo sulla panchina bianca avvolti da una coperta rossa piena di cuoricini bianchi.

«Mi dici cosa c'è che ti turba?» gli chiedo.

«È il periodo dove nell'immaginario c'è la famiglia unita e...è brutto» inizia a dire.

«Il fatto è che mi sento un po' il punto di unione, parte che unisce tutto, tra la mia famiglia e adesso che sono qui e quando, a causa del lavoro che voglio fare, sarò ancora più lontano...» continua

«Pensi possa provocare dolore sia a te che a loro?» chiedo interrompendolo.

«Esatto» annuisce.

«Vieni qua» dico abbracciandolo da sotto la coperta.

Gli lascio qualche bacino qua e là prima di sussurrargli "non darti mai la colpa di niente".

Restiamo lì abbracciati finché non si fa troppo tardi per restare svegli e, costretti, ritorniamo dentro a dormire.

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Ci ho messo un po' della vera me nella lettera di Carlotta ed è ciò che per me rende questo capitolo davvero speciale, anche se corto.
Ho anche le lacrime agli occhi aahah.
Vi abbraccio fortissimo!
xoxo<3

𝐌𝐈 𝐂𝐎𝐌𝐏𝐋𝐄𝐓𝐈||𝙎𝙖𝙢𝙪Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora