3.

31 3 0
                                    

-Quindi lavori qui?-

-No, in realtà non lavoro in ospedale. Sono solo costretto a passare ogni tanto-

Bokuto sembrava aver perso le parole.

Sembrava che avesse tanto da dire, che lo volesse davvero fare, ma era come se le parole gli morissero in gola un momento prima di uscire, o che per lui perdessero completamente il loro valore, tanto da non essere nemmeno ritenute più abbastanza importanti per essere pronunciate.

Questa era l'impressione che dava Kotaro.

Eppure quando si erano incontrati, a Keiji era sembrato una persona completamente diversa. Era possibile cambiare in modo così radicale il proprio comportamento in così poco tempo?

No, non lo era.

A meno che non avesse solo mentito, messo su il sorriso più falso per nascondere tutto il resto, perché ora non stava decisamente fingendo.

Quale dei due era quello sincero? O forse lo erano entrambi?

Forse una parte era terrorizzata dall'altra, tanto da volerla tenere a bada in un angolo.

Capita. Alle persone a volte capita di voler nascondere qualcosa che forse spaventa persino loro.

Così cercano di farlo con ogni mezzo disponibile.

Zitta e buona dove sei, non muoverti, non rovinare tutto, non di nuovo, per favore.

Alla fine però torna per reclamare il suo posto, e quello non si può nascondere, ne tanto meno fermare.

-Non hai ancora risposto alla mia domanda-

Bokuto accennò un sorriso, uno di quelli carichi di tristezza che vengono tirati fuori nei momenti in cui ci si rende conto che piangere non risolverà le cose, ma non si può fare nulla per cambiare la situazione.
Si è impotenti, completamente.

-Il motivo per cui sono qui. Questo mi ha tolto il sonno-

-Perché sei qui, Bokuto, se posso chiedere?-

-Per badare a mia sorella-

Fece un piccolo cenno con la testa dritto davanti a sé, per indicare una vetrata a cui Keiji non aveva nemmeno prestato particolare attenzione.

Quando alzò lo sguardo si pietrificò, e solo dopo qualche secondo si rese conto di aver addirittura trattenuto il respiro.

Una bambina, che doveva avere non più di dieci anni.

-Un'incidente-

Akaashi lo sentì alzarsi.

-Dovevano solo andare dall'altra parte della città. Sono stato l'unico in tutta la famiglia a non partire perché dovevo lavorare-

Non lo interruppe, non disse una singola parola.

-L'uomo alla guida dell'altra macchina aveva bevuto e non stava nemmeno rispettando i limiti. Non ha fatto in tempo a frenare. E' morto sul colpo come i miei genitori. Mia sorella è riuscita ad arrivare in ospedale, ma è stato inutile. Sono corso immediatamente qui, ma poco dopo mi hanno detto che non potevano fare più nulla.
È in stato vegetativo-

Bokuto tornò a sedersi, con la testa appoggiata al muro.

-Perché loro Akaashi? Perché non io? Ho per caso fatto qualcosa di male? Perché ora devo scegliere quando staccare quella maledetta spina alla mia sorellina e se donare o no i suoi organi?
Più rimango seduto qui, più mi sembra che tutti mi guardino come se si sentissero in dovere di essere dispiaciuti per me, non perché gli interessi davvero, più un obbligo morale. So che non è vero, so perfettamente che non è cosi, che sono soltanto paranoie, ma non riesco a smettere di pensarci, tanto che inizia a girarmi la testa-

golden hour | bokuakaWhere stories live. Discover now