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Prima dell'adozione, Keiji non aveva ricordi particolarmente felici. L'orfanotrofio, però, lo ricordava alla perfezione.

Nessuno lo aveva mai trattato particolarmente male. Gli altri bambini non lo infastidivano e le educatrici non erano malvagie, prepotenti o violente -come vengono quasi sempre descritte nei libri o nei film-, erano semplicemente severe.

Non avevano preferenze per nessuno, e trattavano tutti nello stesso modo.
Le regole valevano per tutti, senza eccezioni, e andavano sempre rispettate.

Scritte su un foglio attaccato al corridoio, c'erano le regole morali.

Sii gentile con tutti, senza discriminazioni.

Se qualcuno ti chiede una mano, non ti costa nulla aiutare, un giorno potresti essere al suo posto.

La violenza non è la soluzione, tutto si può risolvere senza usare la forza. 

Se capisci di aver sbagliato, chiedi scusa.

Alzare la voce contro qualcuno durante un litigio, non ti renderà in alcun modo più potente.

Pensa prima di parlare, se quello che vuoi dire non è utile in alcun modo o causerebbe soltanto sofferenza, evita di farlo.

Non intrometterti negli affari personali di altri, se il tuo intervento non è richiesto.

Porta rispetto nei confronti di tutti.
Tutto quello che fai, ritornerà sempre indietro, nel bene e nel male.

Il foglio di quelle "comuni" -così era scritto- era attaccato dalla parte opposta dello stesso corridoio.

Rispetta il tuo turno in fila.

Non mangiare fuori dalla mensa.

Non occupare il bagno per troppo tempo, se non è necessario.

Restituisci sempre quello che ti prestano, nelle stesse condizioni in cui lo hai ricevuto.

Le luci si spengono alle 21:30 e tutti devono essere nel proprio letto.

Qualche ragazzino provava sempre a non rispettare le regole, ma le punizioni erano sempre pensate in modo da essere direttamente proporzionali a ciò che avevi combinato. Una volta finita la punizione infatti, non provavano più a sfidare le educatrici.

Keiji non infrangeva mai le regole, e stava sempre per i fatti suoi, cercando di stare in disparte e parlare solo se costretto.

L'orfanotrofio era un edificio vecchio a sei piani, di cui l'ultimo era dedicato solamente all'ufficio della direttrice e alle camere delle educatrici.

La stanza di Keiji era l'ultima del quinto piano, che condivideva con altri tre bambini più piccoli.

I suoi compagni erano terrorizzati da quella camera, e per Keiji ottenere il letto vicino alla grande finestra in fondo che dava proprio sull'ingresso, non fu complicato, dato che, a detta loro era "meglio la morte, piuttosto che dormire vicino a quella finestra".

A Keiji però non piaceva stare lì, nonostante non avesse particolari problemi.
Voleva una vera famiglia, una vera casa, una vita normale. Esattamente come quei bambini che passavano davanti ai cancelli mentre stringevano la mano dei genitori sorridendo.

Ogni volta che qualche coppia entrava e chiedeva di parlare con la direttrice, alla fine finivano sempre per scegliere i bambini più piccoli o quelli che si notavano subito, ma quelli come lui, che passavano inosservati, sempre nascosti nell'ombra, non venivano nemmeno degnati di uno sguardo. Così perse ogni speranza.

Eppure, ogni volta che andavano via insieme ad un altro bambino, Keiji piangeva. Tanto nessuno lo avrebbe visto, nessuno lo avrebbe sentito e a nessuno sarebbe importato.

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⏰ Last updated: Sep 02, 2023 ⏰

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golden hour | bokuakaWhere stories live. Discover now