Prologo

186 8 2
                                    

Le tapparelle bianche di bamboo, appese alla grande porta finestra della camera, erano socchiuse e lasciavano passare quei pochi raggi di sole che riuscivano a scaldare l'ambiente. Quella era sicuramente l'estate più torrida che avesse investito Tokyo negli ultimi trent'anni. Maya Mirakami era rannicchiata sotto il lenzuolo celeste del letto, ancora cullata da un sonno profondo. Il viso ambrato sprofondava nel morbido cuscino ed appariva rilassato, quasi come se fosse indifferente alla leggera luce del giorno che batteva sulle pareti candide e, sopratutto, ai continui messaggi che le arrivavano al cellulare. Come sempre, si era dimenticata di mettere la sveglia prima di andare a dormire e sarebbe arrivata in ritardo ancora una volta. Nonostante fosse una caratteristica attribuita a tutti i giapponesi, la puntualità non faceva per lei.

«Ma... che ore sono?» aveva la voce ancora impastata alla saliva, quando l'ennesimo ding del cellulare aveva riecheggiato per tutta la camera. Maya si rigirò freneticamente nel materasso per cercare con lo sguardo il display della sveglia elettronica. La scritta rossa a caratteri cubitali segnava le 09:37 am. «Merda!» urlò saltando fuori dalla soffice coperta ed afferrando il cellulare poggiato sul comodino. Era tempestato di messaggi da parte delle sue amiche dell'università: dovevano vedersi alle nove e mezzo per prendere un caffè e decidere i corsi da seguire a settembre. «Chihiro, Seiko e Asami mi uccideranno!» esclamò Maya, infilandosi una maglietta rossa ed un paio di jeans presi della sedia della scrivania. Zompettando da sinistra a destra, nella speranza di sbrigarsi, agguantò dei calzini neri dall'ultimo cassetto dell'armadio, quando il cellulare iniziò squillare. «Chihiro... cazzo!» Maya prese coraggio, schiacciando tremolante il tasto verde sullo schermo. «Pronto?» aveva il cuore che le batteva all'impazzata, sapeva perfettamente che di lì a poco si sarebbe beccata una sfuriata da parte della sua amica. «Maya si può sapere dove sei? Siamo tutte qui che ti aspettiamo. Non dirmi che ti sei scordata di mettere la sveglia?» la ragazza aveva chiuso gli occhi pronta ad incassare le grida di Chihiro, rimanendo al quanto sorpresa dalla "calma" con cui le aveva risposto, il tutto accompagnato da una leggera risatina. «Mi dispiace! Prometto che offro la colazione a tutte» si scusò la ragazza, finendo di preparare la borsa. «Muoviti, scema!».

Maya corse fuori dalla camera, lasciandola in condizioni a dir poco pessime: il letto, l'armadio e la scrivania erano devastati dalla sua fretta. Sapeva perfettamente che sua madre si sarebbe arrabbiata, ma poco le importava. Era sempre stata una persona disordinata, e il fatto che qualcuno glielo ricordasse non era più un problema così grande.

A passi svelti entrò rapidamente in cucina per salutare i suoi genitori, che era certa si trovassero ancora a fare colazione. I due si svegliavano presto per passare il sabato mattina a parlare: infatti, a causa dei rispettivi impegni lavorativi, trascorrevano pochissimi momenti assieme e, dunque, recuperavano il tempo perduto durante il fine settimana. Yamato Mirakami era seduto al tavolo, intento a mangiare il suo amato riso bianco mentre leggeva attentamente le ultime pagine del giornale, posto accanto alla ciotola grigia. Probabilmente si stava informando sulle quote della borsa di Tokyo. Corina Rivera, invece, stava di fronte ai fornelli per finire di preparare l'ultima tostadas. Amava cucinare per tutta la famiglia, e non le pesava dover fare più di una pietanza per accontentare tutti. Nonostante stesse in Giappone da quando Maya aveva poco più di due anni, non si era mai abituata davvero al cibo e preferiva di gran lunga quello argentino. «Bueno días mi niña» la salutò amorevolmente, stando bene attenta a non far bruciare la tostadas. «Buenos días mamá, bebo un poco de agua y corro» rispose Maya, schioccandole un dolce bacio sulla guancia. «Che cosa avevo detto riguardo allo spagnolo?» le rimproverò Yamato, alzando gli occhi scuri dal giornale. Non aveva mai imparato bene quella lingua e detestava non comprendere quanto si dicessero sua moglie e sua figlia. «Buongiorno anche a te, papà. Ho solo detto che bevo un po' d'acqua e scappo» rispose divertita la ragazza, posando le labbra anche sulla guancia del padre. Corina osservava divertita la scenetta, mentre riempiva un bicchiere d'acqua fresca per la figlia. «Muchas gracias, mamà» Maya bevve il suo contenuto tutto d'un sorso, per poi affrettarsi a mettere le scarpe. «Nos vemos esta noche, adiós!» li salutò entrambi dallo stipite, aspettandosi un'altra rimproverata da parte di Yamato. «Lo spagnolo?!» Maya ridacchiò ancora una volta, chiudendosi il portone alle spalle.

"Sono arrivata alla stazione, riesco a prendere il treno delle 10:05. Scusate ancora... sono un disastro <3"

In poco tempo era arrivata alla stazione di Shibuya, come sempre, gremita di ragazzi: era il quartiere più giovanile di tutta Tokyo. Maya non era un'amante della confusione, ma non le dispiaceva stare a pochi passi dal luogo più frequentato della città: Si possono sempre fare nuove conoscenze - pensava. Era una ragazza gentile e solare, sempre pronta a fare amicizia con chiunque. Alzò gli occhi dal telefono richiamata da alcuni schiamazzi e clacson, provenienti dalla strada. «Oh! Fammi scendere! Fammi scendere, presto!» aveva urlato uno dei tre ragazzi che avevano causato il frastuono. «Andiamocene!» Maya istintivamente rise sotto i baffi, continuando a guardarsi intorno. Notò un ragazzo di profilo, poco distante da lei, intento ad osservare i tre amici farsi largo tra la folla. Aveva un'espressione attenta, quasi come se stesse studiando qualcosa nei minimi particolari. I loro occhi si incrociarono per un istante, spostandosi poi in tutt'altra direzione. «Da quando i fuochi d'artificio si fanno la mattina?» sussurrò confusa Maya.

Ace of Hearts - ChishiyaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora