Respira

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Una volta rientrata mi infilai sotto la doccia prima ancora che potessi incrociarlo. Non volevo fargli vedere che avevo avuto, ancora una volta, lo stesso incubo. Era probabile che non mi avrebbe chiesto niente, oramai mi conosceva bene, ma preferivo evitare.

Lo sentivo armeggiare in cucina per farmi trovare il caffè pronto, lo faceva sempre. Era il suo modo di dirmi "Ehi sono qui".

Rimaneva sempre più spesso a dormire a casa mia, non ricordo con esattezza quando era iniziata questa... abitudine. Non si poteva dire di noi che fossimo una coppia, non una coppia convenzionale perlomeno, ma nemmeno che non lo eravamo.

Semplicemente lui c'era. C'era esattamente quando doveva esserci. Se non fosse stato per lui, con ogni probabilità non ci sarei stata nemmeno io e viceversa.

Uscii dal bagno con indosso l'accappatoio e sentii il profumo irresistibile del caffè.
Mi avvicinai a lui in cucina; mi dava le spalle e lo abbracciai poggiandogli le mani sul petto e la testa sulla schiena nuda. Aveva un buon profumo anche appena sveglio e riusciva a essere dannatamente sexy con quei capelli neri sciolti sulle spalle nude ricoperte di tatuaggi. Li conoscevo a memoria, uno per uno.

«Grazie di averlo preparato, Phil.»

Oh sì, i capelli li portava ancora così, come all'epoca. Mi piaceva prenderlo in giro a tal proposito; gli avevo giurato diverse volte che, prima o poi, glieli avrei tagliati nel sonno, così avrebbe perso il suo fascino con le donne. In realtà non lo avrei mai fatto, era bello così. E lui lo sapeva, il maledetto, di essere sexy.

Si girò, mi diede un bacio stringendomi a sé, mi lasciò la tazza bollente tra le mani e senza dire una parola tornò a letto. Dubitai che non si fosse accorto di niente, ma se c'era una cosa che amavo di lui era proprio il fare poche domande o, più spesso, nessuna. Capiva al volo, sempre.

In una giornata normale, l'accappatoio sarebbe volato a terra e noi saremmo finiti a letto ancora una volta. Era un amante fantastico, lo ammetto. Ma appunto, oggi non era una di quelle giornate.

Mi sedetti col caffè in mano davanti alla finestra e guardai l'ora. Avevo ancora un po' di tempo prima di dover essere nel mio ufficio. Lo schermo del cellulare si accese e pensai che ormai, a quell'ora, avrei anche potuto riattivare la suoneria.

Lo schermo indicava: Nuovo messaggio. Numero sconosciuto. Alzai gli occhi al cielo, in una muta richiesta di soccorso a qualche divinità.
Oh Signore, fa che non sia papà che ha perso, di nuovo, il telefono e ha un nuovo numero.

Credo di averne salvati almeno una decina in rubrica, in pratica uno per ogni anno. Succede che perde un telefono, ne acquista uno nuovo con un nuovo numero e poi lo ritrova nei posti più impensati.

Apro il messaggio, già pronta a leggere il solito melodramma e invece no. Invece mi sento male, mi manca il fiato e lancio il telefono sul tavolo rovesciandomi il caffè sull'accappatoio e nello stesso momento tiro una mezza bestemmia a denti stretti.

«Tutto a posto?» si sente provenire dalla camera accanto.

Ho fatto così tanto casino che, stavolta, non ha resistito.
«Sì tutto a posto, ho solo rovesciato il caffè, scusa.»

Invece gli ho mentito; no, non è tutto a posto, non è a posto niente e mi sento il fiato corto. Non può essere vero. Sono a letto e questo è un'altro incubo da cui mi sveglierò presto. Afferro un panno da sopra il lavandino della cucina e pulisco il casino che ho fatto.

Vado in bagno, butto l'accappatoio in lavatrice e mi vesto con la roba che avevo lasciato pronta dalla sera prima per poter risparmiare tempo.

La mia divisa. Non riesco ad allacciare la camicia perché mi tremano le mani. Respira Hailey, dannazione. Devo andare al lavoro, adesso devo pensare solo a questo. Una cosa alla volta, un passo alla volta.

Quel messaggio è solo uno scherzo, di sicuro, anche se non è divertente.

Non riesco a truccarmi, merda, non con le mani che mi tremano in questo modo.

Decido di darmi solo un po' di fondotinta e correttore. Non mi è mai andato giù farmi vedere impresentabile al lavoro e farmi guardare con aria di compassione. Pettino i capelli e li lego stretti sulla nuca, per apparire molto professionale, così, almeno adesso, non sembro appena scappata da un serial killer. O da un uomo con la maschera.

Mi esce un sorriso che è più simile a un ghigno. Non è il momento di fare battute fuori luogo, Hailey.

Inspiro ancora una volta e trattengo il fiato contando fino a dieci, poi espiro a fondo buttando fuori tutta l'aria ed esco dal bagno recuperando il telefono. Non ho mai cambiato numero da allora. Se mai mi avesse cercata, mi avrebbe trovato ancora lì, ad aspettarlo dietro lo schermo.

Negli anni ho ricevuto diversi scherzi se vogliamo chiamarli così. Ragazzate. D'altronde il mio numero lo aveva tutta Duskwood, forse tutto il mondo ora che ci penso, grazie a quel famoso video. In una giornata normale non avrei reagito così.

Il telefono sta ancora lì dove è atterrato. Lo infilo in tasca senza accenderlo, sbuffo ed esco di casa. Sarà una lunga giornata questa, me lo sento.

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