29. Svestito

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E fu così che lo vidi.

Una macchia scura, inchiostro nelle tenebre; si lanciò in mezzo della strada davanti ai miei occhi.

Uno stridere di freni sull'asfalto, la botta del suo corpo contro il cruscotto dell'auto. Sussultai, le chiavi di casa mi scivolarono via dalle dita.

Nicholas rotolò a terra riversandosi accanto al marciapiede, le tenebre della notte infrante dai fari dell'auto che disegnavano il suo corpo.

Il conducente spalancò la portiera e corse a vedere cosa fosse successo. «Ehi, tu! Stai bene!? Ma che ti salta in mente!»

Ma la figura raggiunse il marciapiede, si piegò sulle gambe, sbatté a terra con le ginocchia e, sotto le luci tremule dal lampione, aprì le braccia.

Una sagoma piccola e miagolante si liberò dalla sua stretta in un tripudio di proteste. Schizzò via sotto i nostri sguardi confusi, senza nemmeno degnare di un ultimo sguardo il suo salvatore.

Rimasi immobile, confusa.

Nicholas sollevò lo sguardo e si alzò in piedi. Portò una mano a coprirsi il viso, oscillò adagiandosi con la spalla al muro di casa mia.

Mi sporsi in avanti in tempo per prenderlo al volo e precipitare con lui a terra; vestiti sfregarono contro il muro. Me lo ritrovai tra le braccia, così grande lui e così piccola io; una poltiglia di neve che ricopriva a malapena le superfici.

Il conducente dell'auto ci raggiunse, mi sollevò in piedi, aiutandomi a sostenerlo.

Non mi resi conto di ciò che successe, ero troppo frastornata, troppo in balia del mio cuore impazzito e dell'altra faccia della luna che si stava rivelando.

Mi ritrovai dinanzi al divano a guardare Nicholas adagiato tra i cuscini avana, con il conducente dell'auto che mi salutava chiudendosi il portone di casa mia alle spalle.

Rimasi a lungo a guardarlo, la luce tremula accesa nell'angolo. Rivestito solo del ragazzo che era, senza graffi al posto della bocca, senza minacce negli occhi. Solo un giovane adulto che era appena stato investito da un'auto per salvare un gatto.

Mi riscossi dal mio torpore e mi resi conto che dovevo capire se stava bene: il petto si abbassava e alzava a ritmi regolari. Doveva essere svenuto. Avrei dovuto portarlo all'ospedale?

Continuai a lanciargli occhiate nervose, le mani mi tremavano. Cercai di capire se si fosse fatto male: aveva una piccola escoriazione sopra il sopracciglio, alla tempia. Lo medicai con gesti rotti dall'agitazione, applicandogli una piccola garza. Mi azzardai a far scivolare lo sguardo sul suo profilo: così inerme, così svestito dei suoi ringhi e delle sue minacce.

I miei polpastrelli tremolarono sulla benda; li feci scorrere giù delicatamente, gli accarezzai il profilo a fior di pelle.

Non mi ero mai accorta della bellezza tagliente che aveva: era di un fascino struggente. Non era una piacevolezza oggettiva, né statuaria e inconfutabile come quella di Trevor.

No, era qualcosa di più ascoso, più ammaliante, nascosto nella forma delle labbra, nella curva sottile del naso, nelle ciglia scure e folte.

Non era la magnificenza comune dell'arcobaleno che tinge il cielo, bello nella sua maestosità, innegabile nella sua particolarità.

No, la sua era sussurrata: un tramonto che brucia il giorno e tinge l'oceano di sangue. Crudele e devastante. Impossibile da dimenticare. Una bellezza che feriva.

Un tripudio di schegge mi stava trapassando il cuore. Nicholas Moon aveva rischiato la vita per salvare un gatto. Assimilai tutte quelle parole sussurrate dal suo gesto, quei frammenti di luna mostrati con un'inclemenza brutale.

Black Moon ~ Figli della LunaWhere stories live. Discover now