42. Fili in tirare

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I'm hoping you'll understand

Billie Marten - In for The Kill


Era martedì mattina e l'aria natalizia di metà dicembre infestava le strade di Haywards Heath, tingendo le vetrine. La neve era leggera e soffice, il freddo pungente.

Nuotai, prima delle lezioni, come ormai ero consueta fare. Acqua e lacrime, ma non stavo più scappando a quella sofferenza, bensì la stavo riconoscendo e lasciando fluire. Ero tutto il dolore che provavo e non c'era niente di male in questo. Dalla sera precedente con Trevor avevo il cuore leggero.

Alice mi sorprese all'uscita del plesso sportivo, una tazza da asporto fumante stretta in una mano e un sacchettino con la nostra colazione nell'altra. La ringraziai con un cenno del capo afferrando la bibita.

«Che hai fatto?» Mi sfiorò lo zigomo, delicata. «Non lo avevi quando ci siamo viste la sera del cinema.»

Sussultai per il contatto. Ritrasse la mano sorridendo, imbarazzata.

«No, sono scivolata» confessai. Una mezza verità.

Alice attese, lo vedevo dalle labbra premute a forza che si stava trattenendo; la pressione creò delle rughette scolorite. Avrebbe voluto chiedere, ma non mi avrebbe pressata. Era troppo brava, come avevo potuto guadagnarmi la sua amicizia?

Avevo un graffio rossastro, lo sapevo: l'avevo visto. Dovevo essermi fatta male quando mi avevano aggredita sulla soglia di casa. Nicholas non si era fatto più vedere da allora e questo... questo mi dilaniava.

Era qualcosa di fisico e continuo da cui non riuscivo a guarire. Il crampo di un muscolo che non riuscivo a distendere.

Sapevo che non avrei dovuto, che non potevamo permettercelo, come mi aveva ribadito più volte. Perché il non detto sui Moon era una ghigliottina pronta a caderci addosso. Non importava che mi ricordassi che ogni abitante di quella città chinava il capo in loro presenza.

E non erano loro l'unico pericolo. Ormai le coincidenze erano svaporate come rugiada al mattino. Vi era uno schema, era tutto collegato. E Nicholas era compreso.

Strusciai gli anfibi sui gradoni in granito che ci condussero all'interno dell'aula. Gli esami ormai si avvicinavano, lo stress era palpabile nella classe, ma non in me. Non riuscivo a provarlo, non per il loro stesso motivo almeno.

L'assenza di Nicholas, le bugie di mio padre, le minacce dei miei aggressori; fili si tiravano, il nodo si stava creando: stava per succedere qualcosa.

Il segnale acustico del cellulare mi avvertì di un nuovo messaggio in entrata.

Alice osservò lo schermo, sporta sopra la mia spalla, strette l'un l'altra sui bordi delle sedie. Ci lanciammo un lungo sguardo.

Ne avevamo parlato a lungo, dei messaggi che avevo ricevuto al cinema, il sabato passato. Emily aveva sostenuto che dovessi ignorarli. Alice aveva concordato. Ma nella nefandezza della situazione, ci eravamo dovute ricredere. Non avevo indizi su chi mi stava aggredendo né la motivazione.

Quei messaggi erano ciò che di più tangibile mi avvicinava a una risposta.

Ero stufa di essere la vittima.

Riportai l'attenzione sul testo del messaggio: era un indirizzo.

Lo cercammo sul navigatore. Le indicazioni corrispondevano a un popolare pub a mezz'ora di macchina da noi, verso sud, nella cittadina marittima di Brighton.

«Alice-»

«No, Sam. So cosa stai per dire e non ci pensare nemmeno. Lo so, vuoi capire che cosa vogliono da te. Non te lo posso impedire.» Si sporse verso di me, i limpidi occhi color cielo ingranditi dalla preoccupazione. «Ma non ti lascerò affrontare tutto questo da sola.»

Black Moon ~ Figli della LunaWhere stories live. Discover now