Uno

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È una bellissima giornata di sole come quasi ogni giorno lì, in Messico. Cora è seduta in veranda mentre Derek si trova in cucina a preparare la colazione. È inquieto, teso, una strana sensazione gli pesa sul petto. Lo squillo del telefono lo fa sobbalzare rischiando di farlo scottare con la padella. Guarda lo schermo del cellulare: numero privato. Generalmente non risponderebbe ma non quella mattina, non con quella sensazione che si sente addosso. “Pronto?”

“Signor Hale-Stilinski?”

“Ora solo Hale” risponde piccato.

“Oh, mi scusi. Chiamo dall’ufficio dell’FBI di New York. Il suo numero compare ancora come contatto d’emergenza in quanto consorte dell’agente Stilinski ma se è cambiato qualcosa dovrebbe darmi il numero di qualcun altro da avvisare.”

Derek esita un momento. “No, può dire a me.”

“L’agente Stilinski è rimasto gravemente ferito. Attualmente si trova in condizioni critiche in uno dei nostri ospedali e c’è bisogno di qualcuno che prende decisioni in caso…”

Derek non gli permette di terminare la frase. “Mi dica dove devo andare.”

Segna velocemente l’indirizzo sul cartone delle uova. Forse dovrebbe chiamare Noah, lasciare che sia lui ad occuparsi della faccenda. Dopotutto lui e Stiles si sono separati quattro anni prima, non dovrebbe più essere un suo problema. Eppure si trova in aeroporto con una valigia fatta in fretta e furia e lo stomaco sottosopra.

Atterra a New York sotto un cielo plumbeo e carico di pioggia. Sale sul primo taxi libero e gli lascia l’indirizzo dell’ospedale. Entra quasi di corsa senza sapere cosa aspettarsi. Ferma un’infermiera spiegandole chi sta cercando. “È in sala opertoria. Ha un’emorragia interna che non riescono a fermare. Ha perso molto sangue. Ma la cosa preoccupante è il proiettile che lo ha colpito in testa. Non sappiamo che danni potrebbe aver causato se dovesse sopravvivere.”

“Dove posso aspettare?”

“Venga, l’accompagno in sala d’attesa.”

Derek riesce a stare seduto solo per qualche minuto prima di cominciare a camminare nervosamente. Gli viene da vomitare ma sa che deve fare ancora una cosa. Probabilmente la peggiore. Voleva aspettare di sapere qualcosa di più preciso ma la situazione non è per nulla buona. Prende il telefono e fa partire la chiamata. “Derek da quanto tempo.”

La voce squillante di Scott gli arriva come un pugno. “Scott…”

“Cosa gli è successo?”

Derek gli racconta quel poco che sa. “Hanno già avvisato Noah?”

“No. Volevo farlo io ma…”

“… è meglio che lo faccia io di persona.”

“Grazie.”

“Saremo lì presto.”

E Derek spera che quel presto non sia già troppo tardi.

Il medico esce un’ora più tardi per aggiornarlo: l’intervento è riuscito ma Stiles è in coma e ora devono solo sperare in un suo risveglio. Scott e Noah arrivano in ospedale il giorno seguente e, a turno, si assicurano di non lasciarlo mai solo nonostante il suo stato di incoscienza. Derek passa con lui la notte addormentandosi sulla sedia. Il profumo del caffè lo ridesta. Si sorprende di trovare Noah che gli porge una tazza fumante. “Grazie” dice prendendola.

“Non eri tenuto a venire fin qui.”

“Lo so. In realtà nemmeno so perché l’ho fatto.”

L’uomo sorride. “Non sono mai riuscito a capire cosa ci trovasse Stiles in te. Sei così diverso da lui. Eppure ora credo di cominciare a vedere parte di quello che vedeva lui. Lo ami ancora.”

Non è una domanda e Derek non sente il bisogno di rispondere. Noah ha ragione ma non sa come potergli spiegare cosa vuol dire trovare un compagno e poi perderlo, spiegargli che quella crepa, quel vuoto che porta dentro non diminuisce con il passare del tempo ma diventa una voragine che inghiotte tutto. E che ha dovuto imparare a vivere come se fosse nel deserti circondato dal nulla. “Torno stasera” dice appena uscendo dalla camera.

I giorni si susseguono lenti e sempre uguali: Derek passa le notti in ospedale e il resto del giorno nel suo vecchio appartamento, quello dove ha vissuto prima di sposarsi con Stiles. Ha lasciato i mobili coperti dalle lenzuola liberando solo il letto su cui passa la maggior parte del tempo. Cora lo chiama ogni mattina per assicurarsi che stia bene mentre Peter ha insistito per vederlo. “Ti trovo proprio male.”

“Grazie, Peter.”

“Sei sicuro ti faccia bene stare qui?”

“Dove altro potrei stare?”

Il tono gli è uscito decisamente più sofferente di quanto avrebbe voluto. Lo sguardo di Peter si addolcisce. “Perché non hai provato a spezzare il legame? Non dire perché lo ami, sappiamo entrambi che non è solo questo.”

Derek sospira. “Ho sempre creduto che prima o poi sarebbe tornato da me” ammette.

Peter gli stringe una spalla senza più parlare.

È mercoledì o forse giovedì, Derek ha un po’ perso il conto dei giorni, il sole sta per tramontare quando il telefono di Derek comincia a suonare. Scott. Risponde immediatamente. “Si è svegliato.”

Derek non ha bisogno di sapere altro. Chiude la chiamata e si precipita in ospedale. Trova Scott fuori ad aspettarlo anche se non ha il sorriso che si sarebbe aspettato di vedergli. “C’è qualcosa che non va?”

Scott si gratta il retro del collo. “Non so bene come dirtelo.”

“Dirmi cosa?”

“Ti ricordi quando ci hanno detto che la ferita alla testa avrebbe potuto avere delle conseguenze?”

Nella mente di Derek si fanno spazio i peggiori scenari. Sta sudando. “Sì.”

“Bene. Ecco… ha perso parte della memoria. Ha chiesto di te. È convinto siate ancora sposati.”

Ma, forse, quello era ancora peggio di tutto quello che aveva immaginato.

RitorniWhere stories live. Discover now