Capitolo 7

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Quella sera i tre decisero che la pulizia della cucina sarebbe slittata alla mattina seguente e ancora con gli occhi gonfi, Taylor era riuscita da poco ad addormentarsi.
I fratelli Gavrila si chiusero nella loro stanza e nonostante la tarda ora, non erano intenzionati a voler andare a dormire.

-Ti è andata di volta il cervello? Sai quello che hai rischiato?-

Xavier guardava fuori dalla finestra, il buio della notte veniva decorato dai disegni di fumo della sua sigaretta.

-Io capisco quello che hai provato e fidati, l'ho sentito anche io- Ryder si posò una mano sul petto -Ma non possiamo permetterci distrazioni-

-Non l'ho fatto apposta-
Si giustificò il moro.

-Lo so! Lo so... Però -

-Però dobbiamo stare attenti... Cercherò di non perdere più il controllo a causa delle emozioni-
Buttò fuori del fumo, Xavier.

Il biondo sospirò passandosi la mano tra i capelli e sedendosi ai piedi del loro letto matrimoniale.

-Mi dispiace non esser riuscito ad evitare tutto quanto, speravo in qualche modo di poter mandare avanti la cena senza alcun problema e invece non sono riuscito a fare un bel niente se non stare in silenzio...-

-Hai fatto di gran lunga meglio tu a mantenere la calma che io a perderla-
Xavier buttò fuori l'ultimo accumulo di fumo dalla sua bocca mentre spense la cicca all'interno del suo posacenere, l'oggetto di vetro era posto sul davanzale della finestra.

-Meno male che Taylor non si è accorta di nulla- si stiracchiò il biondo -era talmente agitata...-

-Quante volte pensi che Robert le abbia messo le mani addosso?-

Ryder rimase spiazzato dalla domanda del fratello che non seppe cosa rispondere, tuttavia rivivendo l'accaduto di un paio d'ore prima e di come Taylor si fosse accucciata per pararsi da eventuali colpi del padre, la risposta non tardò ad arrivare: -Troppe sicuramente-

***

La mattina dopo Taylor si svegliò tardi rispetto alle altre mattine, il suo corpo e la sua mente erano troppo stanchi per far si che la ragazza si alzasse in un orario decente.
Erano le dieci e a mezzogiorno sarebbe dovuta andare a lavoro; solitamente la ragazza lavorava sei giorni su sette, dall'apertura del Portland Cà Phê fino alla chiusura, per un totale di otto/nove ore al giorno dalle 7.00a.m/8.00a.m alle 4.00p.m. Quel giorno, tuttavia, la titolare le diede un turno più corto per ragioni che neanche ricordava.
Sbadigliò coprendosi la bocca e si stropicciò un occhio, fece un sorso d'acqua dalla sua borraccia che teneva sul suo comodino e infine si toccò la guancia sinistra. La accarezzò per qualche secondo tornando con la mente alla sera precedente. Scosse la testa e decise di farsi forza e alzarsi dal letto, aveva bisogno di una bella doccia prima di iniziare la giornata.
Arrivò al suo bagno in camera munito di: lavandino sospeso sulla parete di destra, una vasca che fungeva anche da doccia alla parete opposta alla porta e sulla sinistra un sanitario e un mobile basso con tre cassetti.
Si guardò allo specchio contenitore sopra al lavandino, poiché il suo spazzolino rosa e il suo dentifricio si trovavano all'interno di esso e non poté fare a meno di notare un livido violaceo sullo zigomo colpito dal padre.
Lo tastò con le dita per poi piangere in solitudine con il suo riflesso; si accucciò sopra il tappeto ovale color salmone, strinse le ginocchia al petto e posò la fronte su di esse.
Aveva perso il conto di quante volte il padre la avesse colpita, aveva memoria di quegli episodi da quando andava alle medie. Era sempre stata una bambina che studiava molto che però non riusciva ad avere i massimi risultati che la sorella maggiore riusciva a raggiungere con facilità; i genitori avevano da sempre creato delle rivalità tra le due figlie e più trascorrevano gli anni e più si palesava la preferenza dei genitori riguardo alla primogenita rispetto alla seconda.
Taylor veniva picchiata mentre studiava se non riusciva ad imparare ciò che stava leggendo entro un tempo prestabilito dal padre e questo le creò la paura di sbagliare, di non riuscire a fare di meglio in ciò che faceva poiché l'ansia di essere colpita la distraeva dal suo studio. Non fece parola di tutto ciò con i suoi coinquilini.
Adeline era sempre stata brava in tutto: aveva sempre avuto voti altissimi dalle elementari fino alla fine del college, era la ragazza più brava del corso di pianoforte e la più talentuosa tra le cheerleader. Al confronto, Taylor riusciva a malapena a raggiungere una 'D' , aveva abbandonato il corso di violino poiché non riusciva a studiarlo e non fece alcun tipo di sport se non le ore di educazione fisica previste dall'orario scolastico per non parlare della decisione di non voler proseguire gli studi.
I genitori, dopo quest'ultima scelta, persero ogni briciola di stima e orgoglio che potevano avere nei suoi confronti, cominciarono a decidere al suo posto come vivere la sua vita, la obbligavano a fare ogni servizio di casa per guadagnarsi del tempo libero fino a quando i litigi diventarono sempre più pesanti, la vita sempre più complicata all'interno di quella casa e il desiderio sempre più forte di andare via da quella famiglia.
Taylor tirò su con il naso e si lavò i denti cercando di non incrociare mai lo sguardo del suo riflesso, fece una doccia veloce e si vestì indossando dei leggins neri e una t-shirt bianca. Prese il telefono ancora in carica sul suo comodino e avvertì la titolare che non si sentiva bene e quella mattina non sarebbe riuscita ad andare a lavoro, fortunatamente il suo capo era una donna comprensiva che non fece storie.
Tirando un ennesimo sbadiglio, Taylor uscì dalla sua stanza dirigendosi nel salotto dove Ryder stava guardando un documentario sulla vita di Marylin Monroe. Appena il ragazzo si accorse della sua presenza, spense la TV e la raggiunse con un gran sorriso.

-Buongiorno fiorellin- -
La sua voce solare si bloccò appena vide il viso tumefatto dell'amica la quale cercò di coprire il segno con la mano.

-Mi dispiace per ieri-
Abbassò lo sguardo, il biondo.

-E di cosa? Non hai fatto niente per il quale dispiacerti-
Sorrise lei, un sorriso sincero.

Ryder la abbracciò a se e senza esitazione, Taylor ricambiò con piacere. La grande mano del ragazzo le accarezzò la schiena fino a quando i due si separarono e si scambiarono dei sorrisi.

-Ho visto che avete fatto la cucina, la giornata sta iniziando benissimo-

-Si, ma per te la giornata non ha fatto in tempo ad iniziare che è quasi finita-
La derise, Ryder ricevendo una linguaccia.

-Dov'è Xavier?-

-Ha detto che aveva delle commissioni da sbrigare, ma il tutto si traduce in: "trovare il coraggio di parlarti e chiederti scusa per come ha trattato tuo padre"-

-Vi scusate come se fosse colpa vostra di com'è fatta la mia famiglia, perché vi prendete colpe che non sono vostre?-

-Ci dispiace di non esser riusciti ad evitare quel che è successo -

-Era impossibile da evitare, tutte le volte che ci riuniamo finisce in tragedia. Speravo che mi avrebbero lasciata in pace una volta andata via di casa, invece la loro curiosità e la loro mania del controllo vince su tutto-

Ryder era affascinato dalla forza con la quale Taylor stava affrontando il discorso poiché, poco prima, la sentì piangere di nascosto. Era entrato in camera sua per vedere se ancora stava dormendo e sentì dei singhiozzi silenziosi provenire da piccolo bagno, indietreggiando il biondo decise di lasciare da sola la ragazza.

-Xavier ha fatto dei semplici sandwich per pranzo perché le sue doti culinarie sono a tratti inesistenti -

-Però ieri l'arrosto era buono-

-Tay, era buono perché l'ho cucinato io. Secondo te un creatore di sandwich seriale potrebbe mai fare un arrosto?- imitando la voce del fratello, aggiunse: -"Veramente sono stato io a cucinare"-

I due scoppiarono a ridere all'unisono continuando a prendere in giro il ragazzo in quel momento assente. Ridere di Xavier era il loro passatempo preferito da quando si erano conosciuti.

I miei coinquilini sono vampiri Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora