Capitolo 2

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Arriviamo a destinazione dopo non so quante ore di viaggio e il fatto di doversi abituare al fuso orario dell'Illinois non aiuta. Mi sento in hangover, come se avessi bevuto tre litri di vodka liscia tutti d'un fiato e dovessi affrontare adesso i postumi dopo la sbornia; Queste "trasferte di volo" sembrano non finire mai.

Inizio a sentire le famosissime basse temperature dell'Illinois e forse rimpiango quelle della Florida, ma è stata una mia scelta venire qui. E sicuramente non sarà un po' di freddo a farmi cambiare idea. Sto ancora vagando per l'aeroporto in cerca dell'uscita, con mio fratello che si lamenta della mia valigia che pesa troppo e per cui è stato "gentilmente corrotto" a trainare al mio posto, insieme ai suoi bagagli ovviamente.

«Ti prego dimmi che almeno mi hai trovato una sistemazione temporanea e non dovrò dormire sotto a un ponte come i barboni.» dice con il fiato corto mentre imbocchiamo l'ennesimo corridoio che indica l'uscita. Cavolo, questo aeroporto è enorme, sembra un labirinto.

«Se ti dicessi di no cambieresti idea di avermi seguito in questa follia?» dico con tono ironico e lo sento arrestarsi di colpo dietro di me, e per poco non mi finisce addosso con tutta la roba.

«Dimmi che stai scherzando ti prego, non ho attraversato mezzo continente per seguirti in una follia di cui neanche sei certa di un passo che fai.» si sta alterando, perfetto.

«Si, sto scherzando tranquillo. A dire il vero devo dirti una cosa.» annuncio mentre usciamo finalmente dall'aeroporto e tento di richiamare l'attenzione di un taxi che ci porti in centro città.

«Ti ascolto.» dice mentre si accende la sua Chesterfield e mi passa il pacchetto, che gentilmente rifiuto e tiro fuori dal mio una Winston blue.

«Ti ricordi due mesi fa, quando ho ricevuto la lettera di ammissione alla Columbia University di Chicago?» soffoca una risata nel palmo della mano prima di rispondermi: «come dimenticarla, sembravi una bambina che aveva appena ricevuto un peluche enorme come regalo di Natale. Avevi gridato il mio nome a pieni polmoni e per lo spavento sono pure caduto dal divano mentre dormivo tranquillo e sono corso in camera tua per capire cosa fosse successo di così inaspettato. Appena sono entrato mi sei saltata addosso e ti sei attaccata al mio collo urlando euforicamente "ce l'ho fatta, mi hanno presa! Andrò a Chicago!" Quindi sì, direi che quella scena me la ricorderò a vita.» conclude aspirando dalla sigaretta e indicandomi con un sorriso a trentadue denti.

«Ecco, esattamente. Dopo averti fatto prendere un infarto non richiesto ho iniziato a guardare qualche alloggio poco distante dal campus, in caso in cui non sarebbe uscita la lista delle camere al dormitorio per tempo e ne avevo trovato uno abbastanza buono. A sole dieci miglia dal campus.» faccio un altro tiro prima di proseguire e fisso mio fratello che sembra abbastanza perplesso. «Qualche settimana dopo però mi è arrivata una mail dalla segreteria del campus, contenete gli orari dei corsi e l'assegnazione delle stanze, a quanto pare avrò una compagna più grande di un anno, che proviene dal Messico e se non ricordo male si chiama Sophie Cruz o Carrera. Il cognome non sono certa di quale sia esattamente.»

«continua.»

«Solo che in quel lasso di tempo tra l'ammissione e quella e-mail avevo già contattato il proprietario della casa per informarmi sulla pozione dell'alloggio, i prezzi e le diverse spese. Così al posto di dare il mio nominativo come possibile acquirente per l'acquisto, ho dato il tuo. Ho chiesto al proprietario un incontro di persona oggi stesso, per vedere se la casa ti potrebbe interessare o meno. Ha accettato e so che è completamente folle questa cosa, però ciò lo puoi considerare un mio regalo di benvenuto a Chicago.» Appena finisco di parlare, mio fratello rimane con la sigaretta tra le labbra e lo sguardo sorpreso. Tentando di capire esattamente cosa dire in questa situazione o come formulare una frase di senso compiuto.

Midnight Where stories live. Discover now