TISHA

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Il primo ricordo della mia infanzia è un casale nel paesaggio della campagna russa, lontano da tutti e da tutto. Avevo solo tre anni quando i miei genitori mi hanno scaricata li davanti come un sacco di patate.

Prima che una signora venisse a prendermi per portarmi dentro con il mio zainetto di roba persi tempo ad osservare la casa ed era davvero brutta, tutta scrostata e con il cancello arrugginito.

La donna che uscì sembrava la signorina Rottermeier di Heidi, con una pettinatura strettissima e vestiti che coprivano ogni centimetro di pelle tranne mani e viso, gli abiti erano anche completamente neri.

Per un secondo ho temuto di dover sopportare le regole severe che dovette sopportare una delle mie protagoniste preferite dei cartoni. Beata gioventù, con il senno di poi mi rendo conto che sarebbe stato diecimila volte meglio.

Comunque, la donna mi ha guidata nella casa fino ad una porta e mi ha fatta entrare "signor direttore, c'è la nuova bambina, Tisha Lukin" appena vidi quell'uomo mi ispirò subito simpatia, era grasso con un viso gioviale e rubicondo e, appena mi vide i suoi occhi si riempirono di stupore e allegria "vieni pure piccolina, devo ammettere che non mi aspettavo che fossi messa così bene visto che i tuoi genitori ti hanno mandata in questo orfanotrofio per cause di degenza" mi sedetti sulla sedia davanti a lui allegramente "buongiorno signore" ho cercato di salutare con allegria.

L'uomo ha scansato le mie parole con la mano "non cè bisogno di essere così formali piccolina" poi mi ha fatto cenno di andare davanti a lui, immediatamente ho fatto come mi era stato detto.

Il suo sguardo ha percorso tutto il mio corpo e poi mi ha accarezzato la testa dolcemente "sei proprio una bella bambina, vedrai che ti ambienterai in un batter d'occhio" sorrisi ingenuamente.

Mentre la donna mi guidava fino alla mia camera mi persi nei miei pensieri. L'apparenza ingannava ed ero certa di essere stata troppo veloce a giudicare, forse quel posto non sarebbe stato così male.

Per alcuni scoprire di essere stati abbandonati dai propri genitori sarebbe stato uno shock ma non per me, avevo solo tre anni; eppure, il fatto che si ricordavano a stento di darmi pane e latte per cena mi aveva fatto capire che i miei genitori non brillavano per amore genitoriale.

Capii anche che la scusa di degenza era una cavolata, non erano ricchi ma erano due persone appena diciottenni che si facevano mantenere dalle proprie famiglie con una sola condizione: tutti e tre saremmo rimasti fuori dalle loro vite per sempre, così i miei genitori vivevano l'adolescenza che la mia imprevista nascita gli aveva fatto perdere a stento ricordandosi della mia esistenza.

In fondo il volto cordiale del direttore mi illuse che avrei potuto avere ancora qualcosa di simile ad una famiglia.

I primi giorni furono semplici, facevo amicizia con gli altri bambini, mangiavo per la prima volta tre pasti completi al giorno e c'erano delle inservienti che si prendevano cura di noi più piccoli, certo non c'erano coccole e bacini ma in confronto a quello che avevo passato per i miei primi tre anni di vita era un vero paradiso.

Ogni volta che qualcuno di noi combinava un pasticcio veniva portato via e ricompariva dopo un certo lasso di tempo con dei lividi e a volte delle ferite.

Chiamatemi insensibile ma non ci vedevo nulla di strano visto che i miei genitori mi prendevano a schiaffi ogni volta che gli facevo ricordare la mia esistenza, non capivo i bambini che tornavano da queste punizioni in lacrime.

Per me era così incomprensibile che ho iniziato a seguirli e vedevo che li percuotevano in base alla gravità del pasticcio combinato, ma in fondo si trattava di sculacciate, schiaffi, a volte qualche frustata ma nulla che per me fosse fuori dalla norma.

SPERDUTA NELLA NEVEWhere stories live. Discover now