Mia sorella.
La persona più amabile del Continente.
La mia gemella.
L'altra metà di me stesso, quella migliore.
Allegra, solare, ribelle e arguta.
Amata dal popolo e da tutta la famiglia.
Io, d'altro canto, ero l'opposto: cupo, taciturno e timido. Un principino tra i tanti, tormentato da una salute cagionevole. Nella mia patria, non era scontata l'ascesa del primogenito come erede al trono. Tutti i principi, raggiunta la maggiore età, dovevano partecipare alle Reali Gare, una grande competizione composta da sfide ben studiate per testare le capacità fisiche e intellettuali dei reali e decretare con imparzialità chi si meritasse il trono e chi le alte cariche. Era un modo per garantire a Dushunn e al suo popolo il miglior Maharana.
Io ero l'ottavo, il più piccolo della cucciolata reale.
Quanto può contare l'esistenza di un principe così fragile?
Vessato e ignorato dai miei fratelli e dalla corte, io non venivo considerato. Mia madre, la Maharani Marshka Sasthi El Narshiin Sekmen, non potendo mostrare favoritismi verso i figli, mi trattava allo stesso modo degli altri. Nessuno comprendeva il mio enorme disagio, così mi ero rinchiuso in me stesso. O almeno così avevo pianificato, ma la mia gemella era come un monsone nella mia vita, travolgente eppure anelato. Mi amava incondizionatamente, mi coccolava e mi stuzzicava allegramente. Mi capiva senza che mi sforzassi. Mi raccontava delle sue vicende e mi trascinava nelle sue avventure rocambolesche che la mettevano quasi sempre nei guai. Era uno spirito indomabile. E, dovevo ammettere, il mondo era davvero magnifico attraverso i suoi occhi.
Anche senza l'amore della mia famiglia io sopravvivevo, perché mi bastava il suo.
"Loro" giunsero in uno dei giorni più caldi dell'anno.
Da settimane Jiji lamentava un fastidio all'occhio sinistro. Il medico di corte aveva insistito per visitarla ma quello che riscontrò, così sostenne, non aveva un nome. Non mi era mai piaciuta l'assiduità con cui la visitava fin da infante, come se cercasse qualcosa, e quando l'irritazione agli occhi si presentò lui pareva quasi entusiasta.
Quel giorno giocavamo felici intorno alla fontana del cortile interno. Rincorrevamo i pavoni con il solo cruccio del caldo. Con la coda dell'occhio vidi mia madre parlare con alcuni uomini. Uno era il medico e gli altri dovevano essere stranieri, a giudicare dalla carnagione chiara.
«Chi sono quegli uomini? Sono così pallidi.» chiesi innocentemente alla mia gemella.
Lei si voltò strofinandosi l'occhio. «Mamma ha detto che il medico ha chiesto a un conoscente più esperto di visitarmi. Dice che il mio problema potrebbe rivelarsi grave.» mi spiegò innocentemente senza comprendere appieno le sue stesse parole.
«Ti fa ancora male?»
Lei alzò le spalle. «Prude. Sarà solo sabbia.» mi rassicurò strofinandoselo «Quelli là sono davvero brutti e pallidi.»
Nostra madre li condusse verso di noi. Abbracciò forte mia sorella e la riempì di baci. Il lieve nervosismo e gli occhi lucidi avrebbero dovuto allarmarmi. Ma, allora, ero solo un bambino, il mondo degli adulti era qualcosa che ancora non mi riguardava.
Jiji, diretta fin dalla culla, domandò: «Madre, chi sono quelle persone?»
Nostra madre sorrise in modo forzato. «Tesoro, mio piccolo sole. Sono arrivate delle persone provenienti da molto lontano che potrebbero far luce sul tuo problema.» le spiegò togliendole una ciocca ribelle dalla piccola fronte, «Farai la brava e ti farai visitare?»
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DIVINE STIRPI - Gli Eredi
FantasyRegno di Drangvor. Indaco Hirvenrose sa che il suo promesso non la amerà mai ma sposarsi è il dovere imposto dalla sua famiglia. Tristan Baerevorth, ritornato in patria, è spaccato a metà: da una parte l'amore per una ragazza, dall'altra la lea...