Capitolo 9

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Quel giorno tornai a casa più scossa che mai, così andai dritta in cucina per prepararmi una bella cioccolata calda, che potesse calmare il tumulto nel mio animo.
Lo squillo del telefono ruppe il silenzio, facendomi sobbalzare e rovesciare di conseguenza una parte del contenuto della tazza.
La posai sul bancone della cucina, avanzando lentamente verso il telefono fisso, che continuava a squillare.
Lo presi in mano con un po' di timore, ma risposi ugualmente.
-Pronto?- la mia voce era diventata improvvisamente flebile.
-Jennifer, sono la mamma-.
Tirai un sospiro di sollievo sentendo la voce di mia madre.
-Jen, stai bene?-.
-Sì, mamma, scusa- mi affrettai a rispondere -come va con il lavoro?-.
-Bene- rispose -credo che fra pochi giorni potrò tornare a casa, finalmente. L'asta si è quasi conclusa-.
Sorrisi, felice dell'annunciato ritorno a casa di mia madre.
-Bene, allora ti lascio terminare il lavoro- dissi -ci vediamo-.
-A presto- ribattè lei.
Tornai con un sospiro a sedermi sul divano, quindi feci per bere la cioccolata, ma essa era ormai diventata fredda e imbevibile.
Così mi alzai per portare la tazza nel lavandino, dove ne rovesciai il contenuto.
Non sapendo cosa fare, salii le scale per andare in camera mia.
Una volta entrata, chiusi la porta e mi diressi verso il letto, ma qualcosa di strano attirò la mia attenzione.
Mi bloccai, iniziando a fissare il tappeto rosso posto sotto il letto.
Lo osservai a lungo ed attentamente, colpita dalla sua anomala posizione.
Non ero mai stata una maniaca dell'ordine e non avevo mai dato peso alla posizione degli oggetti presenti nella mia stanza, ma in quel tappeto c'era qualcosa di diverso, forse nel punto e nel modo in cui era stato posto.
Perché mettere un tappeto sotto il letto e non accanto, o davanti?
Il tappeto era abbastanza largo da coprire anche una parte di pavimento da entrambi i lati del letto, questo era vero, ma perché doveva stare proprio sotto? Come se quella posizione avesse un preciso scopo...
Sbuffai, rimproverandomi delle mie sciocche fantasie.
Andai verso lo scrittoio, ma non riuscii a resistere alla tentazione della curiosità.
Mi voltai, lanciando l'ennesima occhiata al tappeto, poi afferrai i bordi del letto ed iniziai a trascinarlo verso di me, in modo da scoprire il tappeto e rendere facile il suo spostamento.
Mi gettai in ginocchio, presi un lembo del tappeto e lo spinsi via, scoprendo il pavimento.
Sgranai gli occhi, incredula ed affascinata.
Non potevo credere ai miei occhi, ma sembrava che il paranormale fosse diventato parte della mia vita e d'altronde, se io ero realmente una Guardiana della Luna, quella stranezza presente sul pavimento della mia stanza non era niente in confronto.
Una grossa incisione padroneggiava il chiaro linoleum della mia stanza, raffigurando una sorta di stella a sei punte racchiusa in due cerchi.
Su ogni punta era a sua volta raffigurata una figura, più piccola e leggermente più difficile da distinguere, mentre al centro del complesso, vi era una scritta:
Se questo cerchio troverai, paura non avrai se sempre qui rimarrai.
Guardai allibita quella strana frase priva di senso e scoppiai a ridere nervosamente.
-Ma che diavolo è, uno scherzo? I vecchi proprietari si sapevano divertire proprio bene...- dissi tra me e me, scuotendo la testa.
Nonostante tutto, però, il ricordo della scorsa notte riaffiorò con forza.
Era per questo che il mio inseguitore aveva tagliato la corda? Per questo non ha potuto farmi del male? Il cerchio mi ha davvero protetta?
Emisi un verso stizzito, ricoprii in fretta e furia l'incisione con il tappeto e rimisi il letto al suo posto.
Dopodiché, mi ci sdraiai sopra, finché i miei pensieri non mi fecero scivolare in un sonno profondo.

Fui svegliata da una serie di bip fastidiosi e troppo tardi, mi resi conto che si trattava della sveglia.
La cercai alla rinfusa senza aprire gli occhi, tastando con una mano tutti gli oggetti presenti sul comodino.
Finalmente la trovai, schiacciai il pulsante e la spensi.
Avevo terribilmente sonno, ma mi feci ugualmente forza per alzarmi dal letto e andare a prepararmi.
Passai davanti lo specchio del bagno e mi resi conto, ancora assonnata, che indossavo ancora gli abiti del giorno prima. Così tornai in camera ed aprii l'armadio, dal quale estrassi un paio di jeans ed una felpa.
I capelli erano un disastro e dopo aver provato a lungo a pettinarli per farli tornare lisci, rinunciai e li raccolsi in una bella coda alta.
Non avendo fame quella mattina, uscii di casa direttamente, afferrando lo zaino e sistemandomelo su una spalla mentre camminavo verso la St. Patrick.
Non sapendo come tenerli occupati durante il tragitto, i pensieri vagarono nuovamente sui fatti accaduti il giorno prima.
Dalle rivelazioni di Jake, a cui ancora stentavo a credere, alla grossa incisione sul pavimento della mia camera.
In effetti, per quanto fosse strano ammetterlo, solo ora mi rendevo realmente conto che c'era qualcosa che non andava, in me. Qualcosa di diverso. Avvertivo la presenza di un flusso potente, rassicurante, che mi faceva sentire invincibile, in un certo senso.
E, la cosa più spaventosa, era che quella era stata l'esatta sensazione che avevo provato quando avevo scagliato Jake diversi metri più in là da me.
Inoltre, solo ora mi veniva alla memoria il ricordo di due notti fa, quando il mio inseguitore era riuscito a colpirmi e a ferirmi alla caviglia.
Mi bloccai all'improvviso, abbassando lo sguardo su di essa, ora coperta dal tessuto dei jeans.
Lo sollevai, scoprendo la pelle interessata.
Ricordavo di aver provato un dolore acuto, ma non avevo mai notato una ferita che potesse essere degna di un dolore così intenso.
E invece, sulla mia pelle c'era solo un piccolo graffio.
Rimasi a fissarlo attonita, dimenticando di trovarmi in un luogo pubblico, in mezzo alla strada, vicino al cancello d'entrata della scuola.
Qualcuno si accucciò accanto a me.
-L'asfalto è interessante, non trovi anche tu?- sghignazzò Jake.
Tirai giù il pantalone immediatamente, poi mi alzai, scocciata.
-Tu non hai nient'altro da fare che prendermi in giro, eh?-.
Anche lui si rimise in piedi e da quella distanza, la sua altezza era veramente imbarazzante. Tra noi saranno mancati parecchi centimetri di altezza.
Alzai il mento per guardarlo negli occhi ed in quel momento lui avvicinò il viso al mio, quel tanto che bastava per mettermi in agitazione.
-In realtà- sussurrò -ci sarebbero almeno altre due cose che dovrei fare. Molto divertenti, anche-.
Sorrise beffardo.
-E allora perché non le fai?- ringraziai me stessa per non aver balbettato.
-Perché, se le facessi, dopo non saremmo qui a discuterne-.
-Come, scusa?- mormorai appena, dal momento che lui se ne andò di punto in bianco, lasciandomi ancora una volta perplessa dalla sua scelta di parole, all'apparenza sempre prive di significato per me.
Ma sapevo che si divertiva nel parlarmi così, si divertiva perché io mi sarei dovuta scervellare per trovare il senso di ogni frase da lui detta.
Emisi un verso di stizza e mi incamminai anch'io verso l'entrata, dopo aver attraversato velocemente il parcheggio riservato agli studenti.

Moon Guardians- i Guardiani della LunaWhere stories live. Discover now