Capitolo 21

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Il sabato sera, mi decisi ad uscire di casa per raggiungere il luogo in cui si sarebbe svolta la festa. Mia madre mi avrebbe uccisa, se solo avesse saputo una cosa simile. Rabbrividii, immaginandomi la sua espressione.
Stringevo tra le mani il foglietto su cui avevo scritto l'indirizzo e, di tanto in tanto, gli lanciavo un'occhiata, come se avessi paura che l'inchiostro si sbiadisse. Non fu molto facile trovare il posto, soprattutto per una come me sprovvista di mezzi, ma alla fine riuscii comunque ad arrivarci.
Entrai senza problemi, non trovando nessuno all'entrata. Cercai subito con lo sguardo Alex, unico mio punto di riferimento in quell'ammasso di gente vestita in modi improbabili, che si dimenava senza sosta sulla pista da ballo, ma non lo trovai.
Perciò mi buttai nella calca ed arrancai fino al bancone del bar, dove presi posto su uno sgabello.
-Vuoi qualcosa, piccola?- un omaccione dai capelli rasati di un colore sul rossiccio mi si avvicinò.
-No, grazie- gli sorrisi educatamente, mentre sentivo il terrore montare in me.
-Allora devi scendere.
-Cosa?- sbattei le palpebre, piuttosto confusa.
-Se non prendi, non ti siedi- spiegò lui, alzando le grandi e possenti spalle.
-Oh...certo, va bene- scesi dallo sgabello e in un attimo venni trascinata dalla calca di gente.
Qualcuno mi colpì con una gomitata dritta al viso, che mi fece barcollare e perdere l'equilibrio. In pochi istanti, una ragazza crollò su di me, schiacciandomi sotto il suo peso.
Boccheggiai, come un'idiota, mentre la ragazza si alzava da sopra di me e mi sorrideva con un sorrisetto beffardo. Si tirò indietro una ciocca dei sui capelli color caramello e si sistemò il vestito attillato.
Una mano mi si materializzò davanti al viso proprio nel momento in cui la voglia di strangolare quella ragazza mi stava assalendo.
Avevo ancora gli occhi fissi sulla ragazza, che fece una smorfia, guardando alla sua sinistra.
Sbattei le palpebre, fissando la mano, ancora protesa verso di me.
L'afferrai titubante e in un attimo mi ritrovai in piedi, stabile, appoggiata al petto di qualcuno.
Alzai lo sguardo e mi paralizzai.
-Che diavolo fai tu qui?- sussurrò Jake, ma lo sentii ugualmente, nonostante la musica fosse alta ed aggressiva.
Deglutii. -Mi diverto- alzai il mento, ma mi accorsi che tremava.
-Jake, ho sete- una voce interruppe il nostro contatto visivo.
Mi voltai verso la ragazza che mi era caduta addosso e che non mi aveva chiesto scusa.
Serrai le labbra.
Quindi si conoscevano?
Un senso di irritazione mi colpì lo stomaco.
Jake voltò la testa verso di me, osservandomi attentamente.
"Che c'è?", volevo urlare, ma non dissi nulla, preferendo il silenzio.
-Vai al bancone, Nancy. Ti raggiungo- disse Jake rivolto a lei.
Ah, quindi era così che si chiamava?
Alzai gli occhi al cielo mentre mi allontanavo.
-Allora?- Jake mi fermò, prendendomi per un gomito.
-Allora cosa?- scattai, inviperita.
-Non hai ancora risposto alla mia domanda. Che ci fai qui?
-Te l'ho detto: mi diverto. E adesso scusami, ma devo cercare una persona.
Mi fermò di nuovo.
-Tu devi cercare una persona? Qui dentro?- sbuffò divertito, poi azzardò una risata, ma i suoi occhi erano seri.
-Perché? Cosa c'è che non va?
Ero indispettita.
-Mi sembra impossibile, tutto qui.
-Ma fammi il piacere- diedi uno strattone e mi ribellai alla sua presa, allontanandomi da lui.
Non andai molto lontano, poiché mi raggiunse subito.
-Fammelo tu un piacere, invece- disse gelido, in un tono che non ammetteva repliche. -Esci immediatamente da questo locale, allotanati più in fretta che puoi e torna a casa.
-Sono appena arrivata. E poi, sono a piedi.
Qualcosa simile alla disperazione passò nei suoi occhi.
-Come? Non hai la macchina? Non mi dire che...dannazione, ma come ragioni?
Sbuffò. -Avanti, vieni. Ti porto a casa io.
-Cosa? No!- cercai di ribellarmi, ma era troppo forte.
Bofonchiò qualcosa, poi mi caricò in spalla.
-Lasciami!- gridai, battendo i pugni sulla sua schiena.
Appena fuori, mi mise in sella alla sua moto.
-Ma sei pazzo!- gridai.
Lui alzò gli occhi al cielo, poi si prese il volto fra le mani, arruffandosi i capelli.
-Non mi piacciono le scenate, maledizione. Guarda cosa mi hai fatto appena fare.
-Non sei costretto a portarmi a casa. Anche perché, come tornerà la tua amichetta? L'avrai lasciata morire di sete, poverina!- urlai.
-Non mi interessa. È abbastanza grande per comprarsi da sola da bere. E poi, troverà sicuramente un modo per tornarsene a casa.
Poi sollevò un sopracciglio.
Amichetta?》
Arrossii, abbassando lo sguardo ed aspettando che desse gas.
Quando arrivammo sul vialetto di casa mia, scesi in fretta dalla moto e gli restituii il casco.
Non dissi nulla, mi limitai ad infilare la chiave nella serratura ed aprire la porta.
-Non devi dirmi nulla?
Sobbalzai, voltandomi. -Che ci fai ancora qui?
Jake era sulla porta, la teneva aperta con una mano, poi fece un passo avanti ed essa si chiuse alle sue spalle.
Accesi le luci; non avevo la minima intenzione di rimanere al buio con lui nei paraggi.
-Dovresti tornare alla festa- dissi, ma subito mi pentii di averlo fatto.
Jake alzò un sopracciglio.
-Nancy si starà preoccupando, mentre tu te ne stai qui con me-.
Dannazione, Jennifer, chiudi quella bocca!
Mi voltai, per non dargli modo di vedere la mia faccia.
Jake rise sommessamente.
-Che cosa cerchi di insinuare?- sorrise beffardo.
-Niente- dissi decisa.
-Niente?- la sua voce ora era un vicino sussurro.
Spalancai gli occhi e mi voltai, inspirando di scatto.
-Niente...- farfugliai, ritrovandomi il viso di Jake a pochi centimetri dal mio viso.
-Perché eri in quel locale, stanotte?- chiese, mantenendo un tono serio.
-Avevo un appuntamento- dico -credo.
-Un appuntamento?- scosse la testa -se è così allora sei nei guai, bambina.
-Perché?- scattai.
-Fidati di me. Non tornarci più.
Abbassai lo sguardo. -Ti perderai tutta la festa, se continui a restare qui.
Alzò le spalle. -Ce ne sono ogni sera. E poi, a volte è meglio perdere alcune cose per godersene altre.
I miei occhi si fissarono di colpo nei suoi, che continuavano a non lasciar trasparire alcun tipo di emozione.
-Cosa...che hai detto?- balbettai.
Sorrise, poi si chinò a darmi un bacio sulla fronte.
-Buonanotte, bambina.

Il lunedì, a scuola, non ero più la stessa. Camminavo completamente con la testa fra le nuvole, tanto che, talmente non badavo a dove mettevo i piedi inciampai due o tre volte e feci cadere una pila di fogli ad una ragazza, che mi fulminò con lo sguardo. Scorsi una sagoma camminare tranquillamente lungo il corridoio, i capelli arruffati.
-Alex!- lo chiamai, iniziando a marciare verso di lui.
Sorrise. -Ieri mi hai dato buca- disse.
-No, sei tu che l'hai data a me- ribattei -ti ho cercato dappertutto, ma non c'eri.
Alzò le sopracciglia. -Impossibile. Il locale non era molto grande ed io ero praticamente all'entrata.
Cosa? Adesso voleva tentare di rigirare la frittata?
-Non c'era proprio nessuno all'entrata- insistetti.
Sembrava confuso. -Sei sicura di essere andata al giusto indirizzo?- disse, celando malamente un sorrisetto che lottava per affiorargli sulle labbra. Sentii il sangue defluire fino alle guance. Avevo realmente sbagliato indirizzo? No, non era possibile.
-Ce ne sono parecchie di feste, qui. Sopratutto il weekend. Probabilmente hai confuso il locale e sei entrata in un altro.
-Ma...- balbettai -oh Dio, che figuraccia- avvampai.
Alex ridacchiò. -Tutto okay. La prossima volta magari ti passo a prendere io, così evitiamo altri inconvenienti.
Annuii. -Già. Sì, beh, forse è meglio se...-.
L'espressione di Alexander divenne seria di colpo. Fissava un punto alle mie spalle e, a giudicare dalla sua faccia, doveva essere parecchio irritato.
-Alex, tutto okay?- chiesi, voltandomi anch'io, per vedere di cosa si trattasse.
Mi mancò il respiro, vedendo che Jake stava venendo verso di noi, tenendo, come sempre, un passo sicuro di sé, che ora sembrava quasi sfrontato.
-Non è un po' troppo tardi per continuare a chiacchierare ancora un po'? Le lezioni sono già cominciate- disse, non appena fu abbastanza vicino da poter essere sentito.
-Cosa sei, un bidello, percaso?- chiese Alex, mantenendo un tono distaccato.
-Solo un alunno diligente- rispose Jake, con un mezzo sorriso sprezzante.
L'ostilità tra i due era palpabile, si poteva credere che si conoscessero da anni, ma non era così.
Non pensavo si potessero essere mai incontrati, almeno. Erano due ragazzi completamente diversi.
Alex emise uno sbuffo sordo. -Okay- disse, poi rivolgendosi a me: -ci sentiamo-.
Annuii, guardandolo andare via e sparire dietro il primo angolo.
Feci per andarmene anch'io, ma Jake mi richiamò.
-Dove stai andando?- chiese.
Alzai entrambe le sopracciglia. -A lezione, mi pare ovvio. Lo hai detto anche tu, poco fa.
Si avvicinò.
-Ma io non ho intenzione di andare a sentire una noiosa ora di storia, quando posso fare qualcos'altro.
-Non hai appena detto di essere diligente?
-Qualche bugia va detta, a volte- rispose tranquillamente.
Deglutii.
-Hai detto che vorresti fare qualcos'altro di più divertente- dissi -tipo?
Mi pentii amaramente di ciò che avevo appena chiesto, e il suo sorriso mi fece venir voglia di prendermi a pugni.
-Ti interessa?
-Era solo per chiedere- alzai le spalle, sperando se la bevesse.
Ma, ovviamente, lui, un bugiardo patentato, come poteva credere ad una sciocchezza simile?
Alzò le spalle, emettendo un lungo sospiro.
-Beh, ce ne sono tante di cose che potrei fare...-rispose, rimanendo sul vago e guardandomi di sottecchi.
Alzai gli occhi al cielo. Con lui non si poteva proprio sostenere un discorso sensato.
-Sei sempre il solito- commentai con uno sbuffo, iniziando a camminare.
-Ma ti piaccio- affermò tenendo il passo.
Strabuzzai gli occhi.
-Assolutamente no- ribattei senza neanche degnarlo di uno sguardo.
-No? Perché mi sembra che sei gelosa, bambina-.
Mi fermai improvvisamente, e lo stesso fece lui.
Gli puntai un dito contro.
-Io non sono gelosa di te- scandii.
Fece un mezzo sorriso.
-Meglio così, allora. Alla mia "amichetta " darebbe fastidio.
Non feci in tempo a formulare una frase che fosse adatta, poiché mi lasciò in mezzo al corridoio, sparendo prima che potessi dire o fare qualsiasi cosa.

Moon Guardians- i Guardiani della LunaWhere stories live. Discover now