Capitolo 40

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(Canzone consigliata: One of The Girls - The Weeknd, JENNIE & Lily Rose Depp).


Ethan.


Dieci anni prima...


Gli uomini di mio padre non facevano che lanciarmi sguardi pieni di compassione, come se volessero farmi gli auguri per il mio ventesimo compleanno ma non potessero farlo.

Il che era anche vero. Festeggiare la mia nascita era stato severamente vietato da David Brancoft.

In un certo senso non lo biasimavo, chi mai avrebbe voluto festeggiare il giorno dell'anniversario di morte della propria moglie?

Perciò, non mi interessava poi molto. Ma quegli sguardi pieni di compassione mi davano alquanto fastidio.

Non ero un ragazzo, ormai uomo, da compatire. Volevo che iniziassero a temermi come facevano gli altri ragazzi della mia età.

Non avevo amici, ma una sequela di persone che avrebbe preferito vedermi morto ce l'avevo eccome. Figli di qualche stronzo che avrebbe voluto dare del filo da torcere a mio padre.

Non credo sia necessario specificare il motivo per cui non avevo una cerchia ristretta con cui andare a bere cocktail dal sapore di merda o fare una partita a poker.

Mi andava bene così.

Di certo l'alcool non mi mancava, i giocatori nemmeno e le donne erano sempre presenti per il figlio di uno dei più importanti uomini di Las Vegas.

Mentre camminavo per il casinò, e le mie scarpe calpestano la moquette scura, sceglievo a quale tavolo sedermi per intrattenermi.

Quella sera avevo voglia di blackjack.

Fin da bambino mi aveva sempre affascinato la matematica, il potere che hanno i numeri era lo stesso a cui ambivo.

Il potere di riuscire a piegare sulle ginocchia chiunque per ricevere quello di cui hanno bisogno.

Il blackjack è un gioco d'azzardo, la fortuna è la sua genitrice. Ma non sempre è così, o almeno non lo era per me.

Contavo

E contavo.

E, puntualmente, i conti con le carte tornavano sempre.

Il brivido che mi regalava quando riuscivo a calcolare l'intera partita era impagabile. E quella sera avevo bisogno di adrenalina.

Mi sedetti vicino a un uomo che aveva più o meno l'età di mio padre, i capelli brizzolati erano tirati all'indietro in una pettinatura che regalava l'immagine delle sue piccole rughe sul viso. Le labbra strette in una linea di concentrazione mentre scrutava il panno verde, come se potesse donargli le risposte che cercava, e il Rolex che portava al polso mi diedero qualche indizio. Ma quando ordinò uno scotch seppi con esattezza che vicino a me avevo un direttore di banca.

Non avevo mai compreso il motivo per cui tutti i direttori fossero stampati esattamente allo stesso modo, ma alla fine era proprio questo il succo della questione.

Chiunque non abbia una propria identità la cerca negli altri, prova ad emulare perfino il modo di pensare e di agire. E alla fine siamo solamente pecore che faranno parte dello stesso gregge di merda.

E, non solo erano persone dalla dubbia personalità e arroganza, ma prediligevano giocare ai tavoli dove la matematica avrebbe potuto cambiare tutto il corso della partita.

Come se lavorare dentro a un posto in cui i numeri erano padroni di chiunque non gli donasse la loro dose di tortura necessaria.

Ma chi meglio di me poteva comprendere un'ossessione?

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