Capitolo 1

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Distruzione. Solo distruzione. Non riusciva a vedere altro, davanti a sé, se non distruzione infinita. Incendi, siccità, nero carbone e oscurità. Un velo rosso calato sugli occhi. Come aveva fatto a fidarsi, come?! Era sicura che sarebbe successo. guardò per un ultima volta quella che era stata la sua casa, poi si voltò. Nè più mai si sarebbe girata, né più mai sarebbe ritornata, né più mai avrebbe cambiato idea. Ormai l'oscurità cresceva nel suo petto, nelle sue membra, in tutta la sua anima. Non era una metafora. Lei la sentiva, la sentiva oscurarle la vista, la sentiva avvolgerla, partendo dalle punte delle dita. Sentiva di poterla scagliare contro chiunque, sentiva che ormai non sarebbe più andata via. Cominciò a camminare nella direzione opposta di tutta quella distruzione, scendendo dalla collina su cui era appostata. Non ebbe alcun ripensamento. Non lo avrebbe avuto mai. Mai.
Qualcosa le oscurò la visuale. Una testa. Capelli corti, chiari, un po' lilla. Occhi a mandorla, verdi. Un'umana. Quell'umana

***

Erika aprì un occhio, poi un altro. Dov'era? Si guardò intorno e riconobbe la sua stanza. Aveva la testa poggiata su un qualcosa di liscio. La alzò. Il libro di scienze. Si era addormentata, fantastico. Controllò l'orario sullo schermo del telefono. 18.34. Si alzò in piedi, cercando di scacciare il torcicollo che le si era infiltrato nelle ossa della cervicale come un piccolo insetto. Al solo pensiero, una smorfia di disgusto le salì su volto e nello stomaco. Cercò di capire la situazione. Erano le se e mezzo di sera, era a casa e non aveva finito di studiare scienze per il giorno dopo - guardò fuori dalla finestra - e c'era un incendio proprio a meno di un chilometro da casa. Ah. Benissimo, benissimo. Sperò vivamente che qualcuno avesse chiamato i pompieri.
— Eri! — sua madre — Eri, cosa diamine stai combinando?! Eri, vieni subito qui!
Uhm, bene.
Sbadigliò — Arrivo mamma!
Sua madre era in salotto, in piedi, a fare su e giù per il tappeto.
— Tesoro, hai visto cosa sta succedendo-
— Intendi l'incendio? Sì
— Dobbiamo-
— Mamma, tranquilla, è lontano, i pompieri lo spegneranno-
— No.
No? Cosa era successo? Sua madre non si preoccupava così facilmente di solito.
— Vieni a vedere — aprì la porta. Appena la spalancò, una vampata di calore invase le due, infilandosi da tutte le parti, in Erika. Come se non stesse rispettando i suoi spazi personali. Fuori, il fuoco aveva inglobato il vialetto sterrato che conduceva sulla strada principale e stava per prendersi anche il loro giardino.
— Oh. — disse sua madre — È peggio di ciò che pensassi. —
Certo che era peggio! Era molto peggio i qualsiasi cosa si potesse pensare! Intorno alla casa non c'era altro che fuoco, fiamme e calore invadente e violento. Stavano per morire bollite! Ormai il problema dell'interrogazione di scienze non era più così grave...
Erika però non proferì parola. Non riusciva.
Un'ombra. Le passò davanti, così velocemente che le era sembrata un'allucinazione, poi ricomparì, ma più lentamente, a tre o quattro metri da lei e sua madre. Era un essere umanoide, ma altro non riusciva a vedere, era tutta una sagoma nera. Si avvicinò, e sua madre prese un ombrello, come se potesse tenerle al sicuro da qualsiasi cosa fosse. I suoi contorni divennero più chiari. Era una ragazza, sì, con la pelle candida, innaturalmente candida. I capelli neri, macchiati di rosso, come se le si fosse rovesciato in testa un vaso di vernice scarlatta. Era alta, sottile, vestita di un abito color carbone. Gli occhi completamente neri riflettevano l'incendio, le labbra piegate in un ghigno maligno.
Si dissolse in una nuvola oscura
— No- — e si scagliò contro Erika.

***

Erika aprì gli occhi, per la seconda volta, con la faccia incollata a qualcosa, ma questa volta ruvido, sconnesso. Era sdraiata a faccia in giù sull'erba, precisamente sull'erba della radura davanti casa sua. Il calore insisteva ancora per infiltrarsi in lei, e lei non faceva che infastidirsi. Qualcuno le stava venendo incontro, una sagoma nera.
Per la seconda volta.
La sagoma si delineò e divenne la misteriosa ragazza che si era presentata davanti casa sua.
Per la seconda volta.
Non la inglobò in se stessa, no, semplicemente, continuò per la sua strada, con gli occhi fisi in un punto infinito.
— Tu! — le urlò. — Dove hai lasciato mia madre! —
Non rispose. Accidenti.
Era strano che lo pensasse, solitamente Erika evitata tutti i rischi, ma in quel momento la misteriosa fantasy-girl era l'unica che poteva salvarla. Le si avvicinò di nuovo
— Ehi! Puoi darmi un passaggio con i tuoi misteriosi poteri di ombre fino a un punto in cui il calore non possa neanche permettersi a sfiorarmi?
L'altra non rispose, la scansò semplicemente con una mano, sussurrando
— Né più mai metterò piede in questo luogo, non mi volterò mai più a guardare il mio passato. Né. Più. Mai.
Erika si stranì, poi le si piazzò di nuovo davanti. L'altra abbassò lo sguardo su di lei e sembrò riemergere da chissà dove. I suoi occhi, per un secondo, baluginarono di verde, per poi tornare due tizzoni di carbone ormai spento, ma comunque continuando a fissarla. Sulle labbra le si tinse la preoccupazione. Chi cacchio era quella tipa?
La inglobò ancora, e Erika, ancora una volta, perse i sensi.

Sono ancora incatenata in quella valle in fiammeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora