Capitolo 5

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Shula osservò la sedia. Era completamente furi uso.
— Non credo ci siano alternative... — le rispose Erika. Qualcuno si avvicinò. Un uomo baffuto vestito di marrone con un ombrello nero. Un ispettore? Aveva proprio l0'aria di un ispettore. Arretrò, rimanendo in un angolo.lui non l'avrebbe vista. Solo coloro che lei voleva che la vedessero poteva. E l'ispettore baffuto non poteva. Erika sbiancò. L'uomo la prese per un braccio e la scaraventò sotto la pioggia, coprendo solo se stesso con l'ombrello. Erika si girò dietro, guardandola supplichevolmente. Shula non poteva bagnarsi.semplicemente, non poteva. Si lasciò scivolare sulla parete, rimanendo seduta con le braccia attorno alle ginocchia. Avrebbe rivisto Erika?

***

Erika si guardò intorno. Era a casa, sdraiata sul letto, con la madre sulla porta a fissarla. Cosa poteva essere successo? Aprì bene entrambi gli occhi e la guardò, sperando che si accorgesse del suo essere sveglia. Non successe
— Mamma...
La donnina alzò lo sguardo dal pavimento. La guardò con gli occhi lucidi
— Mamma, dov'è andato papà, quando mi racconterà le favole sulla protettrice della nostra casa? Non lo vedo da tanti giorni...
La donna si inginocchiò accanto al letto. Le prese una mano
— Papà è andato con la tua amica.
— Con la ragazza di fuoco? — chiese Erika.
— Insieme a lei, sì, a proteggere la valle.
Non era vero. Era scappato di casa. Non la voleva.
Ora però aveva Shula, ciò le bastava. La notte aveva sognato loro insieme. Evitavano al massimo di combinare casini, si vedevano tutti i giorni, dopo la scuola. Era divertente. Erika era finalmente libera dalla sua afa opprimente. Finalmente una notte in cui dormiva. In cui si alzava e basta. Ma tutto ciò nel sogno.
Sbadigliò. Pose un piede sul pavimento e si sorprese che non fosse caldo, come di solito era per via dei termosifoni. Le sue compagne di stanza erano già sotto a galleggiare con gli altri milionari del collegio. Lei era l'unica orfana, gli altri erano lì solo perchè i loro genitori erano ricchi e occupati. Pose anche l'altro e si vestì. Scese di sotto con lo zaino in spalla, pronta a percorrere i duecento metri che la separavano a scuola. Camminando per strada urtò qualcosa. Qualcuno. Capelli castani, lunghi, ricci. Fisico slanciato. Occhi neri.
Eh?
Elizabeth?
Non era chiusa in casa?
Non la vedeva prendere un caffè al bar da... mesi? Anni? Non lo sapeva. Erika si bloccò sul posto. Eli si girò. La vide. Arrossirono pesantemente e la castana si allontanò di qualche passo. Erika, stordita, continuò per la sua strada. Raggiunse il cancello. Una Shula sorridente la accolse, abbracciandola. Non la vedeva dall'incidente. Era così raggiate che le guance le si illuminarono di simboli. Il più evidente era una sottospecie di A senza il trattino con due goccioline ai lati. Erika si scostò, sfiorandole la guancia.
— Oh, è cinese. Credo che voglia dire fiamma o una cosa del genere. — sussurrò Shula. Erika guardò nel vuoto.
— Eri, tutto okay?
La ragazza si riscosse. No, non era tutto okay. Aveva rivisto la sua ex dopo mesi, non aveva ancora per nulla chiarito che cosa fosse e questi dubbi le stavano tornando indietro. Come quando si lancia una pietra pomice nell'acqua. Non va mai a fondo, cacchio.
— Sì, tutto a posto. Grazie di essere tornata. — ed entrò a scuola.
Le ore passarono lentamente, ma Erika sapeva che Shula non l'aveva abbandonata. La conosceva così poco, ma si sentiva legata a lei. Sperava di rincontrarla dopo la scuola.
Era ora. Uscì. Shula non c'era. Non l'aspettava sorridente fuori il cancello.
Percorse la strada per tornare al collegio. Shula era in un vicolo accanto alla sua aiuola. Osservava insistentemente un muro.

Sono ancora incatenata in quella valle in fiammeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora